A seguito dei decreti legislativi che nel 2015 hanno dato parziale attuazione alla delega di cui alla legge n. 23/2014, la vecchia elusione fiscale ha lasciato posto alla codificazione dell’abuso del diritto, con estensione a tutti gli ambiti impositivi e alla generalità dei comportamenti possibili fiscalmente rilevanti. La materia è sempre piuttosto scabrosa perché circoscrive un ambito nel quale, in sostanza, alla legge è chiesto di andare oltre sé stessa, spingendosi a contrastare e a sanzionare un comportamento che non costituisce violazione.
Nel presente contributo, dopo alcune premesse generali sulla disciplina dell’abuso del diritto, si esamineranno alcuni dei pareri pubblicati dall’Agenzia delle Entrate nell’ultima parte del 2018
A seguito dei decreti legislativi che nel 2015 hanno dato parziale attuazione alla delega di cui alla legge n. 23/2014, la “vecchia” elusione fiscale ha lasciato posto alla codificazione dell’“abuso del diritto”, con estensione a tutti gli ambiti impositivi e alla generalità dei comportamenti possibili fiscalmente rilevanti.
La materia è sempre piuttosto scabrosa perché circoscrive un ambito nel quale, in sostanza, alla legge è chiesto di andare oltre sé stessa, spingendosi a contrastare e a sanzionare un comportamento che non costituisce violazione. Ciò giustifica il maggior pudore manifestato dal “nuovo” legislatore, che configura l’abuso come fattispecie residuale, come strumento estremo degli uffici accertatori, da impiegare laddove sono assenti i caratteri dell’evasione o della frode, cioè del contrasto diretto a norme giuridiche.
Nel presente contributo, dopo alcune premesse generali sulla disciplina dell’abuso del diritto, si esamineranno alcuni dei pareri pubblicati dall’Agenzia delle Entrate nell’ultima parte del 2018. Si osserva al riguardo che la pubblicazione generalizzata delle soluzioni interpretative adottate con risposte a interpelli (anche antiabuso) rese dalle strutture centrali dell’Agenzia è stata disposta con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 185630 del 7.8.2018 e riguarda le risposte rilasciate a decorrere dal 1° settembre 2018.
Aspetti generali
“Abuso del diritto” ed “elusione fiscale” sono termini che indicano concetti sostanzialmente identici, secondo quanto rilevato da Assonime (circolare n. 21 del 4.8.2016).
Secondo il vigente art. 10-bis della legge 27.7.2000, n. 212, inserito dal D.Lgs. 5.8.2015, costituiscono abuso del diritto “quei comportamenti del contribuente che, pur essendo formalmente rispondenti ad una determinata disciplina, diano luogo a benefici non previsti e che, probabilmente, non sarebbero stati riconosciuti qualora il legislatore li avesse presi in considerazione e regolamentati in modo espresso”.
Tale articolo è erede della previgente norma antielusione di cui all’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, operante solamente per le imposte sui redditi e con riferimento a talune tipologie di operazioni compiute dai contribuenti (in particolare, operazioni straordinarie tra società).
Il raggio delle possibili contestazioni antiabuso venne ampliato da una serie di sentenze della Corte di Cassazione che, spinte anche da un movimento interpretativo affermatosi a livello comunitario, condussero verso l’intervento del 2015.
In base alla nuova definizione (di cui al citato art. 10-bis), “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. L’attuale nozione di abuso del diritto tributario è più oggettiva e corredata di una serie di garanzie e di tutele di ordine sia sostanziale che procedimentale.
In particolare, ricorre “abuso” quando sono presenti:
- rispetto formale delle norme;
- vantaggio fiscale indebito, cioè non dovuto (non in base alle norme, che come si è detto sono formalmente rispettate, ma in base a una valutazione “contestuale”);
- mancanza di sostanza economica (cioè di motivazioni reali, relative all’economia dell’impresa, per adottare il comportamento);
- essenzialità dello scopo, consistente nel conseguimento del vantaggio fiscale indebito (deve evincersi che la motivazione del comportamento è essenzialmente abusiva).
L’abuso del diritto può essere contestato in sede di accertamento (art. 10-bis, commi 6 e ss.), ma può essere valutato ed eventualmente escluso in sede di interpello, producendo una specifica istanza in tal senso all’Agenzia delle Entrate [art. 10-bis, comma 5; art. 11, comma 1, lettera c), legge n. 212/2000; circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, paragrafo 1.3].
Precisazioni
Il nuovo art. 10-bis configura l’abuso come disposizione residuale, occorrendo previamente verificare se si è di fronte ad una fattispecie di occultamento di materia imponibile, da ricondurre alla simulaz