Il ricorso tributario è valido anche in mancanza del deposito del fascicolo contenente i documenti di causa ed, in particolare, di copia dell’atto impugnato. Pertanto nessuna sanzione di inammissibilità è prevista dalla legge per il mancato deposito dell’atto impugnato, derivandone che lo stesso atto può essere prodotto anche successivamente ovvero dietro richiesta del giudice
Il ricorso tributario è valido anche in mancato deposito del fascicolo contenente i documenti di causa ed, in particolare, di copia dell’atto impugnato.
Pertanto nessuna sanzione di inammissibilità è prevista dalla legge per il mancato deposito dell’atto impugnato, derivandone che lo stesso atto può essere prodotto anche successivamente ovvero dietro richiesta del giudice (Cass. 19580/2018).
La normativa stabilisce all’art. 18 del D. Lgs n. 546/1992 i requisiti del ricorso tributario, tra cui emerge l’indicazione dell’atto impositivo impugnato e dell’oggetto della domanda, e ne prevede l’inammissibilità in mancanza di tale requisito.
In virtù delle modifiche apportate dal D. Lgs n. 156/2015, lettera m) del comma 1 dell’articolo 9 del decreto di riforma, l’articolo 18 del decreto n. 546/1992, che individua il contenuto del ricorso.
In particolare, al comma 3 (“Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e contenere l’indicazione”), è stato introdotto l’obbligo di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell’art. 12 del medesimo decreto, che consente al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la relativa tariffa professionale.
E’ stata prevista, inoltre, l’indicazione dell’indirizzo della posta elettronica certificata (PEC) del difensore, la cui omissione comporta l’aumento della metà del contributo unificato tributario, ai sensi dell’ar