Il costo della polizza assicurativa accessoria al finanziamento rientra nella verifica del tasso di usura

Il costo della polizza assicurativa accessoria al finanziamento rientra nel concetto di spesa indicato dall’art. 644 c.p. ai fini della determinazione del tasso di usura. In caso di travalicamento della soglia di riferimento, ne discende la nullità del contratto di prestito

La Cassazione civile, Sez. I, con l’ordinanza del 16 aprile 2018, n. 9298 ha confermato che il costo della polizza assicurativa accessoria al finanziamento rientra nel concetto di spesa indicato dall’art. 644 c.p. ai fini della determinazione del tasso di usura. In caso di travalicamento della soglia di riferimento, ne discende la nullità del contratto di prestito.

La pronuncia trae origine da un contratto di finanziamento concluso in data 30 ottobre 2010 tra il Sig. Mazzola e la Compass s.p.a..

Il consumatore riteneva che il costo di tale prestito fosse superiore ai limiti fissati dalla Legge 108/1996, pertanto ricorreva al Tribunale di Busto Arsizio che ne accoglieva le doglianze.

La Corte di appello di Milano, adita dalla Finanziaria, confermava che il costo della polizza assicurativa accessoria al finanziamento rientrava nel concetto di spesa indicato dall’art. 644 c.p. ai fini della determinazione del tasso usurario e che pertanto correttamente era stato conteggiato dal Tribunale, a nulla valendo la circostanza che la polizza fosse stata contratta per autonoma scelta del debitore finanziato; ne derivava la nullità del contratto per superamento del c.d. tasso soglia.

La Compass s.p.a. ricorreva per Cassazione deducendo l’erroneità della sentenza di appello laddove:

  1. avrebbe omesso di rilevare che le spese della polizza assicurativa del credito erano espressamente escluse dalle Istruzioni della Banca d’Italia all’epoca vigenti ai fini della determinazione del tasso effettivo globale medio;
  2. avrebbe incongruamente aggiunto di propria iniziativa le spese della polizza facoltativa nei parametri di determinazione del tasso effettivo globale del finanziamento;
  3. non avrebbe considerato che all’epoca della conclusione del contratto le spese di assicurazione facoltative erano espressamente escluse dal computo del tasso effettivo globale del finanziamento, a prescindere se contestuali o meno a esso;
  4. non avrebbe rilevato che la polizza assicurativa era facoltativa e, come tale, doveva essere esclusa dal computo del tasso effettivo globale, del tutto a prescindere dalla sua contestualità al finanziamento.

Il ricorso viene considerato infondato dai Supremi Giudici.

Un problema ricorrente nella verifica del costo dei prestiti è rappresentato dalla inclusione delle somme pagate dai consumatori alle Finanziarie a titolo di premi assicurativi nel calcolo del tasso di interesse pattuito, di fatto.

Questo perché da un lato gli istituti di credito impongono la stipula di una o più polizze assicurative collegate all’erogazione del prestito, a beneficio del prestatore di danaro.

Dall’altro l’art. 1815 c.c., in combinato disposto con l’art. 644 c.p., come ridisegnati dall’art. 1 L. n. 108/1996, precisa che “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle  commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.

Inizialmente, tale soglia era pari al tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà. Dal 14 maggio 2011 il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.

Tuttavia è proprio la Legge 108/1996, appena citata, ad aprire (si fa per dire!) lo spiraglio ad interpretazioni equivoche della normativa Antiusura, attribuendo al Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo  di  commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati  dalle banche e dagli intermediari finanziari, nel corso del trimestre precedente  per operazioni della  stessa  natura. 

Le “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi” della Banca di Italia hanno sempre precisato che: “Ai sensi della legge il calcolo del tasso deve tener conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito. In particolare, sono inclusi:

5) le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il tramite del finanziatore o direttamente dal cliente.

Nelle operazioni di prestito indicate nella Cat. 8 “Prestiti contro cessione del quinto dello stipendio e della pensione” le spese per assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore rientrano nel calcolo del tasso.

Nel caso in esame, la Corte di appello di Milano ha accertato che il contratto di assicurazione accessorio a quello di finanziamento era stato stipulato dal Sig. Mazzola al fine di tutelare l’istituto di credito per il rischio di insolvenza del soggetto finanziato. La polizza assicurativa non era affatto nell’interesse dell’assicurato, bensì della finanziatrice, posto che essa era la beneficiaria della prestazione economica per l’ipotesi di avveramento dell’alea contrattuale, ossia default del finanziato.

Ne consegue che, quand’anche volesse accedersi alla tesi della ricorrente che dà rilevanza alle Istruzioni della Banca di Italia, poi trasfuse nel decreto ministeriale determinativo del relativo importo, non per questo potrebbe ritenersi che il costo della polizza sia da escludere dal computo del tasso di usura, in quanto sostanzialmente imposto dalla società finanziaria per garantirsi dal rischio di incapacità patrimoniale sopravvenuta della persona fisica del finanziato

L’analisi del contratto assicurativo aveva portato a concludere, anche, che trattasi di polizza obbligatoria per pervenire alla stipulazione del contratto principale, con imposizione del relativo costo al cliente, avendo accertato l’esclusivo interesse del finanziatore. Con la conseguenza che avendo escluso che si tratti di una garanzia accessoria del tutto autonoma rispetto al contratto di finanziamento, non si può sottrarre il relativo costo dal computo del tasso di usura anche alla luce delle istruzioni per la sua determinazione all’epoca vigenti.

Recentemente la giurisprudenza ha ritenuto che debba essere ricompresa nel calcolo del tasso praticato anche la polizza assicurativa finalizzata alla garanzia del rimborso del mutuo o a garanzia del rimborso del prestito in caso di perdita d’impiego, morte o invalidità. 

In particolare, sulla questione era già intervenuta la Cassazione Civile, Sez. I, che, con la Sentenza del 5 aprile 2017, n. 8806, aveva precisato come: “In relazione alla ricomprensione di una spesa di assicurazione nell’ambito delle voci economiche rilevanti per il riscontro dell’eventuale usurarietà di un contratto di credito, è necessario e sufficiente che la detta spesa risulti collegata all’operazione di credito. La sussistenza del collegamento, se può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, risulta presunta nel caso di contestualità tra la spesa e l’erogazione”.

In questa circostanza la Suprema Corte aveva chiarito alcuni punti fondamentali della annosa questione:

– le Istruzioni della Banca di Italia del 2009, laddove precisano che “le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito… se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento”, non si ponevano in rottura con le precedenti ma ne chiarivano ulteriormente la portata.

La conferma di un orientamento giurisprudenziale pro inclusività di tutte le spese nella determinazione del tasso effettivo, formatosi già da qualche anno costituisce un importante punto di riferimento per i consumatori. E non poteva essere diversamente alla luce della portata onnicomprensiva dell’art. 644 c.p., in forza del quale tutti gli oneri che un consumatore sopporta in connessione con il suo uso del credito devono essere inclusi nella determinazione del tasso soglia.

Inoltre, le Istruzioni della Banca di Italia costituiscono fonte normativa di grado inferiore ed in ogni caso non indicano come calcolare il tasso ex art. 644 c.p., ma sono, di fatto, delle linee guida per gli Istituti di credito al fine di ottemperare all’obbligo posto a loro carico di trasmettere all’Istituto di vigilanza i dati relativi ai tassi effettivi medi praticati trimestralmente per ciascuna categoria di operazione finanziaria.

Seppure nel costo del denaro debbono rientrare solo le voci di costo obbligatorie, per tali deve intendersi sia quelle per Legge che per contratto. E in questa ultima fattispecie ci si imbatte, nella realtà, ad avere sul mercato finanziario proposte di finanziamento preconfezionate dagli Istituti di credito, che, comprendono, il più delle volte, anche il costo della polizza a garanzia della corretta esecuzione del contratto.

In quella sede il consumatore difficilmente avrà la possibilità di apportare delle variazioni al prestampato, oltretutto diminuendo le garanzie a favore della Finanziaria.

È nel diritto del consumatore conoscere il costo “finito” del denaro richiesto sia per confrontarlo con le proposte commerciali di altri Istituti di credito che per assicurarsi il pagamento di un prezzo giusto, ai sensi della Legge antiusura. L’escludere tali polizze assicurative dai conteggi de quibus, di fatto imprescindibili per l’ottenimento del finanziamento, significa fornire al contraente debole del negozio giuridico informazioni distorte ed in violazione della normativa, civile e penale, posta a sua tutela.

Anna Maria Pia Chionna

15 giugno 2018

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