in caso di sospetti reati tributari, la prescrizione dell’annualità accertata non fa venire meno il raddoppio dei termini di accertamento; il caso di raddoppio dei termini di accertamento si presta a contestazione del contribuente accertato, vediamo le ultime decisioni della Cassazione…
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n .28916 del 4 dicembre 2017, ha affermato che la prescrizione non fa venire meno il raddoppio dei termini di accertamento, in presenza di fattispecie penali.
La Corte, prendendo le mosse dal dettato normativo di riferimento – art. 37 del D.L. n.223/2006, che al comma 24, ha modificato l’art. 43 del D.P.R. n.600/1973, secondo cui “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti [cioè gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento] sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione“, richiama quanto precisato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/2011.
La Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità poste, ha ritenuto che, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice:
“rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudi