Credito di imposta ricerca e sviluppo nel settore delle biotecnologie

dedichiamo una guida di 9 pagine al credito d’imposta concesso per attività di ricerca e sviluppo (abbreviate in “R&S” o “R&D”) nel settore delle biotecnologie: i presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio, le modalità di calcolo e di utilizzo dello stesso, le ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e gli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito

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Il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, introdotto dall’art. 3 del D.L. 23.12.2013, n. 145 (convertito con modificazioni dalla legge 21.2.2014, n. 9), è stata oggetto di modificazioni a opera dell’art. 1, comma 35, della legge 23.12.2014, n. 190.

Le relative disposizioni applicative sono state emanate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27.5.2015, pubblicato nella G.U. n. 174 del 29.7.2015.

Con la circolare 16.3.2016, n. 5/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti analizzando i presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio, le modalità di calcolo e di utilizzo dello stesso, le ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e gli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito. Ulteriori precisazioni sono state poi oggetto della circolare n. 13/E del 27.4.2017, in relazione alle innovazioni della legge di bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232).

 

Cos’è R & S?

Nell’approcciarsi ai problemi riguardanti il credito di imposta in rassegna, è necessario delimitare la nozione di “ricerca e sviluppo”: questa appare ricalcata sugli indirizzi comunitari1, e comprende:

  • la “ricerca fondamentale” (lavori sperimentali per l’acquisizione di nuove conoscenze, senza applicazioni pratiche);
  • la “ricerca industriale” (volta all’acquisizione di nuove conoscenze per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi);
  • lo “sviluppo sperimentale” (acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati, anche con la realizzazione di prototipi e di progetti pilota).

La disposizione normativa di riferimento ai fini dell’agevolazione è l’art. 3 del D.L. n. 145/2013, secondo il quale, per i periodi di imposta decorrenti da quello successivo a quello in corso al 31.12.2014 e fino al periodo in corso al 31.12.2020, è attribuito a tutte le imprese – senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato – che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta. Tale credito di imposta è attribuito “nella misura del 50 per cento2 delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Il credito spetta fino a un importo massimo annuale di 20 milioni di euro3 per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari ad euro 30.000.

Il credito può essere utilizzato esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello i cui costi sono stati sostenuti, senza applicare il tetto massimo di 250.000 euro previsto per i crediti di imposta agevolativi da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, né il limite generale di compensabilità pari a euro 700.000 (art. 3, c. 8, D.L. n. 145/2013).

Quali attività sono ammesse?

Le attività di ricerca e sviluppo agevolabili possono essere svolte anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (ad esempio, in campo storico o sociologico), atteso che, in linea generale, le attività in questione sono volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni.

Ribadendo che sono agevolate le attività sopra menzionate riferite alla ricerca fondamentale, alla ricerca industriale e allo sviluppo sperimentale, la circolare n. 5/E citata sottolinea tra l’altro che:

  • non sono considerate attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando queste modifiche rappresentano miglioramenti;

  • sono quindi escluse dal perimetro dell’agevolazione le modifiche non significative di prodotti e di processi (come modifiche stagionali, modifiche di design di un prodotto, la mera sostituzione di un bene strumentale, i miglioramenti, qualitativi o quantitativi derivanti dall’utilizzo di sistemi di produzione simili a quelli già usati);

  • sono invece agevolabili le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (come la sperimentazione di una nuova linea produttiva, nonché la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto).

Le tipologie di spesa agevolabili (indicate dall’art. 3, comma 6, del D.L. n. 145/2013) sono quattro:

  1. personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (in precedenza, anteriormente alle innovazioni più recenti, tale personale doveva essere “altamente qualificato” e in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico; attualmente, tutto il personale è “agevolabile” purché impiegato nelle attività agevolabili);

  2. quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con D.M. 31.12.1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e, comunque, con un costo unitario non inferiore a euro 2.000 al netto dell’IVA;

  3. spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’art. 25 del D.L. n. 179/2012 (ricerca «extra muros»);

  4. competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

Gli studi clinici

La risoluzione qui ripresa e commentata (n. 122/E/2017) si occupa di diversi aspetti del credito di imposta in rassegna, che sono stati sollecitati dai contribuenti e rispetto ai quali l’Agenzia ha fornito delle risposte operative.

Il primo quesito involgeva l’aspetto oggettivo del beneficio, riguardando in particolare l’eventuale riconducibilità tra le attività di ricerca e sviluppo di:

  1. studi clinici non interventistici (osservazionali), centrati “su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti nel modo consueto conformemente alle condizioni fissate nell’autorizzazione all’immissione in commercio” (circolare del Ministero della Salute 2.9.2002, n. 6,);
  2. studi clinici di fase IV (studi cd. post- registrativi, ossia condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco, secondo l’allegato I-quater della circolare 10.7.1997, n. 8).

Secondo la circolare, gli studi clinici osservazionali (1) vengono realizzati al fine di svolgere approfondimenti sull’efficacia dei farmaci nella pratica clinica e di verificare l’appropriatezza prescrittiva degli stessi. Per tale tipologia di studi è necessario elaborare un “protocollo di ricerca”, che definisce gli obiettivi ed il disegno dello studio, nel quale “deve essere chiaramente valutabile l’ipotesi della ricerca, i risultati attesi, il tipo di studio osservazionale, la scelta della dimensione campionaria, le informazioni che saranno raccolte, l’eventuale coinvolgimento della struttura e/o degli operatori sanitari, le risorse richieste, l’origine del finanziamento, le modalità di partecipazione e di informazione rivolte al paziente” (art. 2, linee guida AIFA – determinazione del 20.3.2008).

Gli studi clinici di fase IV (2), condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco, costituiscono invece l’ultima fase della sperimentazione clinica, possono essere sia terapeutici che osservazionali e sono condotti su ampie casistiche di pazienti, così da poter verificare il valore terapeutico del farmaco in condizioni reali e la tollerabilità dello stesso a lungo termine.

In virtù degli elementi che caratterizzano gli studi clinici dei due tipi, ritiene l’Agenzia delle Entrate che i primi (osservazionali) siano sempre ammissibili, mentre che i secondi (fase IV) siano riconducibili tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito di imposta limitatamente agli studi di natura medico-scientifica, potendo essi rientrare sia nella “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze (…)per (…) permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti”, sia nella “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”.

 

I materiali per la realizzazione del prototipo

Un ulteriore quesito era prospettato all’Agenzia relativamente all’ammissione al credito di imposta per:

  1. i beni materiali ammortizzabili il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo, [ritenute riconducibili all’art. 3, comma 6, lettera b) del D.L. n. 145/2013];
  2. le lavorazioni speciali, che non possono essere svolte internamente in azienda e senza le quali sarebbe impossibile realizzare il prototipo stesso [ritenute riconducibili alla lettera c), ovvero alla lettera d), del citato art- 3, comma 6];
  3. i contratti di sviluppo sperimentale con il seguente contenuto: studio di fattibilità tecnica, progettazione, ingegnerizzazione, realizzazione del prototipo di un nuovo macchinario e del relativo test (quindi fino alla consegna del prototipo stesso) [ipotesi che viene ricondotta ai contratti di ricerca extra-muros di cui all’art. 3, comma 6, lettera c)].

Per quanto riguarda l’acquisto di materiali per la realizzazione di un prototipo, afferma l’Agenzia che la relativa spesa non può ritenersi ammessa all’agevolazione, in quanto esulante dalle previsioni sia del D.L. n. 145/2013 che del decreto attuativo.

1) Acquisto di materiali per la realizzazione del prototipo di un macchinario. La spesa per il mero acquisto di semplici materiali o componenti già disponibili su mercato, quand’anche impiegato per la realizzazione dei prototipi, non può ritenersi ammissibile all’agevolazione, non riscontrandosi nel disposto dell’articolo 3 e nel relativo decreto attuativo alcun margine per considerare ammissibili detti i costi. In virtù di un’interpretazione estensiva della lett. b), sono invece ritenute ammissibili le quote di ammortamento tutti i beni materiali ammortizzabili, il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo.

2) Lavorazioni speciali, che non possono essere svolte internamente in azienda e senza le quali sarebbe impossibile realizzare il prototipo stesso: tali spese sono ritenute ammissibili al beneficio in quanto riconducibili alle ipotesi di cui alla lettera d). Quanto alla definizione di cosa siano le “competenze tecniche”, viene fatto rinvio al paragrafo 4.5 della circolare n. 13/E del 27.4.2017.

Se però si tratta di costi afferenti ad attività riconducibili alla ricerca e sviluppo o hanno ad esito un risultato o un prodotto innovativo, rientrano nella ricerca commissionata di cui all’art. 3, comma 6, lett. c).

3) Contratti di sviluppo sperimentale, con il seguente contenuto: studio di fattibilità tecnica, progettazione, ingegnerizzazione, realizzazione del prototipo di un nuovo macchinario e il suo test (quindi fino alla consegna del prototipo stesso). Questi rientrano secondo l’Agenzia tra i contratti di ricerca extra-muros di cui alla lett. c). I costi di esternalizzazione necessari ai fini dell’attività di ricerca che non presentino carattere di innovazione, rientrano invece nelle ipotesi di cui alla lett. d).

 

Il personale “non altamente qualificato”

Secondo l’istante, il costo per l’attività di ricerca svolta da personale “non altamente qualificato”, in totale autonomia di mezzi e di organizzazione, e dotato di specifiche competenze tecniche, poteva ritenersi rientrante tra i costi di cui all’art. 3, comma 6, lett. d), del D.L. n. 145/2013.

Con tale affermazione concorda l’Agenzia delle Entrate nella nuova circolare, precisando che:

  • lo stesso tipo di costi, in presenza dei necessari presupposti, potrebbe essere qualificata come attività di ricerca “commissionata” ai sensi della lett. c) del medesimo comma 6;
  • se il contribuente non è in grado di provare l’esistenza di un contratto di ricerca, deve prudenzialmente considerare la spesa eleggibile quale “competenza tecnica” piuttosto che come “ricerca commissionata”.

Contratto di apprendistato

Per quanto riguarda il personale altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato, l’Agenzia ha precisato che tale tipologia contrattuale si configura come un rapporto di lavoro subordinato a “causa mista”, definito dall’art. 41 della legge 24.6.2015, n. 34 (“Jobs Act”) come un contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. In quanto rapporto dal quale deriva un reddito di lavoro dipendente o a questo assimilato, esso risulta in linea con i chiarimenti forniti dalla circolare n. 5/E del 2016.

Di conseguenza, il costo relativo al personale altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato, nella misura in cui l’apporto fornito da tale personale sia direttamente connesso allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, può rientrare all’interno dei costi ammissibili al credito di imposta di cui all’art. 3, comma 6, lett. a).

 

Consulenze regolatorie

Per “consulenza regolatoria” in ambito tecnico scientifico si intende l’insieme delle attività connesse e propedeutiche all’immissione sul mercato di un farmaco e/o alla brevettabilità dello stesso e/o di un processo (servizi connessi allo sviluppo e alla realizzazione di uno specifico farmaco, sia nella fase antecedente alla sua messa in commercio, sia in quella successiva).

Questi servizi hanno il compito di valutare, a titolo semplificativo, la verifica delle sostanze ammesse da un determinato ordinamento, l’eventuale controllo e definizione dei requisiti richiesti in fase di predisposizione dei foglietti illustrativi di un farmaco, l’assistenza nella gestione delle procedure e dei contatti con le autorità locali, la predisposizione di specifica documentazione destinata alle varie autorità preposte, il supporto nei vari processi autorizzativi, l’allestimento di eventuali variazioni amministrative ai fini della qualità e sicurezza.

Queste spese, secondo l’Agenzia, sono ammissibili in quanto finalizzate alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno dello studio clinico; non sono invece ammissibili al credito di imposta le spese attinenti attività regolatorie finalizzate alla preparazione della documentazione destinata all’ottenimento delle autorizzazioni ad eseguire lo studio né, più in generale, quelle attinenti attività di natura meramente burocratica / amministrativa.

Un discorso analogo vale per le “fees”, cioè per i corrispettivi richiesti dalle autorità preposte per l’esame della richiesta di commercializzazione di nuovi prodotti o per permettere la prosecuzione della vendita degli stessi nei singoli stati dell’Unione europea o extra-europei (sono ritenute ammissibili le “fees” finalizzate agli studi clinici, e non quelle riconducibili ad adempimenti amministrativi).

 

Commesse di ricerca

L’art. 3, c. 6, lett. c, del D.L. n. 145/2013, ha previsto che sono ammissibili, ai fini della determinazione del credito di imposta, le “spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese comprese le start-up innovative…”.

Al riguardo la circolare fa rinvio alla relazione illustrativa al decreto attuativo, secondo la quale dai costi extra muros sono stati espressamente esclusi quelli sostenuti in base a contratti stipulati con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllale o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (in tali ipotesi, si tratta di ricerca meglio inquadrabile come “intra muros”.

La nozione di controllo rilevante è quella civilistica (art. 2359, cc. 1 e 2, c.c.).

L’Agenzia precisa che devono ritenersi esclusi da questa categoria di spese anche i costi derivanti da commesse con imprese controllate dalla medesima persona fisica, tenuto conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati ai sensi dell’art. 5, comma 5, del TUIR.

Queste preclusioni intendono evitare che il beneficio fiscale venga accordato a un’attività di ricerca il cui costo sia stato “alterato” attraverso l’influenza di un’impresa sulle decisioni dell’altra, che può manifestarsi sia in dipendenza di vincoli azionari o contrattuali, sia per effetto di fattori economici.

La verifica in concreto delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, compresa l’inesistenza di situazioni di “influenza dominante” (in grado di influenzare il costo della commessa) viene demandata alla fase dell’eventuale controllo fiscale.

 

Assicurazioni e comitati etici

All’Agenzia delle Entrate è stato anche richiesto se possano ritenersi agevolabili i costi sostenuti in relazione a studi clinici per contratti di ricerca sui farmaci, relativi ad assicurazione e comitati etici (ritenuti accessori alla ricerca stessa).

Sul punto, la circolare rinvia a quanto precisato con riferimento alle consulenze regolatorie: può quindi ritenersi che solo le spese inquadrabili in tale sotto-categoria che abbiano una diretta correlazione con la ricerca possano essere ammesse, ma con chiara necessità di una verifica fattuale, rivolta al caso specifico.

In particolare, comunque, l’Agenzia ha ritenuto che, vista la normativa, non vi sia alcun margine per considerare ammissibili i costi di assicurazione.

 

24 novembre 2017

Fabio Carrirolo

 

1 Comunicazione della Commissione Europea 2014/C-198/01, sostitutiva – con decorrenza 1° luglio 2014 – della previgente Comunicazione 2006/C-323/01.

2 La misura precedentemente prevista era del 25%. La misura attuale deriva dalle modificazioni apportate dall’art. 1 della legge 11.12.2016, n. 232.

3 Tale misura è stata elevata, rispetto ai precedenti 5 milioni, a opera dell’art. 1 della legge n. 190 del 23.12.2014, n. 190, con decorrenza dall’1 gennaio 2015.

 

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Per ulteriori informazioni sul tema del credito d’imposta per ricerca e sviluppo si veda: Diario quotidiano dell’11 ottobre 2017: chiarimenti sul credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo