Accertamento induttivo, escluso per cessione d’azienda

Il Fisco non può procedere con l’accertamento induttivo per contestare un’eventuale plusvalenza patrimoniale a seguito di operazione di cessione di immobile o di azienda.

cessione d'azienda e accertamento fiscaleL’ufficio finanziario non può procedere con metodo induttivo per accertare una plusvalenza patrimoniale a seguito di cessione di immobile o di azienda.

Il principio è contenuto nella sent. 16748/2017 da cui emerge che il legislatore con la disposizione di cui all’art. 5, c. 3, D. Lgs. n. 147/2015, ha escluso che l’amministrazione finanziaria possa procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile.

Il D.Lgs. n. 147/2015 prevede al comma 3 dell’articolo 5, quale norma di interpretazione autentica, che le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non é presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al Dpr131/1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

Il principio di presunzione di corrispondenza del prezzo incassato a quello coincidente con il valore di mercato accertato in modo definitivo in sede di applicazione dell’imposta di registro (salvo dimostrazione incombente sulla parte contribuente di avere in concreto venduto o acquistato ad un prezzo inferiore) deve ritenersi non più esistente in seguito allo ius superveniens ex art. 5, c. 3, D.Lgs. n. 147/2015.

Quanto precede in virtù di una diversa interpretazione degli artt. 58, 68, 85 e 86 del Tuir n. 917/1986 e degli artt. 5, 5 bis, 6 e 7 del D Lgs n. 446/1997, fornita dal legislatore con il predetto art. 5.

Tale presunzione non può essere più legittimata, secondo il disposto del citato art. 5, c. 3, del D. Lgs. n. 147/2015, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, neppure per le controversie già iniziate sotto il vigore della disciplina previgente (Cass. ord. n. 11543/2016).

Nella fattispecie in esame il contribuente, in qualità di erede, ha impugnato la sentenza della CTR che aveva emesso avviso di accertamento eccependo l’errata parificazione della plusvalenza reddituale ex art. 81 del Tuir con il maggior valore attribuito alla cessione di terreno, ritenuto presuntivamente edificabile. L’accertamento si basava pertanto, sulla presunzione che il bene non poteva che essere stato venduto ad un prezzo almeno pari al suo valore di mercato,a prescindere dal prezzo dichiarato nell’atto di cessione.

In sostanza l’ufficio ha contestato alle parti di aver dichiarato nell’atto un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato del bene, procedendo successivamente al ricalcolo delle imposte (registro, ipotecarie e catastali) sulla base imponibile accertata pari al valore di mercato.

Il giudice di appello ha ritenuto che non sussistevano dubbi circa la condizione di edificabilità del terreno e, quindi, la sua tassabilità.

La Corte ha accolto il ricorso in virtù di quanto disposto dall’art. 5, c. 3, del D.Lgs. n. 147/2015, che, quale norma di interpretazione autentica, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa procedere ad accertare, con il metodo induttivo, la plusvalenza patrimoniale derivante dalla cessione di immobile o di azienda sulla base del solo valore dichiarato, accertato o definito, ai fini dell’imposta di registro ai sensi del Dpr n. 131/1982, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. n. 347/1990.

Per quanto attiene le imposte dirette, la cessione d’azienda trova la sua disciplina nell’art. 86 del Tuir che al comma 2 prevede che le plusvalenze delle aziende concorrono alla formazione del reddito, compreso il valore di avviamento, costituite dalla differenza tra il corrispettivo pattuito, al netto degli oneri accessori, e il costo non ammortizzato dei beni costituenti l’impresa.

Ma tale presunzione sin ad oggi affermata dalla giurisprudenza circa la corrispondenza del valore dell’avviamento in base al valore definito ai fini dell’imposta di registro, appare ormai superata dall’introduzione della nuova norma di cui all’art, 5, c. 3, D.lgs. n. 147/2015, che ponendosi quale norma di interpretazione autentica ex art. 1, c. 2 legge n. 212/2000, è applicabile anche retroattivamente.

L’automatismo di cui in precedenza, sebbene accolto dalla giurisprudenza, era stato messo comunque in discussione da alcune decisioni secondo cui i criteri per determinare la base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’imposta di registro sarebbero di natura diversi. Ai fini dell’imposta di registro, per calcolare la plusvalenza si richiama la differenza tra il prezzo di acquisto ed il valore del mercato del bene con relativa disputa sul valore venale, mentre ai fini Ires la plusvalenza viene determinata sempre dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di cessione (Cass. n. 24054/2014).

 

5 ottobre 2017

Davide Di Giacomo