Modello Redditi 2017: le nuove interpretazioni in tema di ACE (molti conteggi sono da rifare)

la stagione del modello redditi 2017 sembra non finire mai… al ritorno dalle ferie di Agosto è opportuno rivedere il calcolo dell’ACE dopo le ultime interpretazioni governative, potrebbe comportare piacevoli sorprese per i contribuenti

Commercialista_Telematico_Post_1200x628px_Dichiarazione_RedditiAspetti generali

L’aiuto alla crescita economica (ACE), introdotto dall’art. 1 del D.L. 6.12.2011, n. 201 e in seguito modificato dalla normativa intercorsa – di recente dall’art. 1 cc. 549 – 553, della legge 11.12.2016 n. 232, e dal D.L. 24.4.2017, n. 50 (convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 21.6.2017), consente alle imprese di ottenere un sensibile beneficio fiscale commisurato al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio (secondo una percentuale fissata dalle norme per i vari periodi di imposta).

Le relative disposizioni attuative, già emanate con decreto ministeriale del 14.03.2012, sono state da pochissimo aggiornate dal D.M. 3.8.2017, che ha abrogato la precedente “versione”.

In particolare, il nuovo decreto coordina l’ACE con i nuovi OIC e con il D.Lgs. 18.08.2015, n. 139 (come previsto dall’art. 13-bis, comma 11, del D.L. 30.12.2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27.2.2017, n. 19.

 

Cosa cambia?

Alcuni articoli delle disposizioni attuative, come il n. 2, sono fedelmente riproduttivi, nel D.M. del 2017, dei corrispondenti articoli dell’abrogato D.M. del 2012. L’agevolazione spetta quindi tuttora alle società di capitali e agli enti commerciali residenti, nonché, per le società e gli enti non residenti, alle stabili organizzazioni in Italia degli stessi.

Nell’art. 3, la misura percentuale del rendimento nozionale agevolabile è direttamente quella indicata dalla norma istitutiva (art. 1, D.L. n. 201/2011), e non più da uno specifico decreto ministeriale. Inoltre, l’eccedenza rendimento nozionale – reddito complessivo può essere scomputata dall’IRAP dovuta nei successivi cinque anni.

Il capitale proprio (art. 4) è sempre fatto pari al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio.

Negli articoli successivi si manifestano le maggiori innovazioni, delle quali si cercherà di fornire resoconto in questo articolo.

In particolare, i cambiamenti più rilevanti toccano i seguenti aspetti:

  • rettifiche da apportare in attuazione dei principi contabili OIC nella nuova versione (art. 5, comma 7, D.M.);
  • rilevanza (in negativo nella determinazione della base ACE) degli acquisti di azioni proprie (art. 5, comma 4, D.M.);
  • disposizioni antielusive (art. 10, D.M.);
  • clausole di salvaguardia per il regime transitorio (art. 12, D.M.).

Le rettifiche da FTA

In primo luogo, le norme ACE sono state riviste per consentire di attribuire rilevanza alle rettifiche operate in sede di prima adozione dei principi contabili, cosi come aggiornati dall’OIC in base all’art. 9-bis del D.lgs. n. 38/2005 e all’art. 12, comma 3, del D.lgs. n. 139/2015.

Secondo il nuovo D.M., sono stati considerati rilevanti ai fini del calcolo dell’incremento di capitale proprio gli effetti derivanti dalle nuove modalità di contabilizzazione delle due seguenti fattispecie:

  • costi di ricerca e pubblicità: in sede di prima adozione, si registra l’eliminazione della relativa quota non più capitalizzabile;
  • criterio del costo ammortizzato: in sede di prima adozione, nell’ipotesi di applicazione retrospettiva delle nuove regole contabili, si registra nello stato patrimoniale il valore residuo dell’effetto del meccanismo di attualizzazione dei crediti, titoli e debiti.

Entrambi i fenomeni comportano un effetto immediato sul conto economico, e successivamente si riflettono sulla dinamica delle future componenti di reddito generate (assenza di ammortamenti per le spese non più capitalizzabili e diversa dinamica dei proventi/oneri finanziari di crediti, titoli e debiti).

 

L’acquisto di azioni proprie

Tra gli elementi negativi della variazione del capitale proprio ai fini ACE, poi, assumono ora rilevanza gli acquisti di azioni proprie ai sensi dell’art. 2357-bis del c.c. (in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni; a titolo gratuito, se si tratta di azioni interamente liberate; per effetto di successione universale o di fusione o scissione; in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate).

Se però l’acquisto di azioni proprie avviene per motivazioni differenti, si producono i seguenti effetti:

  • a seguito dell’acquisto delle azioni proprie, si registra una riduzione di capitale proprio fino a concorrenza degli utili accantonati a riserva che abbiano precedentemente concorso all’incremento del capitale proprio;
  • a seguito della rivendita delle azioni proprie, si ripristina l’incremento di patrimonio legato agli utili precedentemente sterilizzati dalla base ACE; inoltre, se il corrispettivo derivante dalla cessione delle azioni proprie è superiore al costo di acquisto, l’incremento di patrimonio netto registrato in bilancio è assimilato ad una variazione in aumento.

Se invece la cessione delle azioni avvenisse ad un valore inferiore a quello di acquisto, la riduzione di base ACE diverrebbe definitiva per un ammontare pari alla differenza tra i predetti valori, a prescindere dalla composizione originaria della base ACE.

 

Le società di persone

Come è noto, le regole di calcolo del beneficio ACE sono disallineate tra società di capitali (soggetti per i quali non si pongono grosse questioni interpretative) e società di persone (che devono determinare l’agevolazione in modo diverso, con alcuni dubbi operativi che sono stati risolti solo dal nuovo decreto ministeriale).

Per le società di capitali, l’art. 1, comma 2, del D.L. n. 201/2011 prevede che il dato sul quale poi apportare le variazioni in aumento o in diminuzione previste per l’ACE sia rappresentato dal patrimonio netto contabile esistente alla chiusura del periodo d’imposta in corso al 31.12.2010 (al netto dell’utile di esercizio).

Per le società di persone occorre invece guardare all’art. 1, comma 552, della legge n. 232/2016, secondo cui “rileva, come incremento di capitale proprio, anche la differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010”.

Dovendo effettuare il calcolo per il 2016, per i “non soggetti IRES” non è necessario ricostruire le variazioni intervenute tra il 1° gennaio 2011 e il 31.12.2016 (come invece, accade per le società di capitali). Occorre invece:

  • assumere come dato fisso la differenza tra il patrimonio netto 2015 e il patrimonio netto 2010;
  • a questo dato fisso aggiungere (o sottrarre, a seconda dei casi) gli incrementi o i decrementi netti rilevati nel 2016.

Non era tuttavia chiaro se il patrimonio netto 2015 e il patrimonio netto 2010 dovessero essere assunti al netto o al lordo dei relativi utili d’esercizio. Nel primo caso, avrebbe assunto rilevanza come variazione in aumento l’accantonamento dell’utile 2015 (effettuato nel 2016); nel secondo, l’utile 2015 sarebbe stato ritenuto già costituire parte della componente “statica”.

L’art. 8 del D.M. 3.8.2017 in rassegna precisa ora che:

  • la differenza tra il patrimonio netto al 31.12.2015 e il patrimonio netto al 31.12.2010 è determinata assumendo entrambi i parametri al lordo dei rispettivi utili d’esercizio;
  • a regime, l’utile d’esercizio si computa, diversamente da quanto accade per le società di capitali, nell’esercizio di maturazione, e non in quello successivo in cui viene accantonato a riserva.

L’art. 12 del DM 3.8.2017 fa, comunque, salvi i comportamenti di chi determina l’ACE per il 2016 e per il 2017 in modo difforme da quanto previsto nel decreto: la determinazione dell’agevolazione secondo le regole del D.M. 3.8.2017 risulta, infatti, obbligatoria per i soggetti IRPEF solo dal 2018.

Ciò non toglie, tuttavia, che le innovate disposizioni attuative, più chiare rispetto alle precedenti, possano essere fin da subito applicate in quanto appunto consentono di operare in condizioni di maggior certezza.

Per quanto riguarda la determinazione della componente “statica”, si osserva che assume rilevanza la sola differenza positiva tra il patrimonio netto 2015 e il patrimonio netto 2010 (se quindi il PN 2015 è inferiore al PN 2010 ai fini ACE la differenza è ricondotta a zero e non a un valore negativo). Analogamente, se la componente “dinamica” è inferiore a quella “statica”, non può portare a un dato sotto lo zero.

In sostanza, se il confronto PN 2015 – PN 2010, e/o il confronto con gli incrementi e decrementi del 2016, producono un risultato algebrico negativo, la base ACE è considerata = 0, e non si riporta nei successivi esercizi.

A differenza di quanta avviene per le società di capitali, per i soggetti IRPEF gli accantonamenti di utili assumono rilevanza nell’esercizio di maturazione, al netto di eventuali prelevamenti in conto utile; ciò, secondo la relazione di accompagnamento, in considerazione della possibile mancanza dell’obbligo dell’adozione di delibere assembleari ai fini della destinazione dell’utile a riserva per le imprese individuali e per le società di persone.

Tale deroga vale anche per il calcolo della differenza tra il PN 2015 e il PN 2010, assunti come si è detto al lordo degli utili maturati in tali periodi.

 

Le imprese in contabilità semplificata

Se non fosse possibile calcolare la differenza tra i due patrimoni netti (2015 e 2010) in quanto l’impresa era in regime di contabilità semplificata nel 2010 (e, eventualmente, anche nei successivi anni del quinquennio 2011-2015), ai sensi del comma 4 dell’art. 8 del decreto, in luogo della predetta differenza, l’impresa deve determinare la differenza positiva tra il patrimonio netto dell’ultimo esercizio del quinquennio (2011-2015) in cui ha operato in contabilità ordinaria ed il valore del medesimo patrimonio desumibile dal prospetto delle attività e passività esistenti all’inizio del periodo d’imposta di prima applicazione (nel citato quinquennio) del regime di contabilità ordinaria.

Quindi:

a) se nel 2010 il soggetto era in contabilità ordinaria, il PN di quell’anno costituisce sempre il sottraendo della richiamata differenza (2015 – 2010);

b) se nel 2010 il soggetto era in contabilità semplificata, il sottraendo della differenza è rappresentato dal PN desumibile dal prospetto delle attività e passività esistenti all’inizio del periodo d’imposta di prima applicazione (nel citato quinquennio) del regime di contabilità ordinaria, redatto con i criteri di cui al D.P.R. 23.12.1974, n. 689.

Il minuendo della differenza è invece sempre rappresentato dal PN al 31 dicembre dell’ultimo anno del quinquennio 2011-2015 in contabilità ordinaria.

 

Le disposizioni antiabuso (1)

Come è ben noto, il vecchio art. 10 dell’abrogato D.M. 14.3.2010 conteneva disposizioni antielusive, che sono state riportate con alcune variazioni nell’art. 10 del nuovo decreto: al riguardo occorrerà anche tener conto del fatto che nel frattempo la norma antielusiva “a vocazione generale” dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 è stata a sua volta abrogata e superata dal vigente art. 10-bis della legge n. 212/2000, introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015.

Anche per queste disposizioni, incidenti sui comportamenti pregressi, è stata prevista un’apposita clausola di salvaguardia. Infatti, sulla base del comma 2 dell’art. 12 del nuovo decreto, con riferimento ai periodi di imposta di vigenza della disciplina ACE e fino a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della variazione del capitale proprio, relativa ai medesimi periodi di imposta.

Le nuove disposizioni attuative non incidono quindi sulle modalità di determinazione della base ACE relativa ai periodi antecedenti la loro entrata in vigore. Tuttavia, nel determinare gli incrementi di capitale proprio a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.M. (cioè, per i soggetti solari, dal 2018), occorrerà tener conto delle nuove disposizioni anche in relazione ai fenomeni rilevati nei periodi di imposta precedenti.

 

Le disposizioni antiabuso (2)

Al riguardo può essere opportuno tornare sul contenuto delle disposizioni antiabuso, orientate a evitare effetti moltiplicativi del beneficio.

Rispetto al precedente decreto, in particolare, è stata meglio individuata la nozione di gruppo, precisando che si considerano società del gruppo le società controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell’art. 2359 c.c., inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali (escluso lo Stato).

Ai fini dell’applicazione delle clausole antiabuso, è sufficiente che nell’ambito del gruppo sia presente almeno un soggetto beneficiario dell’ACE.

Sono poi individuate alcune operazioni specifiche, effettuate prevalentemente tra società appartenenti allo stesso gruppo, al verificarsi delle quali opera automaticamente un meccanismo di neutralizzazione della base di calcolo dell’ACE.

Analogamente a quanto avveniva in vigenza del vecchio decreto, è stabilito che la variazione in aumento del capitale proprio è ridotta, in capo al conferente, di un importo pari ai conferimenti in denaro effettuati (successivamente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31.12.2010) a favore di soggetti del gruppo, ovvero divenuti tali a seguito del conferimento.

Tali conferimenti sono quelli effettuati da soggetti del gruppo in favore di altre società di capitali ed enti equiparati anch’essi appartenenti al gruppo, a prescindere dal fatto che i destinatari siano o meno soggetti inclusi nel perimetro di applicazione dell’ACE.

Viene inoltre ora precisato la sterilizzazione va operata, a carico del soggetto conferente, anche per i conferimenti in denaro effettuati in favore di società di capitali non residenti del gruppo.

Causano la riduzione della variazione in aumento del capitale proprio anche:

  • l’acquisizione di partecipazioni in società controllate già appartenenti al gruppo;
  • l’acquisizione di aziende o di rami d’azienda da società del gruppo;
  • l’incremento dei crediti di finanziamento rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31.12.2010.

Rispetto all’abrogato D.M. 14.3.2012, è stata eliminata la disposizione relativa ai conferimenti in denaro provenienti da soggetti non residenti, se controllati da soggetti residenti.

Ciò perché, secondo la relazione introduttiva, sono ora soggette a “vigilanza” antiabuso tutte le operazioni di cui all’art. 10 poste in essere con soggetti del gruppo, ancorché non fruitori di ACE. In tale situazione, se i gruppi sono costituiti esclusivamente da soggetti localizzati in Paesi che consentono lo scambio di informazioni, viene escluso il pericolo, concreto o astratto, che l’apporto proveniente dall’Italia sia stato veicolato da una controllante residente ad un soggetto non residente e che gli apporti provenienti dall’estero determinino la duplicazione del beneficio ACE in capo alla società conferitaria residente.

 

I conferimenti esteri extragruppo

In un nuovo comma (4) dell’art. 10 è stata inserita la disposizione che prevede la riduzione della base ACE per i conferimenti in denaro provenienti da soggetti diversi da quelli domiciliati in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, anche se non appartenenti al gruppo.

Nonostante le modificazioni che hanno interessato la disciplina CFC circa l’individuazione dei regimi esteri fiscalmente privilegiati (che attualmente segue il criterio del tax rate inferiore alla metà di quello italiano), l’individuazione dei Paesi non collaborativi guarda qui ancora alla white list di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 239/1996. A tal fine, è necessario considerare solamente i Paesi inclusi nella lista al 1° gennaio 2011, non essendo possibile ricostruire i flussi di denaro per quelli che hanno sottoscritto l’accordo successivamente a tale data.

L’indagine sulla provenienza dei conferimenti deve comunque essere effettuata tenendo in considerazione le seguenti due esimenti:

  • per le società quotate, deve essere valutata solamente la composizione dei soci controllanti in base ai requisiti di cui all’art. 2359 c.c. (se non è identificabile alcun soggetto controllante effettivo, l’indagine deve concludersi al livello della società quotata stessa);
  • per i fondi di investimento regolamentati e localizzati in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, non occorrono le informazioni relativamente ai sottoscrittori.

Se dall’indagine emerge la provenienza di conferimenti in denaro da soggetti diversi da quelli domiciliati in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, la riduzione della base ACE deve essere ripartita proporzionalmente tra le società conferitarie del gruppo che hanno conseguito una base ACE positiva nel periodo di imposta (art. 10, c. 5, D.M.).

 

Gli investimenti in titoli e in valori mobiliari

Nell’ambito delle nuove disposizioni attuative in materia di ACE, occorre considerare anche le indicazioni fornite con riferimento alla nuova ipotesi di riduzione della base ACE per investimenti in titoli e valori mobiliari.

Al riguardo si precisa che, in forza dell’attuale comma 6-bis dell’art. 1 del DL 201/2011, introdotto dalla L. n. 232/2016, per i soggetti diversi da banche e assicurazioni, la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2010.

L’art. 5, comma 3, del D.M. 3.8.2017, stabilisce che la nuova sterilizzazione della base ACE per investimenti in titoli e valori mobiliari è valida per i soggetti diversi da quelli che svolgono attività finanziarie ed assicurative di cui alla sezione K dell’ATECOFIN 2007. Sono da sterilizzare anche gli incrementi predetti realizzati da holding non finanziarie.

Ai fini dell’individuazione dei titoli e valori mobiliari, va fatto riferimento alla nozione di cui all’art. 1, comma 1-bis, del TUF, includendo altresì le quote di OICR.

Per “valori mobiliari” si intendono quindi le categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, escludendo però le azioni che, in quanto quote di partecipazione, sono espressamente escluse dall’obbligo di sterilizzazione.

Non rientrano tra le operazioni rilevanti i pronti contro termine, né i finanziamenti infragruppo operati mediante l’acquisto di titoli emessi da soggetti del gruppo stesso [che invece rilevano nella determinazione dei crediti da finanziamento di cui all’art. 10, comma 3, lett. c), del D.M.]. Non sono inclusi tra i titoli e i valori mobiliari da sterilizzare neanche gli acquisti operati per fini strettamente funzionali ad assicurare la compensazione e la conclusione dei contratti stipulati sui mercati regolamentati di titoli.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 8/E del 07.04.2017, la previsione, “stante il suo carattere sistematico non può essere oggetto di disapplicazione, mediante la presentazione all’Agenzia delle entrate di apposito interpello probatorio e rappresenta una delle componenti strutturali che genera variazioni diminutive del capitale proprio”.

Pertanto, pur trattandosi di norma con finalità antiabuso, non è suscettibile di disapplicazione tramite interpello probatorio ex art. 11, c. 1, lett. b, della legge n. 212/2000.

 

La salvaguardia della vecchia base ACE

L’art. 12 del nuovo decreto attuativo contiene due clausole di salvaguardia, finalizzate ad evitare penalizzazioni per i contribuenti che già fruiscono del beneficio.

In particolare, con riferimento alle novità normative che discendono dall’applicazione dei nuovi principi OIC, vigenti dal 1° gennaio 2016, relative alla disciplina delle azioni proprie, dei finanziamenti infruttiferi infragruppo, delle rilevazioni operate in sede di first time adoption, nonché alla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati.

In considerazione della circostanza che, su tali fattispecie, i nuovi principi OIC hanno adottato gli stessi criteri di rilevazione già previsti dagli IAS, vengono in sostanza fatti salvi i comportamenti eventualmente adottati dai soggetti IAS adopter per i periodi di imposta precedenti a quello di entrata in vigore del decreto, i cui termini per il versamento a saldo delle imposte sui redditi sono scaduti anteriormente a tale data (11.8.2017).

In sostanza, la norma ha reso definitiva la determinazione della base ACE limitatamente agli effetti delle rilevazioni contabili delle fattispecie sopra menzionate, per i periodi di imposta pregressi, a prescindere dal comportamento adottato dal contribuente.

La clausola di salvaguardia opera inoltre per le disposizioni relative alla gestione delle eccedenze ACE trasformabili in credito di imposta IRAP, alla sterilizzazione della base ACE fino a concorrenza dei titoli o valori mobiliari e ai soggetti IRPEF.

Inoltre, la salvaguardia riguarda ulteriori ipotesi distintamente considerate nei vari commi dell’art. 5 del decreto, come la riduzione permanente della base ACE da operare a seguito dell’acquisto di azioni proprie, la rilevanza del fondo di dotazione per le stabili organizzazioni, l’esclusione dall’ambito soggettivo delle società agricole e l’irrilevanza ai fini ACE delle plusvalenze derivanti da conferimenti d’azienda.

 

Gli errori contabili

Sempre secondo la già richiamata relazione al D.M. 3.8.2017, nel caso di errori contabili rilevanti (che determinano effetti sul PN di apertura dell’esercizio in cui sono individuati), la base ACE non deve tenere conto della correzione operata attraverso la variazione delle riserve. Al contrario, è necessario presentare apposite dichiarazioni integrative sia per l’esercizio in cui l’errore è stato commesso, sia per gli esercizi successivi.

In queste dichiarazioni, è necessario ricostruire la base ACE che si sarebbe formata in assenza dell’errore.

Se però gli errori contabili non sono rilevanti (e incidono quindi esclusivamente sul conto economico), non è necessario presentare alcuna dichiarazione integrativa; in questa ipotesi, le sopravvenienze vanno a modificare l’entità dell’utile di esercizio che, una volta accantonato, concorre alla formazione della base ACE.

 

29 agosto 2017

Fabio Carrirolo