Definizione liti fiscali pendenti: il provvedimento direttoriale n. 140316/2017

fra i tanti provvedimenti degli ultimi giorni di Luglio, il fisco ha prodotto anche i chiarimenti tanto attesi per la definizione delle liti pendenti: presentiamo le novità della modulistica ed i pareri prodotti in tema di rateizzazione del debito e di scomputo delle somme versate

ivaCon il provvedimento direttoriale n. 140316/2017 del 21 luglio 2017, l’Agenzia delle Entrate ha approvato le modalità di attuazione dell’articolo 11 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, concernente la definizione agevolata delle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate.

Nello specifico sono stati approvati il modello e le istruzioni per poter aderire alla c.d. definizione delle liti fiscali pendenti.

Con la circolare n. 22 /E del 28 luglio 2017 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Affari Legali, Contenzioso e Riscossione – ha fornito ulteriori chiarimenti.

Le liti tributarie interessate da questa definizione agevolata in cui è parte l’Agenzia delle Entrate1 sempre che il ricorso introduttivo sia stato notificato alla controparte entro il 24 aprile 2017; in caso di notifica tramite Posta, rileva la data di spedizione, se l’atto è stato notificato mediante consegna all’Agenzia si farà riferimento a detta data, mentre ove è attivo il processo tributario telematico dovendosi fare la notifica a mezzo PEC si ricorda che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna2.

Devono escludersi dalla definizione secondo quanto riportato nella circolare n. 22 /E del 28 luglio 2017 le controversie vertenti su sanzioni amministrative non tributarie, anche qualora l’Agenzia delle Entrate sia stata chiamata in giudizio, come, ad esempio, quelle instaurate avverso le sanzioni irrogate per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria o per l’irregolare conferimento di incarichi a dipendenti pubblici. In tali casi, pur essendo l’Agenzia delle Entrate parte in senso formale, si tratta di liti non rientranti nell’oggetto della giurisdizione tributaria, come definito ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Sono, invece, definibili le liti relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate che vedono come parte in giudizio, assieme alla stessa Agenzia, anche l’agente della riscossione; sono, escluse dalla definizione le controversie nelle quali è parte unicamente l’agente della riscossione, ancorché inerenti ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate.

Non sono, invece, definibili, per la mancanza di importi da versare da parte del contribuente, le controversie in materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso, quelle di valore indeterminabile, come, ad esempio, le controversie che attengono al classamento degli immobili.

Il combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’articolo 11, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 escluderebbero, secondo quanto riportato in circolare, che possano essere definite le controversie inerenti a istanze di restituzione di somme o, in ogni caso, quelle nelle quali non è possibile determinare il quantum dovuto dal contribuente.

Le liti sulle agevolazioni sarebbero definibili invece soltanto quando l’Agenzia delle Entrate, con l’atto impugnato, non si sia limitata a negare o revocare il beneficio, ma abbia contestualmente accertato e richiesto anche il tributo o il maggior tributo dovuto.

In aderenza all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione (sentenza 3 ottobre 2006, n. 21328), l’Agenzia ritiene che restino escluse dall’ambito di applicazione della definizione anche le controversie instaurate avverso dinieghi di condono o di precedenti definizioni agevolate di liti pendenti, mentre ove ricorrano gli altri presupposti per avvalersi della definizione odierna, sono definibili le liti originarie per le quali non si sia perfezionata una precedente definizione agevolata

In ogni caso, il processo è definibile sempre che alla data del 2 ottobre 2017 lo stesso non si sia concluso con pronuncia definitiva.

Nello specifico sono esclusi:

  • i rapporti esauriti alla data del 24 aprile 2017, in quanto già regolati da pronunce divenute definitive per mancata impugnazione ovvero già regolati da sentenze emesse dalla Corte di Cassazione, in cui il ricorso viene accolto senza rinvio. Tali ipotesi sono tassativamente elencate dal terzo comma dell’articolo 382 del codice di procedura civile

  • i rapporti esauriti alla data di presentazione della domanda di definizione, a seguito di deposito di sentenza emessa dalla Corte di cassazione, che non abbia disposto il rinvio al giudice di merito.

Nella circolare n. .22 /E del 28 luglio 2017 l’Agenzia delle Entrate specifica che sono da considerarsi esauriti e, come tali, esclusi dalla definizione “i rapporti per i quali, alla data del 24 aprile 2017 e a quella di presentazione della domanda, si sia già perfezionata la mediazione tributaria, di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 ovvero la conciliazione giudiziale, disciplinata dagli articoli 48, 48-bis e 48-ter del medesimo decreto.

Sarebbero definibili inoltre le liti interessate da sentenze per le quali pendono i termini per la proposizione della revocazione ordinaria, ad esclusione delle liti per le quali è stata depositata sentenza della Corte di cassazione senza rinvio, che si considerano definitive.

Devono escludersi, in ogni caso, le sentenze impugnabili tramite la revocazione straordinaria, atteso che detto rimedio non è richiamato dall’articolo 324 c.p.c. tra i mezzi di impugnazione suscettibili di precludere il passaggio in giudicato delle sentenze.

La norma prevede lo stralcio delle sanzioni collegate al tributo, mentre per quanto concerne gli interessi, occorre tener conto di quelli di cui all’atto impugnato calcolati fino alla data di notifica dell’atto stesso; invece, gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, devono essere considerati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto impugnato.3

Per le controversie relativa esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il quaranta per cento degli importi in contestazione.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione delle liti fiscali pendenti.

Entro il termine del 2 ottobre 2017, per ciascuna controversia tributaria autonoma, si guarda quindi al singolo atto impugnato e non al singolo processo4, va presentata all’Agenzia delle Entrate una distinta domanda di definizione, esente dall’imposta di bollo, esclusivamente mediante trasmissione telematica.

Può essere utilizzato ovviamente solamente il modello approvato con il provvedimento direttoriale n. 140316/2017 del 21 luglio 2017.

La trasmissione può effettuata dall’interessato:

a) direttamente, dai contribuenti abilitati ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate;

b) incaricando uno dei soggetti di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322;

c) recandosi presso uno degli Uffici territoriali di una qualunque Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, che attesta la presentazione diretta della domanda consegnando al contribuente la stampa del numero di protocollo attribuito.

Nelle ipotesi diverse dall’invio con modalità dirette da parte del contribuente, la domanda, debitamente compilata e sottoscritta, va consegnata in tempo utile per l’esecuzione della trasmissione telematica entro la predetta scadenza.

La trasmissione telematica della domanda dovrà essere effettuata attraverso un servizio web accessibile gratuitamente dai canali Entratel o Fisconline, tuttavia la data a partire dalla quale sarà disponibile il servizio web per procedere alla compilazione on line e alla trasmissione telematica della domanda di definizione non è stato reso noto con il provvedimento direttoriale.

L’intermediario incaricato è tenuto a consegnare al contribuente copia della domanda di definizione predisposta con l’utilizzo del prodotto informatico, contenente anche il riquadro relativo all’impegno alla trasmissione telematica, nonché copia della comunicazione trasmessa per via telematica dall’Agenzia delle Entrate, che attesta l’avvenuto ricevimento della domanda; quest’ultima costituisce prova dell’avvenuta presentazione della stessa.

La domanda di definizione, debitamente sottoscritta dal richiedente e dal soggetto eventualmente incaricato della trasmissione telematica, deve essere conservata a cura del richiedente stesso fino alla definitiva estinzione della controversia, unitamente ai documenti relativi ai versamenti effettuati, sia in sede di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio sia in sede di definizione agevolata della controversia nonché alla documentazione relativa all’eventuale definizione agevolata di cui all’articolo 6 del decreto legge n. 193 del 2016.

Nel provvedimento dell’Agenzia viene espressamente specificato che saranno considerate tempestive le domande trasmesse entro la scadenza prevista, ma scartate dal servizio telematico, purché ritrasmesse entro i cinque giorni lavorativi successivi alla data di emissione della comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che attesti il motivo dello scarto.

Il pagamento dell’importo da versare per la definizione può avvenire in un’unica soluzione oppure in un numero massimo di tre rate nei termini previsti dall’articolo 11 del decreto legge n. 50 del 2017.

Non è ammesso il pagamento rateale se gli importi da versare non superano duemila euro.

Il limite di duemila euro si riferisce all’importo netto dovuto come specificato nelle istruzioni per la compilazione della domanda.

L’importo lordo dovuto per la definizione, da indicare nell’istanza, è risultante dal totale degli importi spettanti all’Agenzia delle Entrate richiesti con l’atto impugnato, con esclusione solo delle sanzioni collegate ai tributi, degli interessi di mora e degli importi che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere nella controversia pendente, in particolare in caso di contestazione parziale dell’atto impugnato, di giudicato interno, di parziale annullamento in autotutela dell’atto impugnato.

Si ricorda che per i sessanta giorni successivi alla data di perfezionamento della notifica dell’atto impugnato, sulla componente dei tributi vanno calcolati e aggiunti gli interessi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Dalla somma così calcolata vanno sottratti tutti gli importi pagati prima della presentazione della domanda di definizione a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione dell’atto ovvero del giudizio di spettanza dell’Agenzia delle Entrate5 e gli eventuali importi dovuti per la definizione agevolata di cui all’articolo 6 del decreto legge n. 193 del 2016.

Nella circolare 22/E del 28 luglio 2017 viene specificato che “poiché le somme scomputabili sono solo quelle di spettanza dell’Agenzia delle Entrate, non vanno scomputati gli importi dovuti ai sensi del comma 1, lettera b), dell’articolo 6 del DL n. 193 del 2016, di spettanza dell’agente della riscossione. Non vanno scomputati, inoltre, gli interessi per dilazione di pagamento di cui all’articolo 21, primo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973, che si applicano per il pagamento rateale delle somme dovute per la definizione dei carichi iscritti a ruolo ai sensi del citato articolo 6.

L’istanza prevede due appositi campi dove indicare le somme da sottrarre.

Qualora le somme già versate in pendenza di giudizio siano di ammontare superiore rispetto all’importo lordo dovuto per la chiusura della lite, non spetta il rimborso della differenza.

Il termine per il pagamento dell’importo netto dovuto o della prima rata, pari al quaranta per cento dell’importo netto dovuto, scade il 2 ottobre 2017.

Nel caso di pagamento in tre rate, la seconda rata, pari al quaranta per cento, deve essere versata entro il 30 novembre 2017, e la terza rata, nella misura del residuo venti per cento, entro il 2 luglio 2018.

In caso di pagamento in due rate, la seconda ed ultima rata, pari al sessanta per cento, deve essere versata entro il 30 novembre 2017.

Si ricorda che per le rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali a decorrere dal 3 ottobre 2017.

La definizione si perfeziona col pagamento integrale dell’importo netto dovuto o della prima rata e con la presentazione della domanda. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

Per quanto concerne la determinazione dell’importo dovuto per la definizione delle liti originate dall’impugnazione di un atto di accertamento con il quale si è provveduto alla rettifica delle perdite, l’Agenzia conferma le indicazioni già fornite con le circolari n. 17/E del 21 marzo 2003 e n. 48/E del 2011.

Occorrerà quindi distinguere le due diverse ipotesi in cui il contribuente intenda: definire la lite, ma non affrancare la perdita oppure definire la lite e affrancare la perdita.

Nella prima ipotesi, il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e la definizione non comporta l’utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica, mentre nella seconda ipotesi il valore della lite si ottiene sommando alle maggiori imposte accertate anche l’imposta “virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione ed in tal caso la definizione della lite comporta l’utilizzabilità delle perdite oggetto di rettifica.

Se, in particolare, la rettifica delle perdite non ha comportato accertamento di imposte, il valore della lite rilevante ai fini della definizione, è determinato sulla base della sola imposta “virtuale”, che si ottiene applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata.

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Un importante chiarimento arriva in circolare sui rapporti con la definizione agevolata dei carichi pendenti affidati all’agente della riscossione, la normativa ex art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016.

L’Agenzia delle Entrate specifica che “i contribuenti che hanno tempestivamente presentato l’istanza di definizione dei carichi, pur avendo la facoltà di avvalersi della definizione agevolata delle controversie tributarie, sono tenuti, in ogni caso, a rispettare la condizione tassativa di non rinunciare alla definizione dei carichi. Come si è già detto in premessa, la definizione agevolata delle controversie tributarie completa, infatti, la definizione dei carichi, eventualmente già richiesta.

Pertanto, si ritiene che non possano essere utilizzati i sistemi informatici messi a disposizione del contribuente per il ricalcolo della definizione ex art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016 per annullare le posizioni relative ai contenziosi pendenti.

Qualora la definizione dei carichi non sia perfezionata con l’integrale pagamento degli importi dovuti” – prosegue l’Agenzia sempre in circolare – “ferma restando la validità della definizione della lite correttamente perfezionata, il contribuente sarà tenuto a versare per intero gli importi contenuti nei carichi affidati all’agente della riscossione; in altri termini, le due definizioni agevolate seguono ciascuna le proprie regole.

Poiché il termine per il pagamento in un’unica rata o della prima rata scade il 2 ottobre, come detto, il pagamento andrebbe effettuato prima di inviare la domanda, o, se del caso, il giorno stesso.

Si consiglia agli intermediari di verificare la sussistenza dei documenti attestanti il pagamento della rata prima dell’invio in quanto occorre indicare la stessa nel modello.

L’importo netto dovuto per la definizione può essere versato con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con la possibilità quindi di avvalersi dell’istituto della compensazione ivi previsto.

In ogni caso, si consiglia di fare le opportune verifiche prima di procedere alla compensazione soprattutto qualora si intenda avvalersi della stessa per la prima o unica rata: sono fatti salvi i casi in cui la stessa sia limitata o esclusa sulla base di determinate disposizioni normative, quali, ad esempio, quelle previste dall’articolo 3 del decreto legge n. 50 del 2017.

I codici-tributo per il versamento delle somme relative alla definizione delle controversie tributarie pendenti da indicare nel modello F24 sono stati pubblicati ieri dall’Agenzia con risoluzione n. 108/E.

Dal punto di vista processuale, si rammenta che le controversie definibili non sono sospese di diritto, ma occorre che il contribuente, o meglio il di lui difensore6, faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni di cui all’art. 11, decreto legge 24 aprile 2017 n. 50; ciò non lo impegna comunque a presentare effettivamente domanda di definizione agevolata. In tal caso il processo viene sospeso fino al 10 ottobre 2017.

Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resterà sospeso fino al 31 dicembre 2018.

Durante la sospensione del processo vige il divieto di compiere qualsiasi atto processuale e i termini in corso sono interrotti. Si evidenzia che la sospensione del giudizio prima della presentazione della domanda non equivale alla sospensione cautelare dell’efficacia esecutiva dell’atto impugnato e, più in generale, dell’attività di riscossione in pendenza di giudizio.

Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dal 24 aprile 2017 fino al 30 settembre 2017.

Essi si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali, ivi incluse quelle relative al periodo dall’1 al 31 agosto di sospensione feriale.

La sospensione dei termini, opera per tutte le controversie astrattamente riconducibili all’ambito di applicazione dell’art.11, decreto legge 24 aprile 2017 n. 50.

La circostanza che il termine ultimo per la notifica dell’eventuale diniego della definizione sia fissato al 31 luglio 2018, mentre i termini per l’impugnazione delle sentenze, per effetto della sospensione automatica, vanno a scadere nell’arco di tempo che va dal 24 ottobre 2017 al 30 marzo 2018, comporta che gli Uffici, in presenza di sentenza sfavorevole, si attiveranno con priorità per esaminare la regolarità e validità della definizione, così da assicurare in via prudenziale, nell’eventualità in cui intendano opporre un diniego, il rispetto dei termini per l’impugnazione della sentenza e scongiurare il passaggio in giudicato della stessa.

Solo il contribuente infatti può impugnare la sentenza a sé sfavorevole, unitamente al diniego della definizione, entro 60 giorni dalla notifica di quest’ultimo.

Il diniego della definizione deve infatti essere formalizzato in un provvedimento, compiutamente motivato e notificato secondo le regole contenute negli articoli 16, 16-bis e 17, D.Lgs. n. 546 del 1992.

Nella circolare 22/E si afferma che il contribuente possa impugnare il diniego, senza provvedere anche all’impugnazione della sentenza e viceversa; in caso di rigetto del ricorso avverso il diniego, il passaggio in giudicato della predetta sentenza comporta la definitività del rapporto controverso nei termini statuiti dal giudice.

I giudizi che hanno formato oggetto di definizione e per i quali il contribuente abbia assolto l’onere di richiedere al giudice la sospensione fino al 31 dicembre 2018, si estinguono per espressa previsione di legge automaticamente allo scadere della sospensione, salvo che la parte che ne abbia interesse – contribuente o Agenzia delle Entrate – presenti, entro lo stesso termine, l’istanza di trattazione.

E’ stato altresì espressamente statuito che nel caso in cui il contribuente abbia proposto l’impugnazione avverso il diniego, qualora la controversia risulti non definibile, detta impugnazione vale come istanza di trattazione del processo rimasto sospeso per effetto del deposito della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata.

Nell’ipotesi di mancata il diniego, gli uffici, qualora ne abbiamo interesse, si attiveranno per presentare tempestivamente l’istanza di trattazione, al fine di garantire la prosecuzione del giudizio sospeso; l’interesse sussiste quando il giudizio pende nel grado successivo al primo a seguito di impugnazione dell’ufficio stesso.

In assenza di istanza di trattazione, come detto si determina l’estinzione del giudizio, con l’effetto che passa in giudicato l’ultima sentenza resa o, qualora non sia stata ancora emessa una sentenza perché il giudizio è pendente in primo grado, si consolida l’atto impugnato.

Le spese del giudizio estinto restano a carico di chi le ha anticipate, per espressa previsione di legge.

In presenza di più coobbligati, la definizione effettuata da parte di uno di essi esplica efficacia anche a favore degli altri.

Si ricorda che con il perfezionamento, la definizione agevolata retroagisce e prevale sull’efficacia di eventuali sentenze depositate prima del 24 aprile 2017 e non passate in giudicato alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata della controversia.

Pertanto, a seguito del perfezionamento della definizione della lite, tali sentenze, in deroga a quanto disposto dall’articolo 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992, cessano di costituire titolo per eventuali rimborsi o sgravi.

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3 agosto 2017

Valeria Nicoletti

1 Si ricorda che come stabilito dall’art. 11, c. 1bis, decreto legge 24 aprile 2017 “Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 agosto 2017, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui èparte il medesimo ente.

2 Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a, delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

3 Per i tassi di interesse possono essere d’aiuto le tabelle a pag. 17 e 18 della C.M. 22/E del 28 luglio 2017

4 Ciò comporta fra l’altro che è ammissibile la definizione parziale delle controversie introdotte con ricorso cumulativo oppure oggetto di riunione da parte del giudice; in tal caso la definizione comporta l’estinzione solo “parziale” del giudizio, che prosegue per la parte non oggetto di definizione.

5 In sintesi, vanno scomputati tutti gli importi in contestazione già pagati in esecuzione dell’atto impugnato, esclusi solo quelli di spettanza dell’agente della riscossione (aggi, spese per le procedure esecutive, spese di notifica…)

6 Nella c.m. 22/E del 28 luglio 2017 l’Agenzia che essa possa essere avanzata anche dal difensore del contribuente, senza necessità di procura speciale, in forma scritta oppure, in sede di trattazione della causa in pubblica udienza, anche oralmente.