Reddito dei professionisti: principio di cassa e assegni di fine anno

il professionista, pagato a mezzo assegno, che fattura la sua prestazione nell’esercizio successivo a quello in cui il titolo è stato percepito, viola il principio di cassa? Il problema nasce dagli assegni di fine anno percepiti ma non ancora incassati alla data del 31 dicembre

Commercialista_Telematico_Post_bancheIl caso degli assegni di fine anno

Ai fini della corretta imputazione dei redditi da lavoro autonomo, il fatto che la dazione dell’assegno bancario sia “salvo buon fine” non impedisce di commisurare alla data della percezione del titolo la disponibilità della somma, laddove non sia in contestazione l’esistenza della provvista sufficiente al regolare pagamento del titolo.

In riferimento all’imputazione temporale di un compenso ricevuto pacificamente nel 2004 e versato sul conto corrente nello stesso anno 2004 non rileva il momento della effettiva disponibilità della somma ma il momento della percezione del titolo credito. La statuizione della CTR, con la quale si è riconosciuta la perfetta buona fede del professionista, che ha regolarmente fatturato il compenso e corrisposto le imposte dovute, è contraddetta dalla violazione da parte del contribuente del principio di cassa rispetto al disposto dell’art. 6 del D.P.R. 633/1972, circa la fatturazione, in relazione al quale non è configurabile alcun margine di incertezza normativa. Nessuna clemenza, dunque, anche perché in capo a chi sia incorso nella violazione contestata grava anche la presunzione di colpa. Spetta al contribuente l’onere di provare di aver agito in buona fede: onere che, alla stregua delle sopra esposte considerazioni, non può ritenersi adempiuto dal contribuente. Va esclusa la buona fede del professionista che nel versare le imposte non rispetta il principio di cassa rispetto ai compensi. È legittimo sanzionare il professionista che ha fatturato in ritardo i compensi percepiti, perché la legge al riguardo è chiara. Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione ,con l’ordinanza del 21 giugno 2017 n. 15439.in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Vicenda

La Direzione Provinciale di Ragusa ha recuperato a tassazione nei confronti di un professionista compensi percepiti alla fine di un periodo d’imposta ma fatturati l’anno successivo. Il provvedimento è stato impugnato eccependo che le somme erano state incassate con assegno: pertanto, l’effettiva disponibilità si era verificata solo a gennaio, coincidente con la data della fatturazione. Invocando la buona fede il contribuente ha chiesto la disapplicazione delle sanzioni. La CTP ha accolto le ragioni del professionista. La CTR, pur confermando la legittimità della pretesa impositiva, ha ritenuto che erano dovute le sanzioni, poiché l’errore palesava la buona fede. La Commissione tributaria ha riconosciuto la “perfetta buona fede” di un professionista che avrebbe regolarmente fatturato il proprio compenso e corrisposto le imposte dovute. La Ctr ha ritenuto legittima la ripresa a tassazione per l’anno 2004 con riguardo a compensi percepiti dal professionista il 30 dicembre 2004, ma fatturati l’anno seguente; tuttavia, ha ritenuto di non dover applicare le sanzioni in quanto il professionista, per l’appunto in “perfetta buona fede“, aveva regolarmente fatturato il compenso e corrisposto il dovuto.

Pronuncia

I giudici di legittimità hanno precisato le modalità di rilevazione dei compensi con il sistema di cassa, sulla base del seguente ragionamento logico-giuridico. Dai documenti prodotti in giudizio, emergeva che l’assegno era stato ricevuto e versato sul conto corrente alla fine del periodo di imposta.

Per l’imputazione del compenso ciò che rileva è la data di percezione del titolo, a prescindere da quando sia diventato concretamente disponibile. La data della disponibilità era irrilevante anche se l’assegno bancario è “salvo buon fine“, poiché non era in discussione l’esistenza della provvista. Ne conseguiva che il riferimento per l’imputazione al periodo d’imposta doveva avere riguardo alla data di percezione, ossia dicembre, e non a quella di disponibilità, (gennaio). In tema di sanzioni, il professionista aveva violato il principio di cassa, senza che la norma presentasse margini di incertezza. Si trattava, pertanto, di una presunzione di colpa, a fronte della quale il contribuente avrebbe dovuto opporre prova contraria.

Conclusioni

Per il principio di cassa1, se al professionista viene pagata una prestazione mediante assegno, la fattura deve essere emessa nell’esercizio in cui il titolo viene ricevuto a prescindere dalla data in cui diventi disponibile sul conto corrente.

La disponibilità sul conto corrente individua solo quello della decorrenza degli interessi, non già imputazione temporale per cassa della somma che, in caso di pagamento con assegno bancario, va fissata al momento della percezione del titolo di credito da parte del prenditore dell’assegno, ciò che pacificamente è avvenuto il 30 dicembre 2004.

Per la corretta imputazione temporale rileva non la data della valuta, che individua solo la decorrenza degli interessi, ma la percezione della somma. Non può essere riconosciuta la “perfetta buona fede” se il professionista, pur fatturando regolarmente il compenso e corrispondendo le imposte dovute, ha violato il principio di cassa circa la fatturazione. Per i compensi professionali incassati con assegno bancario rileva, ai fini dell’imputazione per cassa del componente reddituale, la data di percezione del titolo di credito, non la data valuta assegnata dalla banca, vale a dire quella a partire dalla quale decorrono gli eventuali interessi.

13 luglio 2017

Isabella Buscema

1 Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute. I compensi vanno sottoposti a tassazione in relazione all’anno in cui sono stati percepiti e anche se assoggettati a ritenuta d’acconto, vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza (Cass. civ. Sez. V, 15-04-2011, n. 8626).