L'inutilizzabilità processuale dei documenti non forniti in sede di controllo

vediamo in quali casi il comportamento omissivo del contribuente, che non ottempera alla richiesta di esibizione di documenti, prevede l’inutilizzabilità processuale dei documenti non prodotti in sede di verifica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19507 del 30.9.2016, ha chiarito le conseguenze sulla utilizzabilità processuale di documenti non forniti in sede di controllo e richieste istruttorie.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, con la quale era stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Matera, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento di maggior reddito d’impresa per l’anno di imposta 1997.

L’accertamento scaturiva da una verifica, operata dalla Guardia di Finanza per gli anni di imposta 1995/96/97, all’esito della quale veniva accertato un apporto alla cassa dell’azienda di ammontare tale che i verificatori ritenevano che derivasse da proventi illeciti, non essendo i redditi dichiarati dal contribuente tali da giustificare apporti di così elevata entità.

Sulla base delle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio il giudice di primo grado, con pronuncia confermata in appello, riteneva però che i ricavi dichiarati dal contribuente fossero compatibili con i movimenti bancari.

L’Agenzia delle Entrate deduceva quindi davanti alla Suprema Corte la violazione dell’art. 32, comma 3, D.P.R. n. 600/73, per avere la CTR fatto proprie le conclusioni della CTU, dando rilievo a movimenti di conto corrente bancari taciuti, senza giustificazione, dal contribuente in sede di verifica e di questionario, disapplicando quindi la norma citata, che prevede invece espressamente che le notizie ed i dati non addotti ed i documenti non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

Il motivo di impugnazione, secondo i giudici di legittimità, era fondato.

Nel questionario consegnato al contribuente, su esplicita richiesta dell’Ufficio, circa “la natura, il numero e gli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con aziende, istituti di credito ed Ente Poste“, questi indicava infatti solo due conti corrente, mentre dalla documentazione poi riscontrata dall’Ufficio emergeva che il contribuente intratteneva ulteriori rapporti di conto corrente.

Il CTU, infine, nel corso delle indagini peritali, accertava l’esistenza di movimentazioni in contabilità relative ad altri sottoconti.

La Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva quindi fondato la sua decisione sulle complessive risultanze documentali relative a tutti i rapporti di conto corrente intrattenuti dal contribuente, come rilevati dal CTU, pervenendo alla conclusione che l’Ufficio non aveva fornito alcun elemento probatorio, seppure di carattere presuntivo, da contrapporre alle risultanze della consulenza tecnica.

In tal modo il giudice di appello aveva però violato il disposto dell’art. 32, c. 3, D.P.R. n. 600/73.

L’inottemperanza del contribuente alla richiesta di esibizione di dati e documenti avanzata dai funzionari in sede di questionario cagionava, infatti, la cosiddetta preclusione probatoria, nel senso che il contribuente non poteva più produrre quei documenti né nella fase amministrativa, né nella fase contenziosa (Cass. civ., sez. trib., 10-01-2013, n. 453).

La documentazione bancaria non indicata dal contribuente in sede di questionario era dunque inutilizzabile nel processo e non poteva, pertanto, essere esaminata dal C.T.U. nell’espletamento dell’indagine peritale.

Nel caso di specie, in realtà, la prova contraria che il contribuente (e non l’Amministrazione) avrebbe dovuto fornire non poteva neppure essere validamente presentata in sede contenziosa.

Come detto, infatti, il contribuente non aveva ottemperato alle richieste di documentazione fattegli dall’Ufficio in sede amministrativa e questo, come confermato in via consolidata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, costituiva preclusione ad una successiva produzione in fase giudiziaria (come sorta di sanzione indiretta alle tecniche di ostacolo dell’azione accertativa).

Non v’era dubbio nel caso in esame che vi fosse stata una richiesta espressa dell’Amministrazione, avendo l’Ufficio notificato un questionario con la richiesta di documentazione, il quale non aveva ricevuto (piena) risposta.

Ed era dunque legittimo per l’Ufficio ricorrere a presunzioni prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza che comportano l’inversione della prova.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7232 del 10 aprile 2015, in tema di inutilizzabilità in giudizio dei documenti non prodotti in sede di verifica, aveva del resto già affermato anche la rilevabilità d’ufficio dell’eccezione.

I documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario, dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’Amministrazione finanziaria, non possono dunque essere presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell’amministrazione resistente.

In caso dunque di mancata indicazione, in sede amministrativa, dei documenti richiesti dall’Ufficio le giustificazioni addotte poi in contenzioso devono essere considerate mere circostanze soggettive, non potute conoscere dall’Ufficio.

Secondo giurisprudenza della medesima Corte, infatti, il comportamento omissivo del contribuente, che non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti, impedendo, o ostacolando, la verifica da parte dell’ufficio, vale, di per sé, ad ingenerare un più che giustificato sospetto sull’attendibilità delle scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate.

Si tratta, in sostanza, come detto, di una sanzione di inutilizzabilità, anche perché la normativa di specie prevede un’unica eccezione, stabilendo che le cause di inutilizzabilità non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri prima non esibiti e contestualmente dichiari e dimostri di non aver potuto adempiere alle richieste per causa a lui non imputabile, o che comunque ciò non sia stato dovuto a sua negligenza.

Tale indirizzo è peraltro conforme anche al dettato della Corte Costituzionale, la quale investita sub specie di violazione del principio della capacità contributiva (“perchè la … decadenza dalla facoltà di produrre documenti in giudizio impedirebbe l’accertamento della effettiva situazione patrimoniale del contribuente e, pertanto, sarebbe causa di imposizione fiscale eccedente la capacità contributiva del medesimo contribuente“), con ordinanza 7 giugno 2007 n. 181, ha già escluso qualsiasi vizio di costituzionalità della norma in riferimento all’art. 53, c. 1, Cost., chiarendo che “la preclusione prevista dalla norma censurata, risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti non forniti dal contribuente in risposta all’invito dell’amministrazione finanziaria, opera sul piano esclusivamente processuale ed è perciò inidonea a menomare il principio di capacità contributiva“.

In altre parole, la limitazione alla possibilità della prova è collegata ad uno specifico comportamento del contribuente, che si sottrae alla prova stessa, e dunque fornisce validi elementi per dubitare della genuinità di documenti che abbiano a riaffiorare nel corso del giudizio. Ciò costituisce una giustificazione ragionevole della loro inutilizzabilità, temperata dalla possibilità riconosciuta al contribuente di dimostrare la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione.

Oltre a ciò, se il contribuente non risponde, l’ufficio è legittimato a ricorrere all’accertamento induttivo, ai sensi dell’articolo 39, lett. d-bis, del Dpr n. 600/73.

Negli inviti degli Uffici, del resto, risulta sempre chiaramente evidenziato come “le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri d i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa ai sensi dell’art. 32 del DPR 600/73…”.

3 giugno 2017

Giovambattista Palumbo