I controlli fiscali in presenza di fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva

spesometro e fatture elettroniche cambieranno le modalità di gestione dei controlli fiscali, dato che le banche dati fiscali saranno più ricche di informazioni sulle attività dei contribuenti: come cambieranno le strategie di indagine del fisco e le garanzie difensive che saranno poste a tutela del contribuente accertato

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Pur nella costanza dell’impianto normativo di base, che circoscrive una fiscalità fondata sull’IRPEF progressiva, su un’imposta societaria (IRES) e sul regime euroarmonizzato dell’IVA, il sistema tributario italiano evolve nelle procedure, che a seguito delle innovazioni tecnologiche e legislative acquistano un ruolo centrale.

Così in particolare i controlli sulla veridicità e conformità dei comportamenti dei contribuenti diventano sempre più incrociati e automatici, potendo contare su una grandissima quantità di dati acquisiti dall’amministrazione. Nasce quindi un sistema fondato più sulla prevenzione e sull’informazione preventiva che sul controllo successivo e sulla punizione, nel quale hanno una parte essenziale le nuove tecnologie e le procedure di recente introduzione che prevedono la trasmissione diretta all’Agenzia delle Entrate delle informazioni relative agli acquisti e alle cessioni prestazioni.

Avendo già a disposizione le informazioni, il fisco punta alla prevenzione, informando i contribuenti e spingendoli ad adeguarsi, ovvero a motivare gli scostamenti eventualmente rilevati, prima di attivare una formale procedura di accertamento.

La fatturazione elettronica

La possibilità di adottare la fatturazione elettronica e la conseguente archiviazione e conservazione delle fatture e dei documenti fiscalmente rilevanti in forma digitale anziché con la tradizionale modalità cartacea è prevista normativamente ed è giunta a maturazione sotto il profilo tecnico. Si tratta ora di vedere se e come ciò sia conciliabile con le esigenze dei controlli, cioè con la necessità di verificare il corretto adempimento degli obblighi tributari formali e sostanziali.

A prescindere dalle concrete modalità attuative della fatturazione – archiviazione – conservazione elettronica, si osserva che questa dovrebbe consentire all’amministrazione finanziaria la disponibilità immediata di tutte le operazioni tracciate compiute dal soggetto IVA. Ciò che rimane fuori, chiaramente, è l’area del “nero” vero e proprio, che però nel presente contesto dei rapporti economici appare confinata in un segmento residuale.

Sembra quindi che attraverso la fatturazione elettronica, ma anche attraverso i nuovi e contestati obblighi e regimi opzionali di trasmissione dei dati delle operazioni e delle liquidazioni, si vogliano evitare i classici (e altrettanto contestati) sistemi di controllo invasivi e presuntivi, per recuperare analiticità e per alleviare i contribuenti.

Ai fini della trasmissione e gestione delle fatture elettroniche è reso disponibile un portale con accesso tramite accredito dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. L’utilizzo di questo sistema, attivo dall’1 gennaio 2017, è opzionale per la generalità dei contribuenti.

La conservazione dei documenti

Il processo di conservazione differisce da quello di archiviazione sia dal punto di vista tecnico sia per le garanzie, civilistiche e tributarie, che offre. La conservazione consente la tenuta nel tempo dei documenti e delle scritture contabili, circostanza essenziale a fini probatori, di opponibilità ai terzi e ai fini del controllo.

Alla conservazione elettronica (che riguarda la documentazione fiscale, fatture comprese, “nata” in forma elettronica) si affianca la possibilità di fare ricorso alla conservazione sostitutiva dei documenti fiscalmente rilevanti.

In sostanza, la conservazione sostitutiva consente di equiparare i documenti cartacei a quelli informatici, eliminando il supporto cartaceo. Questo viene sostituito con l’equivalente documento in formato digitale, cui sono apposte la firma digitale e la marca temporale per garantirne nel tempo la validità legale.

Le fatture create in formato elettronico devono essere conservate elettronicamente, mentre quelle cartacee possono essere conservate in tale forma. Il luogo di conservazione elettronica delle stesse, nonché dei registri e degli altri documenti, può essere situato in un altro Stato, a condizione che con lo stesso esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza. Il soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato assicura, per finalità di controllo, l’accesso automatizzato all’archivio e che tutti i documenti ed i dati in esso contenuti, compresi quelli che garantiscono l’autenticità e l’integrità delle fatture, siano stampabili e trasferibili su altro supporto informatico.

L’accesso all’archivio, con la presenza fisica di personale dell’amministrazione finanziaria (verificatori), potrebbe rivelarsi a questo punto inutile, dato che nel nuovo contesto normativo e procedurale l’Agenzia delle Entrate dispone già dei dati di tutte le operazioni attive e passive rilevanti per IVA, imposte sui redditi e Irap.

Le trasmissioni dei dati

Al di là della fatturazione elettronica, che interessa solo una minoranza di imprese e lavoratori autonomi, e che rimane per ora obbligatoria solo nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, la grande platea dei contribuenti soggetti IVA è interessata dalla trasmissione dei dati delle operazioni, che nella sostanza equivale alla “consegna” all’Agenzia delle Entrate di una mappa sinottica e cronologica di tutte le attività tracciate del soggetto.

In buona sostanza: con le trasmissioni dei dati delle fatture emesse e ricevute, in fondo, al di là dell’eventuale tenuta delle scritture fiscalmente rilevanti con sistemi informatici / elettronici, l’amministrazione dispone di una fonte inesauribile di informazioni sulla gestione. In sostanza può farsi da sé il bilancio del soggetto.

È anche evidente che la stessa convergenza delle imprese verso forme di tenuta della contabilità automatizzate, affidate ai software gestionali, che effettuano la quadratura dei dati, rende difficili i tradizionali comportamenti evasivi. In ogni caso, la possibilità di eventuali contestazioni da parte del fisco si sposta più sul terreno dei processi che su quello delle “infedeltà”. È più difficile evadere e molto più facile, anzi, “automatico”, effettuare un riscontro tra due dati che appaiono incongrui, favorendo il ricorso al ravvedimento operoso in caso di non conformità.

Si ricorda che le comunicazioni previste sono di due tipi:

  1. la comunicazione obbligatoria dei dati delle fatture (c.d. spesometro, D.L. 22.10.2016, n. 193, convertito con modificazioni della L. 1° dicembre 2016, n. 225);

  2. la comunicazione facoltativa dei dati delle fatture (D.Lgs. 5.8.2015, n. 127).

L’opzione (2) per il regime facoltativo (che copre un quinquennio e si rinnova automaticamente alla scadenza) consente di fruire di alcuni benefici in relazione ai controlli (rimborsi IVA in via prioritaria; accorciamento dei termini per poter procedere ad accertamento)1.

In relazione al regime facoltativo, i dati devono essere trasmessi a regime entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre (30 maggio; 16 settembre; 30 novembre; 28 febbraio); la comunicazione relativa all’ultimo trimestre è effettuata entro l’ultimo giorno del mese di febbraio dell’anno successivo.

I termini di trasmissione sono i medesimi sia per il regime obbligatorio che per quello opzionale; per il primo anno di applicazione è stata tuttavia prevista l’unificazione dei termini, prevedendo due soli invii semestrali, rispettivamente entro il 16 (18) settembre 2017 e il 28 febbraio 2018.

I controlli incrociati

I dati trasmessi dai contribuenti sono utilizzabili dall’Agenzia ai fini dei controlli incrociati, e le informazioni acquisite sono rese disponibili per i soggetti che hanno esercitato l’opzione, accedendo allo specifico servizio web dedicato sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

Se da tali controlli emergono elementi rilevanti, l’Agenzia è tenuta a informare i contribuenti dell’esito in via telematica, senza che vengano meno gli ordinari poteri di accertamento.

In sostanza:

  • l’Agenzia delle Entrate confronta i dati delle fatture emesse e ricevute e delle liquidazioni con quelli dei versamenti, informando delle eventuali incongruenze i contribuenti interessati, che potranno fornire chiarimenti oppure versare il dovuto utilizzando il ravvedimento operoso;

  • la stessa Agenzia può effettuare sulla base dei dati acquisiti controlli incrociati con le informazioni che le pervengono da altre pubbliche amministrazioni o da altre fonti.

È anche chiaro che tutto ciò che viene acquisito secondo le nuove procedure (flussi di fatture elettroniche; dati trasmessi relativi a fatture non elettroniche attive e passive) costituisce degli elementi rilevanti ai fini dei controlli e può essere integrato negli accertamenti dell’amministrazione finanziaria (senza mai negare il rispetto del contraddittorio con il contribuente, secondo l’indirizzo espresso dalla circolare di programmazione dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E del 2016).

attivare la più onerosa e punitiva procedura di accertamento.

Indirizzi sui controlli

L’Agenzia delle Entrate si rende pienamente conto di dover operare in un sistema profondamente differente rispetto al classico scenario che contrappone l’ente accertatore e i “potenziali evasori”.

Nell’universo del fisco digitale (in cui si dispone sia delle fatture elettroniche che dei dati delle operazioni fatturate e registrate in cartaceo, si tratta infatti sempre più di incentivare, per così dire, i contribuenti a non distrarsi. Ciò che un tempo insomma era dominio esclusivo dei poteri di accertamento tende a spostarsi in prossimità della liquidazione e del controllo formale, alla stregua delle violazioni più semplici da riscontrare. Tale riorientamento consiste in sostanza nell’anticipare il momento del controllo, riducendone l’incertezza e il peso ma aumentandone le probabilità (anzi, a questo punto il controllo sembra fondersi con l’attività di liquidazione, operando direttamente a seguito della dichiarazione inoltrata dal contribuente).

Al riguardo è opportuno vedere cosa dice la circolare di programmazione dell’Agenzia delle Entrate (l’ultima disponibile o la circolare n. 16/E del 28.4.2016).

Ad una precisa strategia di contrasto alle frodi ed alle forme di evasione più gravi deve affiancarsi la consapevolezza che nei rapporti fisco-contribuente è necessario un cambio di passo. È importante, infatti, che i cittadini percepiscano la correttezza e la proporzionalità dell’azione.

È fondamentale procedere con specifiche analisi di rischio, attuate attraverso un uso appropriato delle banche dati e delle applicazioni di ausilio a disposizione, poiché ciò, oltre a garantire controlli efficaci, determina anche una minore invasività dell’azione, grazie ai riscontri effettuabili attraverso l’incrocio dei dati.

Il patrimonio informativo dell’Agenzia è sicuramente ampio, strutturato, in larga parte aggiornato alle ultime informazioni disponibili ed idoneo a garantire il perseguimento della sua missione istituzionale.

In linea con le indicazioni dell’OCSE di rivedere le relazioni tra l’Amministrazione fiscale e i contribuenti, la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha introdotto alcune disposizioni, contenute nell’art. 1, commi 634 e seguenti, che consentono all’Agenzia, anche mediante l’utilizzo di nuove tecnologie e strumenti telematici, di mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, gli elementi e le informazioni di cui è in possesso e che lo riguardano, al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.

La disponibilità di tali informazioni, oltre a garantire maggiore trasparenza e correttezza, rappresenta per il contribuente uno strumento di ausilio nella fase della predisposizione della dichiarazione o, nel caso in cui sia stata già presentata, consente di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni mediante l’istituto del ravvedimento operoso, novellato dalle disposizioni in argomento.

Nel corso del 2015 è stata avviata una fase di sperimentazione del processo sin qui descritto mediante l’invio – via PEC o per posta ordinaria in casi residuali – di più di 275 mila comunicazioni derivanti da differenti tipologie di anomalie emerse da elaborazioni dei dati dichiarativi presenti a sistema. Per l’anno in corso si proseguirà con il processo avviato nel 2015, consolidandolo a livello organizzativo anche attraverso la messa a disposizione di una specifica procedura d’ausilio per gestire il processo di comunicazione, informazione, assistenza nei confronti dei contribuenti destinatari delle comunicazioni centralizzate. La medesima procedura consentirà, inoltre, il monitoraggio e la consuntivazione delle attività conseguenti all’invio di nuove comunicazioni e, nel suo processo evolutivo, si integrerà nel workflow delle procedure di accertamento”.

Anche riguardo all’opzione di cui al D.Lgs. n. 127/2015, che come si è visto prevede anche la predisposizione del portale per la fatturazione elettronica, l’Agenzia fa presente che la revisione degli obblighi di comunicazione dei dati IVA e gli strumenti gratuiti di ausilio messi a disposizione dall’Agenzia hanno la finalità di instaurare un nuovo rapporto con i contribuenti IVA, agevolando la trasparenza e l’adempimento. Insomma: il momento del controllo (in cui il contribuente cede qualcosa, ossia la sua privacy fiscale, divenendo trasparente nei confronti dell’amministrazione) viene recuperato in termini di minor invasività e maggior compliance (meno opposizioni, meno sanzioni, disincentivo al ricorso).

La verifica diventa inutile?

Nella prospettiva di un fisco controllore 2.0, una grande quantità di dati (forse persino sovrabbondanti) è già presente in anagrafe tributaria. In presenza di incongruità e di segnali di possibile comportamento “non conforme” alla luce di tali dati, i contribuenti potranno essere destinatari di comunicazioni simil “avviso bonario”, finalizzate alla regolarizzazione attraverso ravvedimento operoso e dichiarazione integrativa.

Insomma: ciò che un tempo era scontro, vertenza sul merito, dopo un controllo successivo anche duro, in un’ottica litigiosa, dovrebbe trasformarsi in dialogo, dimostrazione, contraddittorio. Il faro di tale riorientamento dell’attività dell’amministrazione: dare ai contribuenti la possibilità di correggere ex post la situazione dichiarata, con sanzioni molto moderate, e usare modalità più pesanti solamente se il comportamento è progettato, deliberato, inteso a evadere e a fornire al fisco una falsa rappresentazione, ostacolandone l’attività.

Ciò detto per quanto attiene in generale alle procedure intese a evitare lo scontro tramite una sorta di “contraddittorio anticipato” fondato sulla condivisione delle informazioni tra contribuenti e amministrazione, occorre comunque verificare cosa accade in seno al controllo sostanziale, che potrà eventualmente arrestarsi prima di pervenire all’accertamento vero e proprio per effetto di ravvedimento operoso / dichiarazione integrativa.

La verifica fiscale digitale richiede particolari cautele e competenze, alla luce della necessità di salvaguardare la riservatezza, nonché – per le informazioni di interesse ai fini del controllo – il segreto d’ufficio. È infatti evidente che “secretare” un file digitale è cosa diversa rispetto dall’apporre un sigillo a una busta, e che l’imperizia dell’operatore in materia informatica potrebbe consentire l’alterazione, la dispersione o la diffusione dei dati.

Occorre anche considerare che l’amministrazione dispone di nuclei specializzati, dotati delle necessarie competenze tecniche, e che le relative modalità operative hanno subito una notevole evoluzione negli ultimi anni (parallelamente all’estendersi delle comunicazioni a mezzo PEC e all’implementazione della “anagrafe dei conti”, che ha facilitato i controlli bancari/finanziari).

La difficoltà a nascondere

Qualsiasi informazione presente sui server e sui dischi fissi dei pc, ovvero su unità rimovibili (CD, DVD, unità di memoria supplementari collegate tramite porte USB), può essere oggetto di acquisizione da parte dei verificatori. Con l’avvertenza che lo stesso reperimento del materiale rilevante può essere arduo, data la facile e immediata riproducibilità e occultamento dei contenuti fiscalmente “imbarazzanti”.

Nell’ottica di un’organizzazione delle operazioni di accesso, verifica e ispezione che (sulla scorta dei principi dello Statuto del contribuente) deve fornire alle parti private idonee garanzie, giungendo sino a prevedere la preventiva informazione ai soggetti verificati, la prova documentale del comportamento “evasivo” potrebbe quindi risultare di difficile reperimento.

Tale prospettazione è sicuramente vera per quanto riguarda i files contenenti la rappresentazione di un’eventuale contabilità parallela. Nel caso, però, delle fatture elettroniche, è evidente che l’immodificabilità del documento digitale e la sicurezza dei riferimenti in esso contenuti ne rende difficile, se non impossibile, l’occultamento. Analoghe considerazioni devono farsi, si ritiene, se tutti i dati delle fatture cartacee emesse e ricevute sono stati già acquisiti dal fisco in esecuzione dei nuovi obblighi previsti, decorrenti dal 2017.

È certo che l’occultamento la modificazione delle fatture informatiche potrebbe avvenire, in un contesto fraudolento, e certamente sanzionabile penalmente ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, a opera di soggetti dotati di specifiche professionalità e attitudini in campo informatico; va comunque evidenziato che l’utilizzo illecito dei documenti fiscali obbligatori è più arduo, e non più facile, se detti documenti sono gestiti e archiviati informaticamente.

La contabilità parallela e le altre prove dei comportamenti evasivi e/o fraudolenti possono essere gestire in un pc portatile privato, o anche in un tablet o in uno smartphone (senza alcun collegamento con i server aziendali), e prontamente salvati su unità di memoria esterne, con l’immediata eliminazione dei files originali.

In caso di tracce informatiche presenti sull’hard disk, poi, tutto può essere agevolmente eliminato e reso difficilmente recuperabile attraverso i software che utilizzano la sovrascrittura del disco fisso.

Per quanto poi riguarda la posta elettronica, fonte di possibili prove dell’evasione o della frode, può essere tranquillamente utilizzata una casella di posta elettronica privata attraverso internet, senza interessare la posta aziendale, resa leggibile attraverso il programma ordinariamente utilizzato (né, a maggior ragione, la casella PEC, che verrebbe impiegata solo per le comunicazioni ufficiali).

Trattandosi di posta privata, anche se i verificatori riuscissero a riscontrarne l’utilizzo, si porrebbero i vari problemi relativi all’incisione di un diritto costituzionalmente garantito, come quello alla riservatezza e all’integrità della corrispondenza.

Le garanzie

In un contesto in cui il fisco ha l’immediata disponibilità dei dati o addirittura delle fatture e delle scritture contabili, nonché dei conti e dei rapporti bancari e finanziari, la verifica tradizionale si trasforma in un’indagine “a tavolino”. A tale riguardo occorre far comunque valere le possibilità di partecipazione del contribuente a un contraddittorio formale, dato che, allo stato, l’art. 12 dello Statuto del contribuente sembra tutelare le sole verifiche in loco.

La questione è stata sottoposta alla Corte Costituzionale dalla CTR di Firenze (ordinanza 18.1.2016, n. 736/1/16), che ha segnalato la difformità dei seguenti orientamenti della Corte di Cassazione:

  • sentenze n. 19667/2014 e n. 19668/2014: favorevoli a un vero e proprio principio generale del contraddittorio, come espressione dell’inalienabile diritto di difesa del cittadino garantito dall’art. 24 Cost., nonché del principio di buon andamento della PA;

  • sentenza delle SS.UU. della Cassazione n. 18184 del 2013: ha precisato che il diritto al contraddittorio endoprocedimentale è previsto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, solo con riguardo agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove viene esercitata l’attività imprenditoriale o professionale2.

In particolare, la CTR ha posto il seguente quesito: sussiste nel nostro ordinamento un generale obbligo per l’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio con il contribuente prima di emettere un accertamento ovvero tale obbligo sorge solo ove previsto da specifiche disposizioni di legge? E dunque l’art. 12, c. 7, si applica solo per le verifiche in loco (così come parrebbe dal dettato letterale della norma) ovvero in generale a tutte le tipologie di controllo sostanziale, anche a tavolino?

Alla CTR di Firenze si è unita in seguito anche la CTP di Siracusa con l’ordinanza n. 235 del 17.6.2016, nella quale era osservato che le norme tributarie sull’accertamento, nonché l’art. 12 dello Statuto del contribuente, contrastano con l’art. 117, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali, quale l’obbligo assunto con l’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Infatti, secondo quanto argomenta la CTP, l’assenza di contraddittorio nella fase immediatamente precedente all’adozione dell’avviso di accertamento viola sia l’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla CEDU, per l’irragionevole compressione dei beni privati al di fuori del canone di proporzionalità, sia l’art. 6 della stessa CEDU, “ attesa la compromissione della posizione del contribuente non solo nell’ambito del procedimento ma anche nella successiva fase processuale e/o determinandosi (posticipando il contraddittorio nella fase processuale) un irragionevole ampliamento dei tempi di durata del processo”.

Per quello che a questo punto è possibile aggiungere, alla luce di quanto detto sopra, se la fase del controllo sostanziale si sposterà sempre più verso modalità non fisiche di accesso, ossia su portali e linee di lavoro accessibili dall’ufficio, è evidente che la garanzia del contraddittorio pre-accertamento dovrebbe comunque assistere i contribuenti, consentendo loro di fornire ogni dimostrazione a supporto della correttezza dei comportamenti adottati.

Qualche considerazione

La disciplina dei controlli, in relazione alle ispezioni documentali, subisce un rilevante mutamento per effetto del pieno riconoscimento della modalità informatica di tenuta della documentazione fiscale.

In particolare, l’articolo 52, c- 4, del D.P.R. n. 633/1972, stabilisce che: “l’ispezione documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie, che si trovano nei locali in cui l’accesso viene eseguito, o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature informatiche installate in detti locali.

L’accessibilità dei documenti di interesse ai fini dell’ispezione deve chiaramente essere assicurata dagli amministratori dell’impresa controllata, ovvero dal titolare dello studio professionale, nonché dai depositari delle scritture, e a tale proposito i verificatori devono tener conto della possibilità di comportamenti elusivi od omissivi da parte di tali soggetti, i quali (attraverso espedienti tecnico – informatici) potrebbero garantire un accesso solo parziale ai dati richiesti.

Le disposizioni richiamate, inserite nel decreto IVA, trovano applicazione ai fini dei controlli anche nel settore delle imposte sui redditi in forza del rinvio operato dall’art. 33, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973.

Le nuove modalità di verifica e controllo digitale, in presenza di fatturazione elettronica e/o conservazione digitale / sostitutiva dei documenti, nonché in relazione alle novità in materia di trasmissione dei dati delle operazioni effettuate dai soggetti IVA:

  • facilitano i controlli del fisco;

  • facilitano la gestione contabile / fiscale e i rapporti con l’amministrazione;

  • sfavoriscono in linea di principio i controlli ispettivi tradizionali in loco;

  • accelerano i controlli e li rendono più sicuri e automatici;

  • (in linea di principio) dovrebbero creare un quadro di rapporti trasparenti e precisi in cui l’evasione fiscale vera e propria è residuale e il dialogo (contraddittorio) è sempre garantito.

Per poter dar corso alla “verifica elettronica”, l’archivio digitale delle fatture elettroniche, dotate dei requisiti tecnico–formali sopra evidenziati (immodificabilità; sicura provenienza; riferimento temporale), deve essere reso accessibile ai verificatori. Nel contesto della nuova fatturazione elettronica e dei nuovi obblighi di trasmissione dei dati, però, tale accessibilità sarà diretta. Ciò significa che la fase dell’accesso sarà di fatto assorbita da una nuova procedura, che precede l’analisi diretta dei documenti fiscalmente rilevanti, la comunicazione ai contribuenti e l’eventuale ravvedimento se questi ultimi riterranno di regolarizzarsi con la riduzione delle sanzioni (e la rinuncia a un’eventuale lite fiscale).

11 maggio 2017

Fabio Carrirolo

1 Il termine per l’esercizio dell’opzione relativa al quinquennio 2017 – 2022 scadeva il 31.3.2017 (provvedimento direttoriale 1 dicembre 2016).

2 Tale orientamento è stato in seguito confermato dall’ordinanza della Corte di Cassazione depositata il 17.3.2016, n. 5362.