Crisi di impresa e procedura di allerta interna: il ruolo degli indicatori di bilancio

lo strumento del bilancio deve essere utilizzato anche per analizzare l’andamento della gestione aziendale e verificare i principali indicatori di crisi: tale tipo di attività è fondamentale per gestire e prevenire le crisi d’impresa prima che sfocino nel fallimento

20171. Premessa

Con l’approvazione da parte della Camera del disegno di legge n. 3671 bis, che delega il Governo ad operare un’ampia riforma della disciplina della crisi di impresa (“Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”), si avvia verso la definizione e la concretizzazione della riforma organica delle procedure concorsuali e della disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento. L’intento è quello di limitare i casi di fallimento (la parola “fallimento” è destinata, anzi, a scomparire del tutto), in un’ottica di risanamento della vita aziendale.

Uno degli elementi principali intorno ai quali ruota il disegno di legge è rappresentato, infatti, dalla tutela della continuità aziendale. Il nuovo disegno di legge tenta, in sostanza, di continuare il percorso già delineato dai processi di riforma degli scorsi anni che, con l’obiettivo di inquadrare le procedure fallimentari in un’ottica di continuità aziendale e non di liquidazione. In tale prospettiva, assumono un rilievo fondamentale gli strumenti di “allerta della crisi che, se correttamente e tempestivamente utilizzati, possono contribuire a far emergere con maggiore anticipo eventuali segnali della crisi e, dunque, possono essere validi per ricercare soluzioni alternative alla liquidazione aziendale.

2. Fase preventiva di allerta della crisi

Il disegno di legge già approvato dalla Camera introduce e dà rilievo alla “fase preventiva di allerta” della crisi, intesa come momento di crisi e di difficoltà aziendale che, tuttavia, può essere ancora superato se tempestivamente affrontato. Il disegno di riforma, in particolare, ipotizza la “lettura” di specifici indicatori di allerta al cui verificarsi l’organo di controllo e il revisore legale debbono avvisare con immediatezza l’organo amministrativo e, in caso di omessa o inadeguata risposta, informare tempestivamente l’organismo di composizione della crisi.

Come chiaramente espresso dall’art. 2 del DDL approvato (lettera c), mentre in passato era stata data una maggiore enfasi all’aspetto “giuridico” al fine di rilevare la sussistenza di uno stato di insolvenza, il nuovo processo di riforma dà rilevanza alle “elaborazioni della scienza aziendalistica”.

L’analisi di bilancio può proficuamente essere utilizzata come strumento di diagnosi della crisi aziendale: in tal caso essa può fornire un valido ausilio ad analisti esterni ed interni al fine di prevenire situazioni di crisi.

D’altra parte, occorre considerare che gli indici di equilibrio finanziario e patrimoniale sono ampiamente utilizzati dagli operatori finanziari e, in particolare, dagli istituti di credito al fine di valutare il merito creditizio e il rischio finanziario dell’impresa. La riclassificazione del bilancio costituisce e fornisce, già di per sé, una visione “reale” della situazione aziendale.

Per l’individuazione di situazioni di crisi è opportuno costruire opportuni parametri ed indici funzionali ad una immediata rilevazione dei rischi economici e finanziari che l’impresa potrebbe correre nell’immediato futuro. Affinché il sistema degli indici sia funzionale ad una corretta attività di “diagnosi” è necessario che esso sia completo e sempre aggiornato nel tempo. Difatti, la valutazione della “performance aziendale” tende ad essere fondata sempre più sulla variazione subita dal valore degli indicatori aziendali in un determinato periodo di tempo, piuttosto che sull’analisi dei risultati di bilancio di un singolo periodo.

In particolare, l’analisi del bilancio per indici è una lettura o, meglio, una interpretazione dei dati contenuti nel bilancio dell’impresa. La finalità della costruzione e della utilizzazione degli indicatori è quella di inserirli in un modello per la rilevazione delle performance economico-aziendali delle imprese.

3. La crisi di impresa e l’insolvenza “sanabile

Il segnale esterno più evidente di una crisi di impresa è rappresentato dal sorgere di uno stato di insolvenza, ossia dell’incapacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni finanziari.

I due concetti, quello di “crisi” dell’impresa e quello di “insolvenza”, sebbene connessi, sono due temi del tutto autonomi: la crisi anticipa l’insolvenza, ma non necessariamente un momento di crisi dell’impresa deve evolvere verso uno stato di insolvenza.

Già il CNDCEC, nelle Linee Guida del 2015, suggeriva l’utilizzo di dati contabili per diagnosticare uno stato di crisi. Il DDL approvato dalla Camera, riprende tale suggerimento, specificando, in particolare, che allo scopo di valutare la solvibilità di un’azienda può essere utile effettuare analisi in merito ai seguenti elementi:

  • analisi circa la liquidità aziendale, ossia la capacità di conseguire lo “equilibrio finanziario”;

  • analisi sulla solidità patrimoniale, ossia circa la capacità della struttura delle fonti rispetto agli impieghi.

Nel trattare di “elementi” in grado di “allertare” l’imprenditore circa la sussistenza di elementi di insolvenza, il disegno di legge fa un espresso richiamo ad indicatori di natura finanziaria, considerando il particolare:

  • il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri;

  • l’indice di rotazione dei crediti;

  • l’indice di rotazione del magazzino;

  • l’indice di liquidità.

Rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri (leva finanziaria)

Tale indice rappresenta il grado di indebitamento aziendale e come esso si lega alla redditività.

Esso consente di definire quante volte il capitale di terzi è superiore rispetto ai mezzi propri. Difatti, poiché esso è uguale al rapporto tra MEZZI DI TERZI e MEZZI PROPRI, più elevato è tale indice, maggiore sarà la dipendenza dell’azienda da terzi finanziatori e, dunque, maggiore sarà il rischio cui essa si trova esposta.

Mezzi di terzi/Mezzi propri

Analisi

Indice = 0

Indebitamento nullo

Indice compreso tra 0,5 e 0,8

Struttura finanziaria ancora favorevole

Indice compreso tra 0,8 e 2

Struttura finanziaria con squilibri da mantenere

Indice > 2

Struttura finanziaria con squilibrio

Ovviamente, l’indebitamento non va letto solo in termini negativi: difatti la finanza aziendale ci insegna come, in determinate situazioni (in particolare quando il ROI di un investimento è maggiore del costo dell’investimento stesso), l’aumento dell’indebitamento può determinare effetti positivi sulla redditività dell’azienda (ROE) (effetto leva positivo). Pertanto, una impresa che gode di buona redditività ha convenienza ad indebitarsi, sino però al limite oltre il quale si espone al rischio di dipendenza da terzi. Anche sulla base di tali semplici considerazioni, appare inopportuno proporre tale indicatore come “indicatore di insolvenza”: ciò in quanto esistono ulteriori elementi con i quali esso deve essere letto ed analizzato.

Indice di rotazione dei crediti

Tale indicatore esprime la velocità di rinnovo dei crediti per effetto delle vendite (è dato, infatti, dal rapporto tra il valore medio dei crediti e le vendite).

L’analisi di tale indicatore va ad integrare l’analisi sulla liquidità con informazioni circa la dinamica di incassi e pagamenti riconducibili al ciclo operativo corrente.

Indice di rotazione del magazzino

Esprime il numero di volte in cui il magazzino si rinnova in un arco temporale, consentendo all’impresa di recuperare quanto investito attraverso lo smobilizzo delle scorte. Un’elevata rotazione degli stock di magazzino indica che le scorte nel corso dell’anno sono rimaste in magazzino per un periodo limitato: l’impresa è così riuscita a recuperare rapidamente i mezzi finanziari impiegati per l’acquisto.

Al contrario, una lenta rotazione è segnale di un rallentamento delle vendite: le risorse investite sono rimaste immobilizzate per un lungo periodo, creando condizioni di tensione finanziaria.

Indice di liquidità

Lo squilibrio finanziario è, senza dubbio, generatore di perdite economiche69. e che in sintesi la crisi da squilibrio finanziario/patrimoniale, è caratterizzata:

  • dalla grave carenza di mezzi propri (a titolo di capitale) e corrispondente netta prevalenza di mezzi a titolo di debito;

  • dalla netta prevalenza di debiti a breve termine rispetto alle altre categorie di indebitamento e squilibri tra investimenti duraturi e mezzi finanziari stabilmente disponibili;

  • dalla insufficienza o inesistenza di riserve di liquidità.

L’elemento spesso caratterizzante della crisi di natura finanziaria è una struttura del passivo eccessivamente incentrata sul debito (una parte rilevante dei flussi di cassa prodotti dalla gestione deve essere destinata al servizio del debito): problemi di liquidità e di rifinanziamento. Un altro elemento caratterizzante la crisi di natura finanziaria è l’incoerenza, ossia la diversa cadenza temporale tra esigibilità del passivo e liquidità dell’attivo patrimoniale.

4. Sistema premiale ed esito negativo della fase di allerta

La fase di allerta può, ovviamente, concludersi anche in senso negativo, laddove non vi siano elementi in grado di “risollevare” le sorti dell’impresa. Tuttavia, se l’imprenditore è stato particolarmente “diligente” e soprattutto abbia mostrato una certa “responsabilità” nell’attivare prontamente gli strumenti di allerta della crisi, può avvantaggiarsi di particolari sistemi c.d. “premianti”. Difatti, il disegno di legge prevede in tali casi la possibilità di avvantaggiarsi di specifiche misure premiali (come ad esempio la non punibilità dei delitti fallimentari, la riduzione delle sanzioni per i debiti fiscali, ecc.).

Inoltre, ulteriore elemento “positivo” per l’imprenditore in difficoltà sta nel fatto che il ddl prevede la scomparsa della parola “fallimento”: per il futuro si parlerà piuttosto di “liquidazione giudiziale”.

5. Criticità

Può essere questo un modello valido per una corretta e tempestiva “allerta” di una situazione di crisi? Naturalmente tutto dipende dalla qualità dei bilanci: tanto più il bilancio esprime un quadro fedele della situazione aziendale, tanto più i risultati derivanti dall’analisi saranno significativi. La sfida è proprio quella della trasparenza dei bilanci.

In ogni caso, l’esclusivo riferimento a dati contabili storici o a ratio per valutare gli equilibri finanziari di un’impresa. In particolare:

  • il semplice ricorso a valori contabili “storici” o a “ratio” può, in sede di valutazione, essere insufficiente, poiché non consente di effettuare delle valutazioni circa le aspettative di evoluzione futura dell’azienda;

  • l’esclusivo ricorso ad indicatori può fornire un quadro non veritiero, tenuto conto delle diversità che caratterizzano i diversi settori in cui le aziende operano, nonché delle peculiarità del sistema economico-sociale;

  • infine, come evidenziato anche dal CNDCEC (2015) l’introduzione di simili indicatori potrebbe favorire politiche di bilancio, estremamente pericolose per i soggetti a vario titolo coinvolti nell’attività aziendale, in grado di favorire quelle che sono definite politiche di “financial leverage manipulation”.

15 maggio 2017

Antonella Benedetto