Contrasto al caporalato: un problema di tutti

Un elemento retributivo contrattuale sistematicamente non erogato, magari per errore, costituisce indice di sfruttamento?
Un errato inquadramento espone il datore di lavoro al rischio?
Il lavoro straordinario retribuito in maniera “impropria” come si colloca?

slavery2Quando sentiamo parlare di caporalato, si riporta alla mente il mondo agricolo, quello dei braccianti, per il quale spesso la cronaca riporta notizie di sfruttamento del lavoro.

È proprio qui che si commette il primo grande errore, sottovalutando e circoscrivendo il fenomeno ad una determinata realtà territoriale e rurale.

Il legislatore, nel riscrivere la disciplina della lotta al caporalato e allo sfruttamento del lavoro, con la L. n. 199/2016, ha enucleato dei principi applicabili a tutti i datori di lavoro, la cui potenza di fuoco e il cui raggio d’azione sono tutt’altro che trascurabili e circoscritti.

Il citato intervento legislativo ha riscritto l’articolo 603 bis del Codice penale, delineando in maniera netta due diverse fattispecie di violazione: l’intermediazione illecita e lo sfruttamento dei lavoratori, ascrivibili al “caporale” e al datore di lavoro.

Si configura il reato di intermediazione illecita qualora il soggetto:

recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

utilizzi, assuma o impieghi manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

Salvo che i predetti fatti costituiscano più grave reato, si ha la reclusione da uno a sei anni e una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato; se i fatti sono stati commessi mediante violenza o minaccia, si applicherà la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Infine, ci sono le aggravanti specifiche, che comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:

  • il fatto che il numero dei lavoratori reclutati sia superiore a tre;

  • il reclutamento di minori in età non lavorativa;

  • l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.

La situazione avanti descritta costituisce un’ipotesi tutt’altro che remota se consideriamo che sono molti i datori di lavoro che, quotidianamente, ricevono proposte “pubblicitarie” che promettono forti risparmi sul costo del lavoro, attraverso il ricorso alla fornitura di manodopera.

I professionisti sono spesso impegnati nel segnalare alle aziende che dietro queste promesse di risparmio potrebbero celarsi violazioni della normativa vigente in materia retributiva e contributiva, le cui conseguenze possono ricadere proprio sul datore di lavoro.

Ed è qui che entra in gioco la seconda fattispecie delittuosa, quella direttamente ascrivibile al datore di lavoro, lo sfruttamento, che si configura in presenza anche di una sola delle seguenti condizioni:

  1. la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

  2. la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;

  3. la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

  4. la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Concentriamoci attentamente su quanto previsto dai punti 1 e 2. Cosa significano queste asserzioni? Ad esempio:

  • Un elemento retributivo contrattuale sistematicamente non erogato, magari per errore, costituisce indice di sfruttamento?

  • Un errato inquadramento espone il datore di lavoro al rischio?

  • Il lavoro straordinario retribuito in maniera “impropria” come si colloca?

E che dire delle violazioni in materia di orario di lavoro e riposi: qual è la sottile linea rossa tra la fattispecie che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa comminata dagli organi ispettivi e una più grave conseguenza di rilevanza penale?

Vi è un’ultima conseguenza da tenere a mente: vi è infatti la possibilità che l’impresa venga sequestrata o sottoposta a controllo giudiziario in caso di utilizzo, assunzione o impiego di manodopera a condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori.

Gli interrogativi sono davvero molti e le conseguenze assolutamente dirompenti, pertanto l’attenzione delle imprese e dei professionisti deve essere massima.

13 maggio 2017

Sandra Paserio e Giuglia Vignati