Rottamazione delle cartelle e obbligo di rinuncia al contenzioso: linee guida per il difensore tributario

uno dei punti oscuri sella rottamazione è come arrivare alla rinuncia al contenzioso eventualmente in corso: la posizione del Fisco equipara la rottamazione ad un condono con cessazione della materia del contendere e compensazione delle spese, ma non tutto è semplice come sembra

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Come più volte evidenziato dagli addetti ai lavori la definizione agevolata di cui all’art. 6, Decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225 dell’01/12/2016 (in G.U. n. 282 del 02/12/2016 – S.O. n. 53 ed entrata in vigore il 03/12/2016) non nasce come strumento deflattivo del contenzioso1.

L’istituto era stato forse pensato per le posizioni “definite”, il Decreto Legge nella sua formulazione originaria non comprendeva l’anno 2016.

Al comma 2, del citato articolo, si legge “Ai fini della definizione di cui al comma 1, il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di avvalersene, rendendo, entro il 21 aprile2 apposita dichiarazione, con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione pubblica sul proprio sito internet nel termine massimo di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; in tale dichiarazione il debitore indica altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 1, nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.”

Nell’ultimo periodo del comma 2 si trova l’unico riferimento espresso al contenzioso, sebbene sia una delle problematiche più complesse della procedura e che avrebbe necessitato di più attenzione.

La posizione di Equitalia

La modulistica di Equitalia sul punto riflette il dato normativo: tra le dichiarazioni che l’istante è chiamato a rendere vi è anche quella in cui “assume l’impegno a RINUNCIARE ai giudizi pendenti aventi a oggetto i carichi ai quali si riferisce questa dichiarazione”.

Equitalia negli incontri con i professionisti ha sin da subito affermato che essa va fatta innanzi all’Autorità Giudiziaria ove pende la vertenza, ed alla domanda in merito ai modi e termini affermò “In mancanza di diversa espressa indicazione del legislatore, dovrebbero applicarsi le regole generali del processo tributario ivi compresa quella di cui all’art. 44 dlgs 546/92. Ciò, naturalmente, salvo diversa valutazione dell’Organo giudicante”.

Nella medesima sede, in merito al momento in cui si producono gli effetti dell’impegno alla rinuncia si afferma che “La valutazione del momento dal quale si producono gli effetti dell’impegno alla rinuncia ai contenzioso non potrà che essere effettuata dall’Autorità Giudiziaria presso la quale è incardinato lo stesso contenzioso.”

Pertanto, in ossequio al dettato legislativo presentata la domanda di definizione agevolata si dovrebbe chiedere la rinuncia ai sensi dell’articolo 44 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dove l’ipotesi di condanna alle spese del rinunciate ovvero l’assenso della controparte istituzionale, non possono essere viste come un ostacolo, poiché il potere del Giudice in materia di liquidazione delle spese, nonché la “assenza” di un interesse a proseguire la vertenza in virtù della definizione agevolata che richiede espressamente la rinuncia al contenzioso (sebbene essa non sia una condizione di accesso alla definizione) possono sopperire ad esse.

La Giurisprudenza

In materia di rinuncia al contenzioso a seguito di definizione agevolata, si deve sottolineare che con l’Ordinanza del 3 marzo 2017, n. 5497 la Corte di Cassazione rilevato che “Il ricorrente, in data 16.12.2016, ha presentato dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, ex art. 6 del DL. n. 193/16, convertito nella legge n. 225/16 ed ha contestualmente dichiarato di non aver più interesse alla prosecuzione del giudizio, avendo le parti definito la causa nelle forme e secondo le modalità previste dal citato provvedimento legislativo; il ricorrente ha rinunciato, pertanto, agli atti del presente giudizio, chiedendo, quindi, la declaratoria di estinzione del medesimo, con compensazione integrale delle spese. Il Collegio, preso atto di quanto sopra, ritiene che sussistano le ragioni di compensazione di cui all’art. 92 c.p.c., essendo la rinuncia inerente alla procedura di dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, ex art. 6 del DL. n. 193/2016.

Dall’ordinanza si evince chiaramente che da un lato, che il deposito della domanda è in grado di “definire” il contenzioso pendente non essendo richiesto il perfezionamento della definizione agevolata e dall’altro, che è la semplice presentazione della domanda, portata a conoscenza del Giudice, che estingue il processo con la conseguente compensazione delle spese in base all’articolo 92 del Codice di procedura civile.

Recentemente, con l’Ordinanza n. 8377 del 31 marzo 2017, la Corte ha, tuttavia, proceduto in osservanza del principio della soccombenza virtuale alla condanna alle spese del ricorrente rinunciante, valutando i motivi di ricorso, al solo fine della quantificazione delle stesse.

Sul punto si deve ricordare che l’art. 391 c.p.c. espressamente prevede che “La condanna non è pronunciata se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale”, l’adesione, infatti, non è necessaria ai fini dell’estinzione del processo, tuttavia, essa produce un effetto favorevole per il rinunciante in quanto impedisce alla Corte di condannarlo al pagamento delle spese processuali.

Nel caso della definizione agevolata non vi sono motivi per cui l’Agenzia o l’avvocatura non dovrebbero aderire alla rinuncia del ricorrente, posto che le conseguenze del mancato perfezionamento della definizione sono normate.

Pertanto, lo schema processuale da seguire sarebbe quello dell’art. 44 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 sopra indicato.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate si è espressa la prima volta in tema di definizione agevolata nell’ambito di Telefisco, e la posizione ivi espressa è stata trasfusa nella C.M. 2/E del 8 marzo 2017.

Secondo il documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate “in riferimento al processo tributario, si ritiene che l’impegno a rinunciare in commento non corrisponda strettamente alla rinuncia al ricorso di cui all’art. 44 del d.lgs. n. 546 del 1992.42. Ciò che assume rilevanza sostanziale ed oggettiva è il perfezionamento della definizione agevolata mediante il tempestivo ed integrale versamento del complessivo importo dovuto. L’efficace definizione rileva negli eventuali giudizi in cui sono parti l’Agente della riscossione o l’Ufficio o entrambi, facendo cessare integralmente la materia del contendere, qualora il carico definito riguardi l’intera pretesa oggetto di controversia, ovvero superando gli effetti della pronuncia giurisdizionale eventualmente emessa. In sintesi, gli effetti che il perfezionamento della definizione agevolata produce di norma prevalgono sugli esiti degli eventuali giudizi… La cessazione della materia del contendere, come prevede il comma 3 dell’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, comporta che ‘Nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate’. Qualora il carico affidato all’Agente della riscossione non rechi l’intera pretesa tributaria persiste l’interesse alla decisione nel merito della lite”.

Secondo questa impostazione, la rottamazione non preclude la prosecuzione del giudizio poiché le parti potrebbero avere l’interesse a proseguire la controversia per la frazione della pretesa che non è stata definita, o meglio che l’Ordinamento non permette di definire, stante la riscossione frazionata in pendenza di giudizio ex art. 68 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Ai fini dell’estinzione del giudizio, inoltre, ciò che assume rilevanza sostanziale ed oggettiva è il perfezionamento della definizione agevolata mediante il tempestivo ed integrale versamento del complessivo importo dovuto; tesi questa smentita dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza citata dove il giudizio è stato estinto sulla base della sola presentazione dell’istanza posto che al momento della decisione non solo i termini per la presentazione della stessa non erano scaduti, ma nessuna rata non solo pagata, ma nemmeno quantificata.

Da ultimo, secondo la circolare l’impegno assunto dal contribuente corrisponde alla estinzione del giudizio per cessata della materia del contendere di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, e non alla rinuncia ex art. 44 del medesimo decreto. Questa interpretazione non è, in realtà, supportata dal dato normativo, per molti versi lo travalica, ed ha come presupposto il voler forzatamente considerare il linguaggio normativo come atecnico a beneficio di un’interpretazione di parte.

Secondo l’impostazione seguita dall’Agenzia quindi all’istanza di definizione agevolata dovrebbe seguire i presupposti sopra indicati con la “conseguente” richiesta di cessazione della materia del contendere.

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Spunti operativi per il difensore

Da quanto sopra esposto, appare evidente come la mancata presa di posizione del Legislatore sulle implicazioni tra contenzioso e definizione agevolata si riflette su un piano operativo.

La via indicata nell’Ordinanza del 3 marzo 2017, n. 5497, la più aderente al dato normativo, non si dubita verrà percorsa nelle vertenze pendenti innanzi alla Cassazione, ma molteplici sono i dubbi su come agiranno le Commissioni di Merito, dove l’Agenzia come parte processuale tende “a voler imporre” l’applicazione delle circolari.

In ogni caso, il difensore prima di procedere all’abbandono del processo deve, anche per correttezza professionale, avvertire il cliente delle conseguenze della mancata definizione e farsi parte diligente in merito ad eventuali obblighi di deposito richiesti dalla Commissione, poiché la definizione agevolata non è non può essere considerata solo “un modo per allungare i tempi del processo”.

In primo luogo, occorre sottolineare che in linea di principio l’Agenzia non avrebbe alcun motivo per opporsi alla richiesta di rinuncia ex art. 44 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: nell’ipotesi in cui la definizione non si perfezionasse l’Agente della riscossione potrebbe infatti tranquillamente agire per l’escussione delle posizioni affidate, salvo rateizzazione in regola e già in atto. L’eventuale percentuale non affidata in virtù delle regole della riscossione frazionata in costanza di Giudizio, lo diventerebbe poi proprio per l’estinzione del processo.

Note e disciplinate sono, tra l’altro, le preclusioni per una richiesta di rateizzazione sulle posizione dove la definizione è stata chiesta e non onorata.

L’adesione dell’Agenzia risolverebbe, quindi, il problema legato alle spese processuali anche a fronte di una rinuncia ex art. 44, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546

Non si ritiene, però, che l’Agenzia delle Entrate in giudizio si discosterà da quanto espresso nella C.M. 2/E del 8 marzo 2017, tuttavia, non può sottacersi che la prassi amministrativa non vincola in alcun modo il Giudice, come la Giurisprudenza ha più volte ribadito (Corte di Cassazione, sentenza n. 6185 del 10 marzo 2017), a cui toccheranno i relativi provvedimenti, anche in merito all’ingiustificato rifiuto di adesione ad fronte di una rinuncia al ricorso.

Non risultano, al momento, indicazioni ufficiali fornite ai funzionari di Equitalia ovvero ai difensori che la rappresentano; come dato di fatto però si deve ricordare che dall’1 luglio 2017, le competenze dell’Agente della Riscossione passeranno al nuovo ente denominato Agenzia delle Entrate-Riscossione, il cui direttore dovrebbe essere sempre quello dell’Agenzia delle Entrate, con tutto quello che ne consegue in termini di direzione e coordinamento.

Sicuramente, la posizione del difensore tributario risulta sicuramente delicata se, presentata l’istanza di definizione agevolata, l’udienza sia fissata prima del mese di luglio ovvero della scadenza della prima rata.

Ed allora una impostazione prudenziale suggerisce la richiesta di un rinvio, a cui controparte non avrebbe motivi di opporsi.

A tal proposito, si deve sottolineare che l’Agenzia delle Entrate è “estranea” a tutto quello che riguarda la definizione agevolata infatti l’accesso e la gestione dell’istituto non rientrano nelle competenze sue competenze3, pertanto, essa non ha alcun sindacato sul fatto che il carico oggetto della controversia tributaria pendente possa rientrare o meno tra quelli definibili.

Di certo, qualora la Commissione a seguito di istanza di rinuncia decida invece di rinviare l’udienza d’ufficio o su istanza di parte, anche dell’Agenzia o di Equitalia, e, in base alle scadenze previste secondo la normativa della definizione agevolata, imponga il deposito della/delle ricevute di pagamento, il mancato deposito di quanto richiesto non depone a favore del contribuente sia da un punto di vista processuale che sostanziale, essendo il comportamento processuale delle parti liberamente valutabile dal Giudice.

In ultima analisi, infatti, spetterà proprio al Giudice indicare la via da seguire a cui entrambe le parti dovranno attenersi.

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4 aprile 2017

Valeria Nicoletti

1 Secondo indiscrezioni riportate dagli organi di stampa all’istituto si sarebbe dovuto affiancare sin dall’inizio una normativa ad hoc per il contenzioso. Tale ipotesi, sebbene successivamente riproposta da parte di alcuni esponenti politici, non si è ad oggi realizzata.

2 A seguito della pubblicazione in G.U. del 29 marzo 2017 del DL 27 marzo 2017, n. 36 il termine originario del 31 marzo 2017 è stato sostituito con quello del 21 aprile 2017

3 Sul punto si veda la posizione della Direzione Regionale della Lombardia in risposta all’Interpello 904 – 91/2017.