L'inerenza dei costi sostenuti tramite una fondazione

lo scopo di una società di capitali (anche se a partecipazione pubblica) è sempre la produzione di utili e la legge non conferisce rilevanza ad una eventuale volontà orientata in senso diverso: la detrazione di costi transitati tramite una fondazione per motivazioni diverse da quelle economiche può generare problematiche a livello fiscale nella determinazione del reddito d’impresa

SpesometroLa CTR della Toscana, con la sentenza n. 1430/5/16 del 30 Agosto 2016, ha deciso in merito ad un’interessante fattispecie relativa ad inerenza di costi sostenuti tramite una Fondazione.

Il caso

Nel caso di specie veniva contestata la detrazione dei costi per l’organizzazione di eventi collaterali a quelli fieristici organizzati tramite la Fondazione Pitti Immagine, dei costi per acquisto di spazi alla stazione Leopolda e dei costi per l’innovazione tecnologica.

Il ricorso veniva accolto dalla CTP di Firenze, che respingeva l’eccezione preliminare di nullità dell’atto per carenza motivazionale e probatoria, ma riteneva fondate nel merito le tesi del contribuente.

Si ritenevano dunque non elusivi, ma inerenti e deducibili i costi sostenuti tramite la Fondazione per gli eventi collaterali, diretti al coinvolgimento di soggetti non strettamente collegati al settore della moda con conseguente maggior ritorno di immagine; analogamente venivano valutati i costi per gli spazi della Leopolda sostenuti attraverso una società partecipata per lavori che non potevano essere eseguiti in proprio dalla Pitti Immagine.

Le quote di ammortamento per i progetti di innovazione tecnologica con il coinvolgimento del Centro Firenze per la Moda Italiana (società partecipata regionale), venivano infine considerate deducibili perché il soggetto utilizzato nella fattispecie poteva accedere a contributi pubblici, senza alcuna evidenziata antieconomicità e/o alcuna correlata finalità elusiva.

Appellava dunque l’Ufficio contestando la carenza motivazionale della sentenza in relazione ai vari recuperi e in particolare:

  • quanto ai costi per gli eventi organizzati dalla Onlus Fondazione Pitti Immagine sottolineava come vi fosse una palese carenza documentale che non consentiva un diretto collegamento fra i costi stessi e l’attività di impresa della Contribuente, tenuto conto, in particolare della circostanza che la Onlus non aveva finalità di lucro;
  • quanto ai costi sostenuti per gli spazi alla Stazione Leopolda sottolineava la complessiva antieconomicità dell’operazione e l’impossibilità di stabilire le migliorie effettivamente attuate per confusione con quelle precedentemente dovute;
  • quanto ai costi sostenuti per il noleggio a lungo termine dei c.d. tornelli dall’associazione Centro di Firenze per la Moda Italiana evidenziava che a fronte del noleggio dei soli tornelli veniva corrisposto un canone di locazione pari alla quota di ammortamento dell’intero progetto ceduto.

La Contribuente resisteva con memoria ed appello incidentale condizionato, facendo rilevare come le somme corrisposte alla Fondazione ne incrementavano il reddito senza alcun salto di imposta; parimenti per le spese riferite agli spazi presso la Stazione Leopolda si rimarcava come quelle operazioni non avessero alcun carattere elusivo, tenuto anche conto del fatto che le spese sostenute da una società costituivano, in ogni caso, ricavi per l’altra; quanto ai costi per l’innovazione tecnologica si evidenziava come l’intervento dell’Associazione ad altro non sarebbe servito se non ad ottenere contributi regionali, ferma restando l’imputazione del costo alla contribuente.

Formulava appello incidentale in relazione all’omessa motivazione dell’avviso e alla compensazione delle spese sul presupposto che solo in sede contenziosa la Pitti Immagine avrebbe fornito le proprie giustificazioni viceversa, secondo la Contribuente, già evidenziate in fase di verifica.

Secondo la CTR sia l’appello principale che quello incidentale, non meritavano accoglimento.

I costi sostenuti per gli eventi correlati alle notorie manifestazioni fieristiche nel mondo della moda, organizzate dalla Pitti Immagine attraverso la Fondazione, apparivano infatti, secondo i giudici, certamente deducibili in ragione dell’intimo collegamento fra quelle medesime manifestazioni e gli eventi a latere prodotti in stretta correlazione, e sostenuti economicamente dalla predetta Fondazione, che perdeva il carattere puramente filantropico proprio del ramo Onlus per assumere quello diretto a promuovere utilmente le iniziative commerciali della S.r.l..

Inoltre non doveva essere trascurata la circostanza che i compensi versati da Pitti Immagine alla Fondazione avevano integrato il reddito del comparto commerciale di quel medesimo soggetto, e quindi non c’era stato alcun nocumento erariale.

Quanto ai costi sostenuti per gli spazi della Stazione Leopolda appariva evidente, secondo la CTR, che i costi sostenuti per adattare gli spazi ivi utilizzati agli eventi organizzati si riferivano ad adeguamenti che la contribuente non poteva effettuare in proprio in quanto del tutto estranei al proprio oggetto sociale.

L’aver costituito una società che aveva restaurato i locali per concederli in locazione anche alla Pitti Immagine non integrava dunque alcuna antieconomicità, essendo peraltro un’operazione comunque irrilevante ai fini IVA, tenuto conto del criterio dì neutralità, in base al quale ogni fornitore o prestatore di servizio che abbia corrisposto l’IVA può detrarla dai costi sostenuti ed il meccanismo si interrompe allorquando il bene o il servizio siano resi al consumatore finale; solo in presenza di operazioni inesistenti o di abuso di diritto, non ravvisabili né contestati nel caso di specie, i correnti criteri di antieconomicità propri dell’imposizione diretta si possono estendere dunque anche all’IVA.

In relazione infine ai costi dedotti per l’innovazione tecnologica, con il coinvolgimento della Associazione partecipata dalla Regione Toscana, appariva altresì evidente che, come risultava anche dai documenti in atti, si intendesse accedere ai Contributi pubblici, senza nessuna antieconomicità che precludesse la operata deduzione.

I principi

In conclusione, atteso che lo scopo di una società di capitali è sempre la produzione di utili e considerato che la legge non conferisce rilevanza ad una eventuale volontà orientata in senso diverso, solo i maggiori redditi afferenti le operazioni economiche non idonee sin dall’origine a realizzare detta finalità possono essere ripresi a tassazione, ex art. 39, c. 1 lett. d, del DPR 600/73. In particolare laddove il comportamento della società risulti in contrasto con i più elementari criteri di ragionevolezza ed economicità a cui si informa (rectius: si dovrebbe informare) ogni attività commerciale.

Sarà allora compito del contribuente dimostrare l’inconsistenza dell’impianto logico e giuridico dell’Erario e questo non come conseguenza di un’inversione dell’onere della prova, ma come adempimento dell’onere della prova di ciascuna delle parti in processo ex art. 2697 c.c..

Il contribuente, per dimostrare l’illegittimità della ricostruzione dell’Ufficio e delle prove utilizzate, in ottemperanza al suo specifico onere della prova, come ormai in maniera pacifica riconosciuto dalla Corte di Cassazione, deve dunque in questi casi (come fatto nel caso di specie) mettersi “nelle condizioni di attivarsi e di dimostrare o l’impossibilità di un loro utilizzo nella fattispecie concreta ovvero l’inaffidabilità del risultato ottenuto, eventualmente confermando al contempo con altre presunzioni la validità del proprio operato” (vedi Cass. Sentenza n. 2891 del 27 febbraio 2002).

Tutta la questione, in sostanza, si sposta sul piano prettamente probatorio.

21 marzo 2017

Giovambattista Palumbo