La rateizzazione della cartella non costituisce acquiescenza nel merito

la rateizzazione della cartella, richiesta dal contribuente, non costituisce acquiescenza nel merito del debito fiscale; parola di Cassazione

La rateizzazione della cartella, richiesta dal contribuente, non costituisce acquiescenza nel merito. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte nella sentenza n. 3347 dell’8 febbraio 2017.

Il principio espresso dalla Cassazione – sentenza n. 3347/2017

La Suprema Corte, richiamando quanto già affermato nella sentenza n. 2463 del 19 giugno 1975, ha ribadito che “Costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente d’essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. Siffatto riconoscimento esula, infatti, da tale procedura, regolata rigidamente e inderogabilmente dalla legge, la quale non ammette che l’obbligazione tributaria trovi la sua base nella volontà del contribuente. Le manifestazioni di volontà del contribuente, pertanto, quando non esprimano una chiara rinunzia al diritto di contestare l’an debeatur, debbono ritenersi giuridicamente rilevanti solo per ciò che concerne il quantum debeatur, nel senso di vincolare il contribuente ai dati a tal fine forniti o accettati. Ciò non esclude che il contribuente possa validamente rinunciare a contestare la pretesa del fisco, ma, perché tale forma di acquiescenza si verifichi, è necessario il concorso dei requisiti indispensabili per la configurazione di una rinuncia, e cioè:

1) che una controversia tra contribuente e fisco sia già nata e risulti chiaramente nei suoi termini di diritto o, almeno, sia determinabile oggettivamente in base agli atti del procedimento;

2) che la rinuncia del contribuente sia manifestata con una dichiarazione espressa o con un comportamento sintomatico particolare, purché entrambi assolutamente inequivoci”.

Brevi riflessioni

Davanti alla notifica di una cartella il contribuente ha davanti a se una serie di soluzioni: presentare istanza di sgravio, impugnare direttamente, chiedere la rateizzazione.

Spesso la soluzione/scelta dipende da una serie di fattori interni ed esterni: si pensi all’ammontare complessivo del carico iscritto a ruolo, al ruolo derivante da imposte dichiarate e non versate ovvero da rettifiche, etc.

Spesso la scelta di optare, intanto, per la richiesta di rateizzazione dipende anche dal mondo in cui si trova ad operare l’impresa. Se opera con enti pubblici può optare per questa soluzione poiché il carico rateizzato non grava sui carichi pendenti.

Di converso, lo sgravio alla sentenza di primo grado non comporta acquiescenza alla sentenza. Infatti, la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga dalla medesima a quest’ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ( cfr. Cass.sent.n.6334 del 1° aprile 2016). Pertanto, l’esecuzione della sentenza non può comportare acquiescenza alla stessa, che può determinarsi solo una volta trascorso il tempo per l’impugnazione.

Sembrano i due lati della stessa medaglia, che costringono i giudici, ancora una volta, ad intervenire, nonostante i precedenti giurisprudenziali e la chiarezza delle questioni.

29 marzo 2017