Autotutela: tipologie e quadro giurisprudenziale di riferimento

l’autotutela è un argomentos empre richeisto dai nostri lettori – in questo articolo puntiamo il mouse sulle diverse tipologie di autotutela possibili, sui loro effetti e sugli orientamenti della Cassazione in tema di autotutela

autotutela amministrazione finanziariaIn materia tributaria, il potere della Pubblica Amministrazione di provvedere in via di autotutela all’annullamento di ufficio od alla revoca, anche in pendenza di giudizio, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2quater, c. 1, conv. in L. 30 novembre 1994, n. 656 (nell’ambito di tale potere va ricompreso anche il potere di rinuncia alla imposizione illegittima od infondata in caso di autoaccertamento: D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1, recante il regolamento di attuazione emanato ai sensi del predetto D.L. n. 564 del 1994,art. 2quater, c. 1).

Il rimedio di tipo demolitorio ricollegabile al provvedimento amministrativo di secondo grado, che opera con efficacia ex tunc, si estende a qualsiasi vizio di legittimità (annullamento) o di merito (revoca) dell’atto impositivo, ivi compreso lo evidente errore logico o di calcolo” e lo errore sui presupposto della imposta ” (D.M. n. 37 del 1997, art. 2 c. 1 lett. b c), con il solo limite del giudicato sostanziale favorevole alla Amministrazione (D.M. n. 37 del 1997,art. 2, c. 2).

Come rammenta la sentenza n. 21719/2011 della Suprema Corte, la giurisprudenza di legittimità ha peraltro riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della Pubblica Amministrazione in materia tributaria anche alle ipotesi di interventi di tipo “sostitutivo” laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l’esercizio del potere di rinnovo da quello di integrazione dell’atto impositivo (quest’ultimo soggetto in materia di imposte reddituali e di imposte sui consumi alla condizione necessaria della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, u.c.: D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, c. 3).

Viene infatti ricondotto al potere di autotutela anche il provvedimento c.d. di riforma dell’atto, specificandosi che

il ritiro di un precedente atto, può avvenire in due diverse forme, quella del ‘controatto’ (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello prevedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quella della ‘riforma’ (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso), caratterizzati entrambi dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico” (cfr. Corte Cass. 5’ sez. 16.1.2009 n. 937. in materia di Iva).

In proposito, con specifico riferimento al potere di riforma dell’atto impositivo, è stato precisato:

– che l’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicchè, rimosso con effetto ex tunc l’atto di accertamento illegittimo od infondato, la Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare (nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto) la potestà impositiva; (cfr. Corte Cass. ‘ sez. 20.7.2007 n. 16115, id. 20.6.2007 n. 14377 – entrambe in materia di imposte reddituali);

– che dalla non consumazione del potere impositivo, in caso di annullamento o revoca dell’atto viziato, discende il corollario che il provvedimento di riforma adottato in sede di autotutela, non dispone per l’avvenire ma retroagisce al momento della applicazione dell’imposta, proprio in quanto viene a sostituirsi all’originario atto impositivo (cfr. Corte Cass. 5’ sez 21.1.2008 n. 1148; id. 30.12.2009 n. 27906 – entrambe in materia di imposte sui trasferimenti);

– che il rimedio della autotutela sostitutiva differisce dal potere di integrazione dell’atto impositivo in quanto quest’ultimo presuppone la esistenza di un precedente valido atto di imposizione, mentre il primo richiede quale condizione necessaria la eliminazione (anche implicita nel caso in cui l’atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell’atto sostituito: Corte Cass. 5’ sez. 3.8.2007 n. 17119) del precedente atto impositivo illegittimo od infondato;

– che la riforma dell’atto impositivo non è limitata ai soli vizi formali, ma può estendersi a “tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatavi, dall’oggetto e dal contenuto(cfr. Corte Cass. 5’ sez. 23.2.2010 n. 4272 – in materia di imposte reddituali – che richiama espressamente la sentenza 22.2.2002 n. 2531. e riconduce la condizione necessaria della nullità formale alla sola ipotesi di “sostituzione di un precedente atto impositivo con altro avente contenuto identico” e quindi alle sole ipotesi di correzione del medesimo atto – peraltro il principio è affermato come obiter in quanto nel caso concreto la sostituzione dell’alto impositivo si era resa necessaria in conseguenza di una successiva dichiarazione parzialmente modificativa di quella precedentemente presentata dal contribuente);

– che il potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra i soli limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e del divieto di violazione od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato (cfr. Corte Cass. 5’ sez. 16.7.2003 n. 11114; Corte Cass. 5^ sez. 20.11.2006 n. 24620), nonchè del diritto di difesa del contribuente (nel caso di sostituzione di un precedente atto impositivo parzialmente annullato in pendenza di giudizio, con un nuovo atto di contenuto identico, il giudice di merito non può per ciò stesso dichiarare cessata la materia del contendere ove il contribuente abbia contestato in toto la obbligazione tributaria per insussistenza dei presupposti della imposta, ma deve comunque pronunciare nel merito: Corte Cass. 5’ sez. 26.3.2010 n. 7335).

Alla stregua degli indicati principi giurisprudenziali vanno, sempre a mente del decisum offerto dalla pronuncia n. 21719/2011 della Corte di Cassazione, pertanto risolte le questioni concernenti la qualificazione di provvedimenti adottati da un ufficio impositore in pendenza di giudizio, ove tale casistica spesso si distingue in un atto di autotutela-sostitutiva ovvero in un nuovo atto di rettifica.

Pertanto una volta riconosciuto che anche l’accertamento illegittimo od infondato non esaurisce la potestà impositiva della P.A. (salvo i limiti indicati della formazione del giudicato e della decadenza), rimane irrilevante qualificare il nuovo atto – adottato in sostituzione di quello annullato o revocato – come intervento di “riforma” ovvero di “mera correzione“, non incontrando alcuno dei due atti preclusioni nè sanzioni di invalidità. Ciò che invece rileva, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, è che la relazione tra atto impositivo ed atto di autotutela (sostitutivo/correttivo) è di piena autonomia, nel senso che ciascun atto è ex se idoneo a costituire la obbligazione tributaria e deve quindi essere oggetto di autonoma impugnazione.

Ne segue che nel caso in cui venga impugnato avanti il Giudice tributario un atto di rettifica successivamente annullato in sede di autotutela e sostituito con alto atto di contenuto parzialmente diverso non impugnato, il giudice investito della cognizione del primo atto deve limitarsi a dichiarare il sopravvenuto difetto di interesse a coltivare il ricorso senza poter esaminare il rapporto di imposta riconfigurato dall’atto di autotutela che rimane estraneo a tale giudizio in cui l’oggetto devoluto alla cognizione del giudicante, attesa la natura impugnatoria del giudizio tributario, rimane delimitato dai motivi di ricorso proposti avverso l’atto originariamente impugnato e successivamente in tutto od in parte annullato in conseguenza di rettifica o correzione determinata in sede di autotutela1.

Pertanto, corrette appaiono quelle decisioni delle commissioni di merito che – in relazione alla autonomia dell’avviso di accertamento impugnato dal contribuente rispetto al successivo avviso emesso dalla Amministrazione finanziaria a rettifica/correzione dell’atto sub judice – statuiscono sul giudizio limitando la pronuncia all’avviso di accertamento impugnato.

 

16 dicembre 2016

 

Antonino Russo

1 Cfr. Corte Cass. 5’ sez. 3.8.2007 n. 17119: oggetto del processo tributario, atteso il meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio che lo caratterizza, non è l’accertamento dell’obbligazione tributaria, da condursi attraverso una diretta ricognizione della disciplina applicabile e dei fatti rilevanti sulla base di essa, a prescindere da quanto risulti nell’atto impugnato, bensì l’accertamento della legittimità della pretesa tributaria in quanto avanzata con l’atto impugnato e alla stregua dei presupposti di fatto e in diritto in tale atto indicati, con la conseguenza che ove risulti accertato che l’amministrazione, avvedutasi di un errore, abbia emesso un nuovo atto in sostituzione di quello errato (così implicitamente annullando quest’ultimo), deve ritenersi che il processo concernente l’impugnazione dell’atto sostituito non debba proseguire per sopravvenuta carenza di interesse ad ottenere una pronuncia sull’impugnazione di un atto già annullato in sede di autotutela. Vedi Corte Cass. 5’ sez. 19.3.2009 n. 6620.