Come misurare le prestazioni della nostra impresa?

troppo spesso si identifica come misurazione delle performance la sola attività di controllo di gestione e ciò potrebbe però portare lacune, se non incoerenze gestionali; capiamone i motivi perchè l’assistenza all’impreditore anche in queste fasi di analisi della gestione aziendale sta diventando il focus delle attività professionali dei commercialisti

CTvertiOttobre, di solito mese di “riflessioni” nelle aziende. Si è chiuso il bilancio dell’anno precedente, si cominciano a ridefinire le attività di breve e si assegnano i vari budgets di fatturato. Ogni impresa è strutturata in modo diverso, per cui vi saranno organizzazioni che metteranno il focus “vendite” sugli agenti, altri sui clienti, altri sui canali di vendita, altri sulla gamma prodotto, altri ancora sulla divisione commerciale e così via. La definizione del budget delle vendite annuo, ed i relativi subforecast, rappresentano normalmente il punto di partenza per l’impostazione di tutte le altre attività (produttive, amministrative, logistiche…), ad esclusione del piano degli investimenti, certamente legato ad un orizzonte temporale più ampio ed in cui entrano in gioco altre variabili, in primis il fattore “strategia”.

La esplicazione di questo insieme di attività di breve termine viene (ma non sempre) formalizzato attraverso la redazione di un piano aziendale che contiene aspetti descrittivi ed aspetti prettamente contabili. Gli aspetti descrittivi sono fondamentali perché definiscono “come” ed attraverso “quali” strumenti il management acquisisce una ragionevole certezza di portare a successo gli obiettivi assegnati con le risorse disponibili (o acquisibili).

Durante l’anno, periodicamente ed a cadenze prefissate nel business plan, si attueranno così delle attività definite di “controllo di gestione” atte a monitorare se l’andamento dell’impresa è, o meno, in linea con la “strada” tracciata in sede di pianificazione e quindi se si è orientati verso il raggiungimento degli obiettivi enunciati. In caso negativo ci si appresterà quindi a definire delle azioni correttive oppure, in casi estremi, a rivedere l’intero piano.

A questo punto c’è da chiedersi cosa significhi il termine “controllo degli obiettivi”.

Per esperienza pratica posso dire che il più delle volte, nella prassi aziendale, il controllo e quindi la misurazione delle prestazioni e dei relativi scostamenti, è svolto con due o tre indicatori che sono:

  • EBIT

  • Fatturato (o ordinato)

  • Margine di contribuzione lordo (ma non sempre)

Il primo ed il terzo valore non sono poi sempre “affidabili” a consuntivo per il solito, comune, problema dell’attendibilità dei dati di magazzino, ma sorvoliamo.

Si noterà che così facendo:

  1. manca completamente un controllo di tipo finanziario, oggi più che mai importante

  2. manca un controllo sugli aspetti qualitativi, strategicamente più importanti di quelli quantitativi

  3. l’enfasi è posta quasi esclusivamente nel breve periodo, rendendo l’impresa “miope” riguardo a strategia e potenziali sviluppi o scenari futuri

  4. mancano i riferimenti di causa-effetto: se difatti i valori sono bassi e non in linea con quanto pianificato, come bisogna intervenire ? Si finisce che se l’EBIT è basso è colpa dei venditori oppure che i costi fissi sono diventati troppo elevati

  5. mancano i cosiddetti “sottobiettivi”. Un obiettivo è difatti sempre la naturale conseguenza di specifiche attività e quindi di obiettivi intermedi

  6. in base a quanto detto al punto di sopra, mancando i sottobiettivi, mancano anche i riferimenti dei responsabili di processo che dovrebbero monitorare il loro corretto raggiungimento nel tempo

  7. in mancanza delle indicazioni espresse nei due punti precedenti, è ovvio che manca “chiarezza” nel contesto organizzativo dell’impresa. Ne consegue che il più delle volte la causa di mancanza nel raggiungimento degli obiettivi è solo questione di chiarezza nei processi, nelle persone e negli obiettivi stessi.

e tale stato confusionale è spesso piuttosto evidente. Non per questo, da consulente, si sentono “strane” affermazioni (in parentesi quadra le naturali riflessioni):

  • fino ad ora con le vendite stiamo “sotto”… [stiamo “sotto” rispetto a cosa ? Normalmente ci si riferisce alle vendite dello scorso anno, ma è invece possibile che, in base alle contingenti situazioni di mercato, di prodotto etc., in realtà si stia “sopra”… come si può monitorare il corretto andamento di qualcosa che non si è pianificato ?]

  • l’agente XY non è più come prima, vende molto poco, ho l’impressione che stia lavorando per la concorrenza… [perché mai un agente storico dovrebbe di colpo cambiare atteggiamento, sarà forse che il prodotto comincia a essere non più “valido” ? Vi potrebbero essere altre cause ? L’argomento sarebbe comunque da approfondire…]

  • i costi fissi nella nostra impresa sono lievitati negli ultimi anni… […oppure il fatturato realizzabile con il mercato attuale non è più coerente con la struttura?]

  • i prezzi della concorrenza sono impossibili, i margini non ci permettono più di vivere… [sì ma… si è mai pensato di rivedere l’azienda in ottica di turnaround? Si è mai pensato di impostare delle strategie di pricing?]

  • purtroppo la nostra azienda è fonte di continui sprechi… [di solito questa affermazione è passiva, non si fa nulla per approfondire o rimediare].

L’elenco potrebbe allungarsi di parecchio. Ciò che emerge è comunque sempre il fatto che molto spesso non esistono parametri di controllo che permettano di rispondere a come e perché. Come già detto, in alcuni casi tali misuratori sono costituiti da indici economici, i quali misurano solo i risultati finali, non le cause che le determinano. Oltre a ciò le misurazioni cosiddette di “quantità” non prendono in esame gli aspetti di “qualità” (servizio al cliente, soddisfazione, clima interno, livello competitivo dell’impresa…) che invece sono i veri elementi chiave di successo per ogni impresa.

La premessa è stata piuttosto lunga, ma quantomeno cerca di rispondere al perché la sola impostazione di un sistema di controllo di gestione e le sole valutazioni quantitative quasi sempre potrebbe non essere sufficienti (direi non esaustive) nel determinare le giuste correlazioni di causa-effetto. A proposito di ciò vi siete mai chiesti quante volte è successo, nell’affrontare un problema, che alla fine l’effetto diventi la causa del problema stesso ? Queste dinamiche, all’interno di un sistema organizzativo, accadono quasi sempre perché i sistemi di monitoraggio non sono in linea con i meccanismi che regolamentano il sistema stesso e non sono chiare le logiche di interconnessione tra i processi.

Per risolvere tali evidente lacune si sono quindi sviluppati sistemi di governance supportati da misuratori di performance più consoni alla complessità delle variabili che oggi entrano in gioco in un sistema organizzativo. Ciò è stato reso possibile anche grazie a sistemi informativi più avanzati rispetto ad anni fa. Tuttavia non si pensi che le metodologie che verranno successivamente descritte non siano applicabili ad imprese non dotate di sistemi di business intelligence (BI).

Diciamo quindi che i sistemi di misurazione delle prestazioni sono suddivisibili in tre categorie, che possono prendere in esame risultati economico-finanziari, competitivi (importanza dell’impresa nell’ambito economico in cui opera) e sociali (livello di soddisfazione di tutti gli stakeholders). Tali categorie sono:

  1. Contabilità per la direzione (Management Accounting – MA), per pianificare e monitorare parametri economici, finanziari e patrimoniali attraverso il controllo di gestione ed alla contabilità analitica ed industriale. Alcuni esempi di indicatori MA: EBITDA, marginalità lorde o nette, costo di prodotto, EBIT, B.E.P., ROI, ROE, turnover del capitale, indici di liquidità, EVA, portafoglio ordini…;

  2. Key Performance Indicators (KPI), per pianificare e monitorare le attività critiche nei processi aziendali, quindi indicatori non di tipo economico. Di tipo qualitativo e quantitativo hanno stampo prettamente operativo. Alcuni esempi di indicatori KPI: efficienza produttiva, time to market, livello di innovazione, indice di soddisfazione interno, reclami clienti, puntualità delle consegne, non conformità, lead time produttivi, indicatori di efficienza specifici… Per aziende non strutturate, i primi, timidi, indicatori KPI sono stati introdotti forzatamente nelle imprese in conseguenza all’implementazione delle norme ISO9001;

  3. Critical Success Factors (CSF) o meglio conosciuti come Fattori Critici di Successo (FCS), sono indicatori che servono per definire e monitorare aspetti di carattere strategico. Tuttavia il più delle volte il termine FCS è utilizzato per indicare i processi o le attività da monitorare attraverso indicatori KPI. Se volessimo elencare, con alcuni esempi, indicatori prettamente di tipo FCS, questi potrebbero essere: indici di customer satisfaction, quota relativa di mercato, indicatori di tipo ambientale, rapidità nell’evasione di un ordine, elasticità produttiva, flessibilità organizzativa…

La nota Balanced Scorecard (BSC) è praticamente un insieme di indicatori di tipo MA, KPI e FCS, non necessariamente “a cascata”. Più specificatamente la Balanced Scorecard splitta i controlli su queste tre direttive:

  • verso il cliente;

  • verso i processi gestionali interni;

  • sull’andamento economico-finanziario.

Non per ultimo, la BSC pone inoltre una certa enfasi sul monitoraggio di apprendimento e crescita, parametri relativi al miglioramento di medio/lungo termine.

Lo scopo ultimo della BSC è quello di estendere i controlli ad aspetti non numerici o monetari, ampliare la cultura manageriale nell’ambito organizzativo, rendere attivo e partecipe ogni elemento dell’organizzazione alla realizzazione degli obiettivi, creare degli anelli di collegamento tra operatività, strategia, obiettivi e strumenti di controllo.

L’applicazione pratica di un sistema BSC è fattibile solo una volta chiarite le dinamiche organizzative ed il contesto in cui opera l’impresa.

31 ottobre 2016

Luciano Cipolletti

È autore dei seguenti software su CT:

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