L'attestazione di conformità dell'appello

analisi della disciplina che riguarda l’attestazione di conformità dell’appello notificato rispetto a quello poi depositato e i limiti entro cui la mancanza di tale attestazione può eventualmente determinare l’inammissibilità dell’appello

cassazione-corte-2La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 7518 del 15.4.2016, ha chiarito la disciplina in tema di attestazione di conformità dell’appello notificato a quello poi depositato e i limiti entro cui la sua mancanza può eventualmente determinare la inammissibilità dell’appello.

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente avviso di rettifica di valore e di liquidazione della maggiore imposta di registro ritenuta dovuta, con riferimento ad una cessione di ramo d’azienda.

Entrambe le parti del contratto di cessione avevano dunque impugnato il provvedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, eccependo preliminarmente l’intervenuta decadenza dell’Ufficio dalla pretesa impositiva, ai sensi dell’art. 76, comma 1 bis del D.P.R. n. 131/1986.

Il giudice di primo grado accolse il ricorso e l’appello proposto dall’Ufficio alla Commissione Tributaria Regionale avverso la sentenza fu dichiarato, d’ufficio, inammissibile sulla base della rilevata mancanza di attestazione di conformità, di cui all’art. 22 del D. Lgs. n. 546/1992, trattandosi di ricorso in appello notificato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

Avverso detta sentenza ricorreva quindi, per cassazione, l’Agenzia delle Entrate, denunciando la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 22 D.Lgs. 1992/546, rilevando che la sentenza impugnata era incorsa in duplice errore di diritto, laddove aveva dichiarato d’ufficio l’inammissibilità del ricorso, senza che la difformità dell’atto depositato rispetto a quello notificato fosse mai stata eccepita dalle controparti, e con ciò violando comunque la ratio stessa dell’art. 22, 3° comma del D.Lgs. n. 546/1992, volta a sanzionare l’effettiva difformità e non già la mancanza in sé di attestazione da parte dell’appellante della conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto a quello depositato presso la segreteria della Commissione tributaria regionale.

Il motivo di impugnazione, secondo i giudici di legittimità, era fondato e andava accolto, visto l’errore di applicazione, da parte dei giudici di merito, della norma processuale di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992, la cui ratio, come correttamente evidenziato dall’Amministrazione ricorrente, non è infatti quella di sanzionare, ex se, con l’inammissibilità, la mancata attestazione di conformità, ma quella di far seguire la relativa sanzione all’effettiva difformità tra ricorso notificato e quello depositato presso la Commissione tributaria adita.

Ciò, evidenzia ancora la Suprema Corte, risponde, del resto, a principio di diritto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (oltre a Cass. civ. sez. V 20 marzo 2008, n. 6780, si vedano anche Cass. civ. sez. V 8 luglio 2005, n. 14430; Cass. civ. sez. V 22 febbraio 2005, n. 3562; Cass. civ. sez. V 27 agosto 2004, n. 17180), al quale il collegio, con la sentenza in commento, intende quindi dare ulteriore continuità, affermando il principio di diritto secondo cui “in terna di contenzioso tributario, è causa d’inammissibilità dell’appello notificato per posta non la mancanza di attestazione da parte dell’appellante della conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto a quello depositato presso la segreteria della Commissione tributaria regionale, ma la sua effettiva difformità”.

In conclusione, la mera mancanza d’attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e quello notificato, è stata costantemente ritenuta insufficiente a far dichiarare l’inammissibilità dell’atto processuale in mancanza dell’effettiva difformità accertata dal giudice.

Solo nel caso di contumacia del resistente o dell’appellato, per l’inammissibilità dell’appello si sono pronunciati i giudici di Cassazione in un precedente del 2008, motivando che in tale situazione, la parte sarebbe impossibilitata a riscontrare e denunciare la difformità ed il giudice non potrebbe verificare la prescritta conformità.

La decisione ha tuttavia suscitato molte perplessità ed infatti è stata poi subito superata dalla stessa Corte con successiva decisione emessa nel 2009, con cui i giudici hanno stabilito la presunzione di conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto a quello depositato “sia quando l’appellato si costituisca e non sollevi alcuna eccezione al riguardo, sia quando non si costituisca, così rinunciando a sollevare l’eccezione predetta” (Cass. civ., Sez. V, sent. 20 marzo 2009, n. 6780).

La decisione del 2009 ha peraltro ampiamente motivato il perché dell’ammissibilità dell’appello, facendo ritenere superata la necessità di distinguere il caso di mancata costituzione dell’appellato ed escludendo dunque espressamente la necessità di dichiarare l’inammissibilità anche nel caso di contumacia dell’appellato.

Secondo la decisione citata, infatti, l’effettiva difformità tra i due esemplari del ricorso, deve essere accertata con la collaborazione del destinatario del ricorso stesso, il quale, se intende farla valere, “è gravato dell’onere di costituirsi in giudizio, senza che la sola sua mancata costituzione in giudizio e l’impossibilità da parte del giudice di riscontrare e rilevare la difformità tra i due esemplari del ricorso comporti la declaratoria d’ufficio della sua inammissibilità”.

L’effettiva difformità tra l’atto depositato e quello spedito per posta alla controparte vale dunque non solo nel caso in cui l’appellato sia costituito in giudizio, ma anche per l’ipotesi in cui l’appellato sia rimasto contumace.

In sostanza, la funzione della dichiarazione di conformità, che non necessita, ai fini del suo perfezionamento, di particolari formule, è quella di attestare che la copia sia sostanzialmente conforme all’originale consegnato o spedito, al fine di non violare il principio del contradditorio.

Secondo la Suprema Corte, quindi, proprio per la ratio della normativa e seguendo un indirizzo ormai consolidato di dare rilievo agli aspetti sostanziali e non ai meri formalismi, la mera mancanza di tale attestazione non comporta conseguenze ai fini dell’ammissibilità del ricorso, essendo rilevante al riguardo unicamente l’effettiva conformità della copia all’originale (Cass. 3562/2005; 17180/2004; 17702/2004; 3562/2005), per cui la mancanza di tale attestazione, non può essere considerata un fatto determinativo, in via autonoma, dell’inammissibilità del ricorso.

Nell’ottica quindi di rispetto dell’esigenza di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità in funzione dell’effettività della tutela giurisdizionale (anche in ossequio ai principi sanciti dalla Corte costituzionale con le sentenze 98/04 e 520/02) la Corte di Cassazione ha stabilito che per aversi inammissibilità dell’appello notificato per posta ciò che rileva non è il mero difetto dell’attestazione di conformità, ma l’effettiva difformità tra l’atto depositato e quello spedito alla controparte, e questo anche nel caso di mancata costituzione dell’appellato.

Secondo i giudici, del resto, in caso contrario, si favorirebbe, di fatto, il comportamento omissivo di un soggetto, che, invece, ha l’onere di eccepire l’eventuale difformità della dichiarazione notificatagli rispetto a quella depositata dall’appellante presso la segreteria della Ctr.

Tale conclusione è giustificata dalla circostanza che la difformità delle due dichiarazioni, quella notificata e quella depositata è una situazione, afferma la Corte, il cui accertamento implica la necessaria collaborazione dell’appellato destinatario della notificazione, che, se intende, proficuamente farla valere, è gravato dell’onere di costituirsi in giudizio, senza che la sua costituzione, che sia effettuata al solo scopo di far valere la difformità, produca la sanatoria dell’inesistenza dell’appello determinata dalla difformità.

Si evidenzia infine che il Decreto Legge 27.06.2015, n. 83, convertito in Legge 06.08.2015, n. 132, ha fortemente innovato la disciplina delle attestazioni di conformità, anche in tema di processo telematico civile.

In particolare, il citato Decreto ha novellato il Decreto Legge 18.10.2012, n. 179, introducendovi gli articoli 16 decies e 16 undecies, al fine di regolare casi e forme delle attestazioni di conformità, prescrivendo l’adozione di apposite specifiche tecniche, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 07.01.2016.

In particolare mentre l’articolo 16 decies disciplina il potere di certificazione in caso di deposito della copia informatica di un originale analogico, l’articolo 16 undecies regola le modalità delle attestazioni di conformità, stabilendo che quando l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia analogica, l’attestazione di conformità è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima. Quando l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l’attestazione è apposta nel medesimo documento informatico, oppure su un documento informatico separato e l’individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.

Per individuare la copia informatica che si attesta conforme in un file separato si rende quindi necessario seguire le prescrizioni delle specifiche tecniche, che in particolare dispongono che: quando si deve procedere ad attestare la conformità di una copia informatica, anche per immagine, l’attestazione è inserita in un documento informatico in formato PDF e contiene una sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità, nonché il relativo nome del file. Il documento informatico contenente l’attestazione è sottoscritto dal soggetto che compie l’attestazione con firma digitale o firma elettronica qualificata.

13 Settembre 2016

Giovambattista Palumbo