Dichiarazione integrativa a favore: la Cassazione pone dei vincoli

la dichiarazione integrativa che consente al contribuente di presentarne una sostitutiva con un risultato a lui più favorevole può essere presentata solo entro il termine di scadenza della dichiarazione dell’anno successivo

pecLa Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 13378 del 30 giugno 2016, molto discussa nella stampa specializzata, ha affermato che il contribuente può presentare una dichiarazione integrativa per la correzioni di eventuali errori a suo favore, entro il termine della scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno successivo; rimane ferma la possibilità per il contribuente di richiedere il rimborso entro i 48 mesi dal pagamento e, in ogni caso, di dimostrare, in sede contenziosa la propria richiesta documentando gli errori commessi.

Nel caso in esame una SRL in liquidazione aveva proposto ricorso avverso la cartella con la quale la società di riscossione, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione fiscale 2003, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, aveva richiesto il pagamento, della somma di circa 2.500 euro, dovuta per omesso versamento di ritenute alla fonte operate nel 2002, e la somma di poco più di 56mila euro, per omesso versamento di IVA, IRPEF ed IRAP per l’anno d’imposta 2002, oltre interessi e sanzioni.

A sostegno dell’impugnazione, la società dedusse di essere incorsa in errore nella compilazione dei quadro RS, relativo ai redditi conseguiti, avendo omesso l’esposizione dei costi inerenti i ricavi indicati (di Euro 57.674,00) e, quindi, errato nell’evidenziare il vero risultato di esercizio consistente in una perdita di Euro 19.035,00, e di avere, per l’effetto, provveduto a rettificare i dati del quadro RS della dichiarazione fiscale 2003, relativamente all’anno d’imposta 2002, con dichiarazione integrativa presentata (telematicamente) il 30 dicembre 2006.

I giudici tributari del merito, sia di primo grado, sia di secondo grado, avevano rigettato il ricorso sul rilievo che la possibilità di rettifica della dichiarazione dei redditi fosse preclusa dal decorso del termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, c. 8 bis, introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2, c. 1, lett. d.

In sostanza l’amministrazione finanziaria aveva sostenuto che l’errore fosse stato emendato con troppo ritardo e , quindi, aveva negato la compensazione; i giudici del merito della Commissione tributaria provinciale e quelli della Commissione tributaria regionale, avevano dato ragione alla tesi dell’amministrazione finanziaria.

Il ricorso della società

Avverso la sentenza sfavorevole la società è ricorsa in Cassazione; la motivazione del ricorso si basa sul fatto che i giudici della CTR avevano ritenuto che il termine decadenziale per la rimozione degli errori commessi dal contribuente, in sede di redazione della dichiarazione fiscale, coincida con quello previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.

In particolare nella tesi difensiva veniva richiamata la sentenza espressa dalle SS.UU. (n. 15063 del 25.10.2002), circa la ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, nonché l’orientamento dottrinario e giurisprudenziale secondo il quale la dichiarazione integrativa sarebbe ammissibile entro il termine di cui all’art. 2, c. 8, del D.P.R. 322/1998 e cioè entro il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Cosa prevede la norma

Il quadro normativo di riferimento è costituito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, recante l’intestazione “Termine per la presentazione della dichiarazione in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P.“, e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, relativo al “rimborso di versamenti diretti” di imposte sul redditi. Il citato articolo 2, ai commi 8 e 8- bis, prevede la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi.

Il comma 8-bis, aggiunto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2, afferma che le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17.

Lo stesso art. 8, c. 6, dispone che per la dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto si applica la citata disposizione di cui all’art. 2, cc. 8 e 8-bis.

In tema di rimborso di versamenti diretti, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, recita: “il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento“.

L’orientamento delle sezioni Unite

La Cassazione osserva che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il contribuente può emendare la dichiarazione allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, anche in sede contenziosa, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria. Nel rispetto dell’art. 10 dello Statuto del Contribuente, sarebbe conforme a buona fede che l’amministrazione non percepisca somme non dovute ancorchè dichiarate per errore dal presunto debitore.

I giudici di Piazza Cavour evidenziano che esiste un differente orientamento giurisprudenziale secondo cui l’atto di rettifica da parte del contribuente inteso a correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito o minor credito d’imposta, sarebbe ammissibile, ai sensi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, c. 8-bis, solo entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo; il “termine da tale norma previsto – art. 2, comma 8 bis cit. – rileverebbe soltanto al fine della possibilità di opporre in compensazione il credito risultante dalla rettifica, mentre resterebbe salva la possibilità di operare la rettifica stessa agli effetti del diritto ai rimborso“, in quanto “in base ad essa la facoltà di rettificare la dichiarazione in senso favorevole al dichiarante sarebbe esercitabile senza limiti di tempo, il che è certamente contrario all’intenzione del legislatore“.

Nel caso in esame le Sezioni Unite, sono chiamate a decidere se il contribuente, in caso di imposta sui redditi:

  • abbia la facoltà di rettificare la dichiarazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 e ss., per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito o minor credito d’imposta, solo entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, come stabilito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, c. 8-bis ;

  • oppure se, al contrario, quest’ultimo termine sia previsto solo ai fini della compensazione, richiamata dal secondo periodo del citato comma 8-bis , per cui la predetta rettifica sia possibile anche a mezzo di dichiarazione da presentare entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, a norma del D.P.R. n. 322 cit., art. 2, c. 8, e, in ogni caso, tanto in sede rimborso, nel rispetto dei relativi termini di decadenza e/o di prescrizione, quanto in sede di processuale, e cioè per opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato.

Le Sezioni Unite ritengono che la questione oggetto del presente commento vada risolta considerando la specificità ed il campo di applicazione delle norme dettate in materia di accertamento, di riscossione delle imposte e di contenzioso tributario.

Secondo le sezioni Unite l’introduzione della procedura per la dichiarazione a favore rappresenta un’alternativa al rimborso per il quale valgono termini differenti; tuttavia si tratta di termini amministrativi che non possono influenzare il diverso piano del processo tributario.

L’ultimo periodo del comma 8-bis, nell’affermare che “L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11“, evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto.

La tesi delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite evidenziano, alla luce delle suindicate argomentazioni che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all’art. 38, del DPR 602/1973, verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato, formale ed in rettifica, originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale.

La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, c. 8-bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante.

La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38, del D.P.R. 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, c. 8-bis.

28 luglio 2016

Federico Gavioli