Analizziamo due tipologie di contratti immobiliari: il rent to buy ed il leasing immobiliare dedicato ai privati.
Il Dl n. 133/2014, convertito dalla Legge n.164/2014, ha introdotto nel nostro ordinamento il Rent to buy. La Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) ha esteso il ricorso del leasing agli acquisti immobiliari.
Esaminiamo nel dettaglio le due tipologie di contratto.
Rent to buy
Il rent to buy è un contratto diverso dalla locazione finanziaria, volto a conferire al conduttore l’immediato godimento dell’immobile, rinviando al futuro il trasferimento della proprietà del bene, con imputazione di una parte dei canoni al corrispettivo del trasferimento.
La misura è stata pensata per rilanciare il mercato immobiliare ed è indirizzata, soprattutto, a quelle categorie di soggetti che operano in carenza di liquidità; tale fattispecie contrattuale trova applicazione con riferimento a tutte le tipologie di immobili, sia strumentali che abitativi.
Il contratto di rent to buy deve essere trascritto, ai sensi dell’art. 2645-bis del codice civile; può essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
L’art. 2645-bis del c.c. dispone, per i contratti preliminari, che gli effetti della trascrizione cessano se entro un anno dalla data convenuta dalle parti per la conclusione del contratto definitivo e, in ogni caso, entro 3 anni dalla trascrizione, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca esecuzione del contratto preliminare.
Per il rent to buy si ha un’estensione di tale previsione: l’articolo 23, comma 3, prevede che il termine triennale di efficacia della trascrizione previsto per il contratto preliminare è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.
Per quanto attiene ai canoni, le parti contraenti definiscono la quota da imputare al corrispettivo, che dovrà essere restituita dal concedente in caso di mancato esercizio del diritto d’acquisto della proprietà dell’immobile entro il termine prestabilito.
Il contraente che stipula un contratto di rent to buy può essere un privato, un’impresa o un professionista. il contratto si risolve nel caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni determinato dalle parti in misura non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.
Al verificarsi dell’ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e a trattenere interamente i canoni a titolo d’indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto. Nel caso in cui l’inadempimento che causa la risoluzione del contratto sia imputabile al concedente, lo stesso deve restituire solo la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali
Il trattamento fiscale del contratto rent to buy è stato analizzato dalla circolare Agenzia delle Entrate n. 4/E del 19 febbraio 2015.
Le fasi del contratto di rent to buy possono essere così distinte:
- Quota canone imputata al godimento dell’immobile, per i periodi precedenti l’esercizio del diritto di acquisto;
- Quota canone imputata a corrispettivo della successiva compravendita dell’immobile;
- Esercizio del diritto di acquisto (o eventuale mancato esercizio del diritto) dell’immobile.
Il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore deve essere distinto in considerazione della funzione per la quale tali quote sono corrisposte.
La quota del canone imputata al godimento del bene, deve essere assimilato alla locazione dell’immobile e pertanto si applicano le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione.
La quota del corrispettivo intesa quale anticipo del prezzo di trasferimento, deve essere assimilata, ai fini fiscali, agli acconti sul prezzo della successiva vendita dell’immobile.
All’atto dell’acquisto dell’immobile si applica la normativa prevista, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i trasferimenti immobiliari.
In caso di esercizio di acquisto dell’immobile e si proceda al trasferimento della proprietà dello stesso, per il concedente/proprietario, se titolare di reddito d’impresa, emerge un componente positivo di reddito; tali componenti positivi (ricavo o plusvalenza) saranno rilevanti per il concedente anche ai fini IRAP.
In presenza di un concedente/proprietario che non agisce in regime d’impresa, il corrispettivo del trasferimento dell’immobile dovrà invece essere assoggettato ad imposizione in base alla disciplina dei redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR).
Ai fini IVA la base imponibile relativa alla cessione dell’immobile sarà data dal prezzo della cessione ridotto dei soli acconti sulla vendita pagati fino a quel momento dal conduttore (senza considerare i canoni versati per il mero godimento), e sarà applicata la disciplina fiscale dei trasferimenti immobiliari.
Il momento di effettuazione dell’operazione (conclusione della compravendita immobiliare), va individuato all’atto dell’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, ai sensi dell’articolo 6, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972.
Nel caso di mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, le parti sono tenute a indicare nel contratto la quota dei canoni imputata a corrispettivo che deve essere restituita (articolo 23, co. 1-bis del Dl 133/2014).
In tale circostanza il trasferimento della proprietà del bene non si perfeziona e per il concedente non emerge alcun ricavo (o plusvalenza) rilevante nella determinazione del reddito d’impresa.
In tale ipotesi, assume rilevanza reddituale per il concedente la sola quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore, qualora le parti, in sede contrattuale, abbiano stabilito che una quota dei canoni versati in acconto sul prezzo sarebbe stata trattenuta dal concedente; in presenza di tale condizione, la quota di acconto non restituita al conduttore rappresenta per il concedente un componente positivo di reddito rilevante ai fini della determinazione del reddito d’impresa e ai fini IRAP.
Per il soggetto che non agisce in regime d’impresa, la quota dell’acconto sul prezzo eventualmente trattenuta costituirà invece un reddito diverso, derivante dall’assunzione di obblighi di permettere ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. l), del TUIR, imponibile per un importo corrispondente a quanto trattenuto.
Tale importo, in sostanza, remunera il proprietario per il diritto di acquisto concesso al conduttore in sede contrattuale.
Ai fini IVA invece, in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto e di restituzione al conduttore della quota versata a titolo di acconto sul prezzo, il proprietario deve, ai sensi dell’articolo 26, co. 2, del DPR n. 633/1972, emettere una nota di variazione a favore del conduttore; tale nota di variazione, per il rispetto dei principi fondamentali dell’IVA, deve essere emessa con riferimento all’ammontare complessivo versato dal conduttore a titolo di acconto sul prezzo di vendita, sia per la parte che viene restituita, sia per la parte che eventualmente viene trattenuta.
Infatti, non verificandosi l’effetto traslativo della cessione, viene a mancare il presupposto per l’applicazione dell’IVA sulle somme riguardanti gli acconti incassati dal proprietario dell’immobile.
Tuttavia, qualora le parti in sede contrattuale abbiano stabilito che una quota dei canoni versati in acconto sul prezzo sia trattenuta dal concedente, tale quota all’atto del mancato esercizio del diritto di acquisto, assume natura di corrispettivo dovuto per l’esercizio (a titolo oneroso) del diritto riconosciuto al conduttore e, conseguentemente, deve essere assoggettata ad IVA con aliquota ordinaria, secondo le regole ordinarie previste per le prestazioni di servizi di cui all’articolo 3 del DPR n. 633/1972.
In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il comma 5, dell’art. 23 in commento stabilisce che “il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità se non è stato diversamente convenuto nel contratto”. In tal evenienza, i canoni trattenuti perdono la natura di acconto sul prezzo di cessione per assumere quella di penalità per inadempimento contrattuale; conseguentemente, il concedente dovrà emettere una nota di variazione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633/1972, a rettifica del regime impositivo originariamente applicato a tali somme, per annotarle contestualmente come importi esclusi dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 15 del DPR n. 633/1972.
Qualora il concedente non sia un soggetto passivo, le quote dei canoni imputate ad acconto prezzo, eventualmente trattenute dallo stesso a titolo d’indennità (se non è stato diversamente convenuto nel contratto), costituiranno per il concedente redditi diversi derivanti dall’assunzione di obblighi riconducibili a quelli di fare, non fare e permettere, di cui alla lett. l) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR, atteso che anche in questo caso viene comunque remunerato il diritto di acquisto concesso al conduttore.
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Leasing immobiliare
La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto una disciplina specifica per il contratto di leasing avente ad oggetto un immobile da adibire ad abitazione principale. La misura è di carattere temporaneo, sarà in vigore nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2020.
Il contratto di leasing immobiliare è un cantratto avente ad oggetto immobili da adibire ad abitazione principale; la banca o l’intermediario finanziario, iscritto nell’albo di cui all’art. 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia:
- si obbliga ad acquistare o a far costruire l’immobile su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che se ne assume tutti i rischi, anche di perimento;
- lo mette a disposizione per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo, che tenga conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto.
Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha la facoltà di acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito.
Al fine di agevolare l’acquisto dell’abitazione principale mediante la nuova modalità contrattuale, i commi da 82 a 84 prevedono una detrazione pari al 19% dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente:
- canoni, e i relativi oneri accessori, per un importo non superiore a 8.000 euro;
- costo di acquisto a fronte dell’esercizio dell’opzione finale, per un importo non superiore a 20.000 euro.
Per gli over 35 o, in ogni caso, per chi dichiara un reddito superiore a 55.000 euro, le detrazioni sono ridotte della metà, ossia 4.000 euro annui per i canoni e 10.000 euro per la maxi-rata finale.
La detrazione spetta alle condizioni previste per la deduzione degli interessi passivi derivanti da mutui per l’acquisto dell’unità immobiliare (sono state aggiunte, infatti, le nuove lett. i-sexies1) e i-sexies2) all’art. 15 comma 1 del TUIR), ovvero a condizione che:
- l’unità immobiliare oggetto del contratto sia adibita ad abitazione principale1 entro 1 anno dalla consegna;
- il soggetto interessato, all’atto della stipula del contratto: ◦abbia un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro;
- non sia titolare di diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa.
20 maggio 2016
Angelo Facchini