IVA e cessioni di beni transnazionali

Le cessioni di beni transnazionali senza trasporto sono in linea generale rilevanti ai fini IVA nel luogo di esistenza fisica dei beni al momento di effettuazione dell’operazione; in questo articolo approfondiamo i principali casi: i beni immobili, il regime della temporanea importazione, le cessioni di energia, le cessioni a bordo di navi e aerei, il caso di montaggio e assemblaggio, le cessioni per corrispondenza…

Trattamento IVA delle cessioni di beni transnazionali 

trattamento iva cessioni beni trasnazionaliLe cessioni di beni transnazionali senza trasporto sono in linea generale rilevanti ai fini IVA nel luogo di esistenza fisica dei beni al momento di effettuazione dell’operazione.

Conseguentemente, la cessione di un bene da parte di un soggetto IVA ad un cliente sito in un altro paese della UE successivamente alla lavorazione dello stesso avvenuta per conto del venditore nei locali di un altro soggetto IVA stabilito nel Paese dell’acquirente deve considerarsi una cessione interna al Paese di quest’ultimo (Corte di Giustizia della UE 2 ottobre 2014, causa C-446/13).

Sono, tuttavia, previste delle ipotesi che derogano a tale principio generale, per le quali i criteri di collegamento variano a seconda della specifica tipologia di operazione interessata.

 

Regola generale

Per i beni immobili e beni mobili non spediti o trasportati, vige la regola generale in base alla quale le cessioni di beni rilevano ai fini IVA nel luogo in cui si trovano fisicamente al momento dell’effettuazione dell’operazione.

Ciò significa, in sostanza, che una cessione di beni che si trovano fuori dal territorio nazionale si considera extraterritoriale anche nel caso in cui le parti coinvolte siano entrambe operatori nazionali.

 

Beni immobili

In questo caso, le problematiche maggiori sorgono soprattutto con riferimento alla qualificazione di un bene come bene immobile dal momento che il criterio impositivo è, invece, di semplice applicazione.

Le cessioni di beni immobili si considerano, infatti, effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni esistenti in Italia al momento di effettuazione dell’operazione, mentre non ha alcuna rilevanza il luogo in cui il cedente ha la sede né le altre variabili di natura soggettiva.

Conseguentemente, si considerano non rilevanti territorialmente in Italia le cessioni di immobili che si trovano al di fuori del territorio nazionale, anche se effettuate tra operatori italiani.

Per quanto concerne, poi, la questione relativa alla nozione di “beni immobili”, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che si ha un bene immobile laddove non sia possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità del bene stesso o allorchè, per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità, debbano essere effettuati antieconomici interventi di adattamento (Circ. n. 38/E/2010).

Ciò nondimeno, va evidenziato che su tale problematica è intervenuto anche il legislatore comunitario che, con l’articolo 13 ter del regolamento UE n. 282/2011 (come modificato dal reg. n. 1042/2013), in vigore dal 1° gennaio 2017, ha fissato normativamente i requisiti affiche i beni possano essere considerati “beni immobili”.

 

Nozione di “bene immobile” (reg. UE n. 1042/2013)

1) Parte specifica del suolo, in superficie o nel sottosuolo, su cui sia possibile costituire diritti di proprietà e il possesso

2) Qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o ad esso incorporato, sopra o sotto il livello del mare, che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile

3) Qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l’edificio risulti incompleto, quali porte, finestre, tetti, scale e ascensori

4) Qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o in un edificio che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o l’edificio 

 

Anche se l’entrata in vigore del menzionato regolamento UE non è immediata, le indicazioni da esso fornite con riferimento alla nozione di “bene immobile” costituiscono già da ora un valido ausilio nell’interpretazione della normativa attualmente in vigore.

 

 

Beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione

Per i beni in questione, si applica in primo luogo la regola generale in base alla quale la loro cessione si considera territorialmente rilevante in Italia allorché gli stessi si trovino materialmente nel territorio nazionale al momento dell’effettuazione dell’operazione.

Tuttavia, ai fini dell’individuazione del presupposto territoriale, è necessario che, congiuntamente a tale presupposto, sussistano anche alcune particolari condizioni di natura giuridica legate alla loro origine e, più esattamente, che i beni corrispondano a beni mobili “nazionali”, “comunitari” o “vincolati al regime della temporanea importazione”.

 

Beni nazionali

Si considerano tali i beni prodotti in Italia o il cui perfezionamento sia avvenuto nel nostro Paese.
Sono equiparati ai beni nazionali i beni che, pur essendo di provenienza estera, sono importati definitivamente nel nostro Paese, previo pagamento di dazi ed IVA (cd. beni nazionalizzati).

Beni comunitari

Costituiscono beni comunitari le seguenti tipologie di beni:

  1. beni prodotti in altri Stati membri della UE;
  2. beni importati definitivamente in un altro Stato membro della UE;
  3. beni immessi in libera pratica in Italia o in altri Stati membri della UE. Conseguentemente, le cessioni di beni depositati in luoghi sottoposti a vigilanza doganale (cd. “cessioni di beni viaggianti allo Stato estero”, ossia di beni che, al momento del loro trasferimento, hanno ancora lo “status giuridico” di merci estere), quali le zone franche/depositi franchi, costituiscono operazioni fuori dal campo di applicazione dell’IVA e ciò anche se i beni si trovano materialmente nel territorio nazionale (C.M. n. 26/411138 del 1979).

Tali cessioni, tuttavia, pur se non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA, devono essere fatturate (riportando la seguente dizione: “operazione non soggetta”), nonché registrate, e rilevano per quanto concerne la formazione del volume di affari, anche se non ai fini del “plafond” IVA.

Ciò nondimeno, va evidenziato che le zone franche e i depositi franchi, così come anche i depositi doganali, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto appartengono  comunque al territorio dello Stato membro nel quale si trovano (Corte di giustizia UE 8 novembre 2012, causa C-165/11), fermo restando che gli Stati membri possono esentare la loro cessione (cfr. art. 156 della direttiva 2006/112/CE).

Ciò significa, in sostanza, che ai fini della individuazione del luogo di imposizione IVA, nessuna rilevanza ha, nell’ambito della direttiva 2006/112/CE, la circostanza che i beni oggetto della cessione siano o meno comunitari.

 

Beni vincolati al regime della temporanea importazione

Si considerano tali i seguenti beni:

1. beni provenienti da un Paese extra UE temporaneamente introdotti in Italia per essere sottoposti ad una lavorazione e, successivamente, inviati fuori della UE (regime del c.d. perfezionamento attivo);

2. beni provenienti da uno Stato extra UE temporaneamente introdotti in Italia e destinati ad essere riesportati “tali e quali”, cioè senza subire modifiche, fuori della UE (regime della cd. ammissione temporanea). Rientrano in tale ultima categoria i beni destinati al traffico internazionale, come, ad esempio, i container (R.M. n. 13/1998).

L’espressa individuazione del regime doganale comporta, naturalmente, che, laddove beni introdotti da territori extra UE siano vincolati a regimi doganali diversi da quelli che configurano una “temporanea importazione”, la relativa cessione dovrà considerarsi fuori dal campo di applicazione dell’IVA.

 

 

Cessioni di gas, energia elettrica, calore e freddo

Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina in questione, deve farsi riferimento ad essa relativamente alle seguenti operazioni:

  1. cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell’Unione europea o una rete connessa a tale sistema;
  2. cessioni di energia elettrica;
  3. cessioni di calore o di freddo mediante le reti di riscaldamento o di raffreddamento.

Tali beni sono assimilati, a norma dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE, a beni materiali.

Ciò nonostante, pur trattandosi di cessioni di beni, il luogo di effettuazione delle operazioni non può essere determinato in base al criterio generale del luogo in cui gli stessi si trovano fisicamente dal momento che per questi beni risulta impossibile stabilire un nesso tra la transazione e il flusso materiale dei beni in quanto questi ultimi sono fisicamente difficili da rintracciare.

La rilevanza territoriale delle cessioni dei beni in questione dipende, invece, innanzitutto dalla natura del cessionario e, in secondo luogo, limitatamente ai soggetti non rivenditori, dalla circostanza che tali beni siano utilizzati o meno da questi ultimi.

Si considerano, in particolare, effettuate nel territorio nazionale le seguenti operazioni:

  1. cessioni verso soggetti passivi-rivenditori stabiliti nel territorio dello Stato, intesi come soggetti passivi la cui principale attività è rappresentata dalla rivendita di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo e che realizzano un consumo trascurabile di tali beni (articolo 7-bis, comma 3, lettera a), del Decreto IVA);
  2. cessioni verso soggetti non rivenditori che usano e consumano tali beni in Italia (articolo 7-bis, comma 3, lettera b), primo periodo, del DPR 633/1972), per i quali, in sostanza, il luogo di tassazione viene a coincidere con quello in cui è situato il contatore;
  3. cessioni verso soggetti non rivenditori, compresi anche coloro che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professioni, stabiliti nel territorio dello Stato che non usano né consumano in Italia, in tutto o in parte, i prodotti energetici acquistati (articolo 7-bis, comma 3, lettera b), secondo periodo, del Decreto IVA).

Allo stesso tempo, non si considerano, invece, effettuate in Italia, e sono, pertanto, fuori dal campo di applicazione dell’IVA, le cessioni dei beni in questione effettuate verso soggetti rivenditori stabiliti all’estero, anche nel caso di stabili organizzazioni all’estero per le quali sono effettuati gli acquisti da parte di soggetti domiciliati o residenti in Italia.

Per quanto concerne la nozione di “soggetto passivo rivenditore”, non è necessario che venga preso in considerazione il complesso delle attività svolte dal soggetto interessato, ma è sufficiente esaminare il comportamento tenuto dallo stesso in occasione dei singoli acquisti dei beni.

Pertanto, possono essere soggetti-rivenditori non solo i clienti-grossisti ma anche coloro che acquistano una singola partita per rivenderla. La qualità di soggetto- rivenditore, inoltre, non viene meno allorché una parte dei beni acquistati venga utilizzata dallo stesso soggetto nell’ambito della propria attività economica al fine di sopperire a propri bisogni immediati, sempre che, tuttavia, tale uso e consumo sia di trascurabile entità (Circ. n. 54/E/2004).

 

Adempimenti

In relazione all’effettuazione da parte di soggetti non residenti delle cessioni dei beni in questione, qualora rilevanti territorialmente in Italia, è prevista l’applicazione, a norma dell’articolo 17, secondo comma, d.P.R. n. 633/72, del sistema del “reverse charge”.

 

Importazioni

Nell’ipotesi di fornitura di tali beni da parte di produttori od operatori di Paesi terzi a distributori e consumatori finali europei, le importazioni dei beni non sono soggette all’imposta (articolo 68, primo comma, lettera g-bis), d.P.R. 633/1972).

Ciò in quanto l’applicazione del criterio di imposizione sopra descritto avrebbe provocato una doppia imposizione (all’importazione e alla cessione) degli stessi.

In questa ipotesi, infatti, l’imposta deve essere assolta dall’acquirente, soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, mediante emissione di autofattura ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, d.P.R. n. 633/72, o, nelle ipotesi non contemplate da tale ultima disposizione, dal soggetto non residente, previa identificazione diretta ai sensi dell’articolo 35-ter del Decreto IVA o nomina di un rappresentante fiscale in Italia.

L’introduzione nel territorio doganale della UE di questi beni da Stati extra UE comporta, tuttavia, comunque il rispetto degli obblighi procedurali doganali.

Pertanto, l’ufficio doganale di importazione è tenuto a trasmettere copia del DAU (contenente, se del caso, anche l’indicazione del cessionario) all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente con riferimento alla sede del soggetto obbligato al pagamento dell’imposta (Circ. n. 79/E/2004).

 

Esportazioni

Per le ragioni sopra evidenziate, le cessioni effettuate nei confronti di acquirenti extracomunitari non si considerano territorialmente rilevanti in Italia.

Tali operazioni mantengono, tuttavia, la loro qualificazione di “esportazioni” ai fini strettamente doganali e richiedono, pertanto, l’espletamento delle relative operazioni.

Ciò nonostante, in base a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 54/E/2004 con riferimento al gas e all’energia elettrica, le operazioni che si concretizzano nella materiale esportazione di tali beni sono considerate a tutti gli effetti cessioni all’esportazione ai sensi dell’articolo 8, d.P.R. n. 633/72, per cui il cedente è tenuto ad emettere fattura senza applicazione dell’imposta e può portare in detrazione l’IVA relativa assolta a monte in via di rivalsa (dette  operazioni, tuttavia, non essendo espressamente riportate nel menzionato
articolo 8, non dovrebbero rilevare ai fini del plafond).

 

Operazioni intracomunitarie

In virtù della particolare disciplina descritta in relazione alle cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell’Unione europea o una rete connessa a tale sistema, alle cessioni di energia elettrica e alle cessioni di calore o di freddo mediante le reti di riscaldamento o di raffreddamento, l’introduzione nel territorio dello Stato di questi beni non costituisce un acquisto intracomunitario (articolo 38, comma 5, lett. c-bis), del D.L. n. 331/1993).

Per gli stessi motivi, le cessioni di tali beni rese nei confronti di soggetti di altro Stato membro non rappresentano, ai sensi dell’articolo 41, comma 2-bis, del menzionato D.L. n. 331 del 1993, cessioni intracomunitarie.

Tuttavia, i soggetti passivi che effettuano scambi Intra UE dei beni in questione sono tenuti a presentare, obbligatoriamente con cadenza mensile, gli elenchi riepilogativi delle operazioni, compilandone la parte statistica.

 

 

Cessioni di beni ceduti a bordo di navi, aerei e treni

In deroga alla regola generale, in relazione alle cessioni di beni a bordo di navi, aerei e treni nel corso della parte di un trasporto di passeggeri effettuata nella UE, il luogo di imposizione relativo a tali operazioni è costituito dal luogo di partenza del trasporto.

Per quanto concerne il sistema nazionale, l’articolo 7-bis, comma 2, d.P.R. n. 633/72 individua il luogo di imposizione per questa tipologia di operazioni, mentre le definizioni delle diverse nozioni relative al trasporto passeggeri contenute nella menzionata disposizione sono riportate all’articolo 7, comma 1, lettera e) d.P.R. n. 633/72.

In particolare, per “parte di un trasporto di passeggeri effettuata nella Comunità” si considera la parte di trasporto effettuata senza scalo fuori della UE tra il luogo di partenza e il luogo di arrivo del trasporto di passeggeri, mentre per “luogo di partenza di un trasporto di passeggeri” e “luogo di arrivo di un trasporto di passeggeri” s’intendono, rispettivamente, il primo punto di imbarco di passeggeri previsto nella Unione europea, eventualmente dopo uno scalo fuori della UE, e l’ultimo punto di sbarco previsto nella Unione europea, per passeggeri imbarcati nella UE, eventualmente prima di uno scalo fuori della UE.

Infine, relativamente alla nozione di “trasporto andata e ritorno”, il percorso di ritorno è considerato come un trasporto distinto.

Per “scalo fuori della Comunità”, così come definito nell’ambito del trasporto marittimo, s’intende, invece, la fermata effettuata da una nave nei porti di Paesi terzi, nel corso della quale i viaggiatori possono sbarcare, anche per breve tempo (Corte di giustizia delle Comunità europee 7 aprile 2005, causa C-58/04).

Ne consegue che, se nel corso di un trasporto di passeggeri che avviene all’interno della Comunità vengono effettuate delle cessioni di beni a bordo di una nave da crociera durante uno scalo fuori della Comunità, tali operazioni rientrano nella potestà tributaria dello Stato del luogo di scalo (Corte di giustizia delle Comunità europee 7 aprile 2005, causa C-58/04).

Con riferimento al trasporto aereo, vanno, altresì, evidenziati i seguenti aspetti (Ris. n. 188/2001):

  1. i concetti di “luogo di arrivo” e di “luogo di partenza” vanno riferiti alle tratte percorse dall’aeromobile e non alla diversa destinazione di ogni singolo passeggero imbarcato;
  2. la natura di trasporto comunitario non viene meno allorché tra la partenza e l’arrivo, entrambi effettuati in territorio comunitario, venga percorso uno spazio aereo al di fuori della Unione europea.

Inoltre, in base a quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella menzionata risoluzione n. 188/2001, allorché una traversata aerea sia composta da più tratte, ogni singola tratta è considerata un viaggio a sé stante (tale criterio vale, naturalmente, anche nel caso di traversata marittima o di viaggio in treno).

La nozione di “tratta” è, pertanto, strettamente collegata a quella di “scalo” in quanto quest’ultimo costituisce il presupposto della prima.

Alla luce di quanto esposto, rientrano nel campo di applicazione dell’IVA le cessioni effettuate a bordo nel corso delle seguenti operazioni di trasporto passeggeri

  1. trasporto intracomunitario con partenza dall’Italia;
  2. tratta intracomunitaria, con partenza dall’Italia, di un trasporto con partenza o destinazione fuori della Unione europea.

 

Esempio Volo da Roma a Bangkok, con scalo a Francoforte. Le cessioni effettuate a bordo nella tratta tra Roma e Francoforte rientrano nel campo di applicazione dell’IVA.

 

 

Cessioni di beni previa installazione, montaggio o assemblaggio

Nell’ipotesi di beni spediti o trasportati dal fornitore o dall’acquirente oppure da un terzo per essere installati o montati da parte del fornitore o per suo conto, si considera come luogo di cessione il luogo dove avviene l’installazione o il montaggio.
Conseguentemente, le cessioni di beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto sono rilevanti ai fini IVA in Italia

(comma 1 dell’articolo 7-bis, d.P.R. n. 633/72). Tale operazione deve considerarsi, quindi, una cessione di beni e ciò sebbene il suo svolgimento comprenda anche l’effettuazione di una prestazione di servizi (installazione, montaggio e assiemaggio).

Nell’ambito nazionale, infatti, la fornitura di beni previa installazione, montaggio o assiemaggio a cura del fornitore o per suo conto rileva nella sua interezza come cessione all’interno dello Stato, a prescindere dal fatto che essa venga effettuata in esecuzione di un contratto di appalto (C.M. n. 13/1994).

 

Installazione da parte di fornitore extra UE

In questa ipotesi, il cessionario nazionale in linea generale assolve in dogana l’IVA per l’importazione dei beni.

Con riferimento, invece, alla prestazione di installazione, nel caso in cui l’imposta ad essa relativa non sia stata già versata in dogana in virtù di una base imponibile unitaria, nella quale, cioè, sia ricompreso anche il valore concernente tale prestazione di servizi, lo stesso sarà tenuto ad assolvere l’IVA attraverso il meccanismo di autofatturazione di cui all’articolo 17, secondo comma, d.P.R. 633/72.

Laddove, invece, sia prevista obbligatoriamente l’identificazione diretta o la nomina del rappresentante fiscale da parte del soggetto non residente (cessioni nei confronti di consumatori finali o di soggetti passivi non stabiliti nel territorio dello Stato), sarà il soggetto estero a provvedere, attraverso questi istituti, all’assolvimento dell’imposta relativa all’importazione, nonché all’adempimento degli obblighi IVA concernenti la cessione interna.

 

 

Installazione da parte di fornitore UE

In questo caso, le cessioni di beni mobili hanno natura di operazioni interne e non di acquisti intracomunitari, senza che rilevi, inoltre, lo status dell’acquirente (soggetto passivo oppure consumatore finale).

Il trasferimento da parte del fornitore comunitario dei beni in Italia è, pertanto, irrilevante ai fini del tributo in quanto il momento impositivo risulta integrato soltanto all’atto della successiva consegna degli stessi, previa installazione, montaggio o assiemaggio (C.M. n. 13/1994).

Gli obblighi relativi alle operazioni di acquisto devono essere, quindi, adempiuti dai cessionari a norma dell’articolo 17, secondo comma, secondo periodo, d.P.R. n. 633/72, mediante il meccanismo dell’integrazione della fattura del fornitore estero, sempre che, tuttavia, questi ultimi siano soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

Nel caso in cui, poi, le operazioni da esso effettuate siano rese nei confronti di consumatori finali o di soggetti passivi stabiliti fuori del territorio dello Stato, il soggetto estero, in base al successivo terzo comma dello stesso articolo 17, Decreto IVA, sarà tenuto in linea generale obbligatoriamente ad identificarsi direttamente ai sensi dell’articolo 35-ter, d.P.R. n. 633/72, o a nominare un rappresentante fiscale in Italia.

Si evidenzia, infine, che nel caso in cui le operazioni in questione vengano poste in essere dal fornitore italiano a favore di cessionari comunitari, le stesse devono qualificarsi come cessioni intracomunitarie (articolo 41, comma 1, lett. c), del D.L. n. 331/1993) e non come operazioni interne allo Stato membro di destinazione del bene e cessioni extraterritoriali in Italia, come, invece, dovrebbero essere per simmetria.

 

 

Cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili

L’articolo 40, comma 3, D.L. n. 331 del 1993 stabilisce che sono territorialmente rilevanti in Italia le cessioni di beni mobili, effettuate in base a cataloghi, per corrispondenza e simili (ad es. via internet), di beni, spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal cedente o da altri per suo conto da altro Stato membro a favore di:

a) privati consumatori;

b) soggetti indicati all’articolo 38, comma 5, lettera c), del D.L. n. 331/1993 che effettuano in un anno acquisti intracomunitari inferiori a 10.000 euro (senza considerare gli acquisti di mezzi di trasporto nuovi e i beni soggetti ad accisa) e che non hanno optato per l’applicazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari ai sensi del successivo comma 6 dello stesso articolo e cioè:

1. agricoltori esonerati o forfetari (cfr. articolo 34, d.P.R. 633/1972);

2. soggetti che effettuano esclusivamente operazioni esenti (es. società assicurative);

3. enti non commerciali non soggetti passivi d’imposta.

 

Tale criterio di territorialità (riportato nella direttiva 2006/112/CE agli articoli 33 e 34) non si applica, tuttavia, relativamente alle seguenti operazioni:

  1. cessioni di mezzi di trasporto nuovi;
  2. cessioni di beni previa installazione montaggio;
  3. cessioni di beni soggetti ad accisa;
  4. cessioni di beni immateriali (le quali costituiscono, invece, prestazioni di servizi) attraverso il commercio elettronico diretto.

Non è, inoltre, situato in Italia il luogo di imposizione delle vendite a distanza in Italia di beni, diversi da quelli soggetti ad accisa, effettuate, nel corso dell’anno precedente o di quello in corso, per un ammontare inferiore al limite annuo di 35.000 euro, sempre che il cedente non decida di optare per l’applicazione dell’imposta in Italia.

 

4 maggio 2016

Francesco D’Alfonso

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