Assegnazione agevolata immobili ai soci e valore del bene ai fini IVA: ecco la soluzione dei dubbi sul costo da considerare

la base imponibile ai fini Iva relativa agli atti di assegnazione agevolata di immobili ai soci segue le regole ordinarie previste per l’IVA e non sarà possibile determinare la base di calcolo con riferimento ai coefficienti catastali, vediamo invece come occorre procedere

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La base imponibile ai fini Iva relativa agli atti di assegnazione agevolata segue le regole ordinarie previste dall’art. 13, comma 2, lett. c, del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, non solo non sarà possibile determinare la base di calcolo con riferimento ai coefficienti catastali la cui applicazione è possibile ai soli fini dell’imposta di registro. Inoltre, fatta salva una specifica eccezione, non sarà neppure possibile tenere conto del valore normale determinato secondo i criteri di cui al successivo articolo 14 del Decreto Iva. La differenza è sostanziale e la circostanza è dovuta all’origine comunitaria dell’imposta sul valore aggiunto. Pertanto il legislatore nazionale non ha potuto derogare al dettato delle norme comunitarie.

Gli atti di assegnazione si caratterizzano per la mancanza del corrispettivo. Conseguentemente la base imponibile deve essere determinata secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 1, lett. c, del D.P.R. n. 633/1972. La norma citata prevede che la base imponibile è costituita “per le cessioni indicate ai numeri 4), 5) e 6 del secondo comma dell’articolo 2, dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni…”.

L’art. 2, comma 2, n. 5, del decreto Iva fa riferimento alla destinazione dei beni all’uso personale o familiare dell’imprenditore (c.d. autoconsumo) e ad altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa. In tale ambito, secondo quanto affermato dall’Agenzia delle entrate, sono riconducibili le assegnazioni. In ogni caso i medesimi criteri di determinazione della base imponibile sono espressamente previsti dal successivo numero 6 del medesimo articolo 2 per le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto.

Gli atti di assegnazione derogano al principio fondamentale in materia di Iva in base al quale, diversamente dall’imposta di registro, la base imponibile non è costituita dal valore venale, bensì dal corrispettivo dell’operazione.

Il legislatore, pur prevedendo espressamente, con riferimento alle assegnazioni, la possibilità di derogare alla rilevanza del corrispettivo pattuito (in quanto mancante), ha previsto uno specifico criterio al fine di determinare la base imponibile. La base imponibile, come già indicato, è costituita dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Si pone il problema di fornire una definizione di prezzo di acquisto o (in mancanza) di prezzo di costo dei beni o di beni simili.

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Tecnicamente, come già anticipato non è corretto affermare che la base imponibile degli atti di assegnazione viene determinata in base al “valore normale”. Al contrario la determinazione della predetta base imponibile deve essere effettuata secondo uno specifico criterio (diverso dal valore normale), previsto dall’art. 13, c. 2, lett. c, del D.P.R. n. 633/1972.

La norma non risulta affatto chiara e la mancanza di precisazioni da parte dell’Agenzia delle entrate, ma anche della giurisprudenza, non rende agevole il compito degli operatori.

La circostanza che il legislatore abbia fatto riferimento (alternativamente) al prezzo di acquisto o al prezzo di costo induce a ritenere che tale criterio di determinazione della base imponibile sia luogo ad un risultato, a parità di condizioni, mediamente più basso rispetto al valore normale di cui al successivo articolo 14, comma 1. Infatti, in questo caso (per l’assegnazione degli immobili) non si fa riferimento al prezzo di rivendita (praticato da altri operatori indipendenti), essendo necessario escludere la “percentuale di ricarico” praticata dal venditore.

La disposizione in esame (art. 13, comma 2, lett. c) prosegue precisando che sotto il profilo temporale, ai fini della determinazione, si deve fare riferimento al momento in cui si effettuano tali operazioni. La norma è piuttosto criptica. Tuttavia sembra che tale riferimento debba essere interpretato nel senso che in mancanza del corrispettivo il valore dell’operazione deve essere determinato in misura pari al prezzo di acquisto “attualizzato”, cioè riportato al momento in cui l’operazione risulta effettuata (in pratica in coincidenza con l’atto di assegnazione). La mancata attualizzazione del costo darebbe luogo ad una sottrazione della base imponibile con la conseguente sottofatturazione dell’operazione di assegnazione. Il problema, come anticipato, sarà rappresentato dalla necessità di individuare un criterio (idoneo) di attualizzazione del “vecchio” costo senza tenere conto, però, del ricarico mediamente praticato per la vendita di un bene avente caratteristiche similari. La norma in commento prosegue precisando che, in mancanza del prezzo di acquisto (attualizzato), la base imponibile delle assegnazioni dovrà essere determinata facendo riferimento (individuando) al prezzo di costo. In buona sostanza, la determinazione della base imponibile non potrà mai essere inferiore al costo (limite minimo consentito). In questo modo sarà possibile recuperare per l’erario almeno l’Iva detratta a monte.

Al fine di procedere all’attualizzazione del costo, in base ad un’interpretazione letterale della norma non sembra sia necessario tenere conto di eventuali rivalutazioni dell’immobile dovute esclusivamente, ad esempio, alla riqualificazione della zona in cui risulta ubicato l’immobile o, più in generale, ad un incremento dei prezzi degli immobili. In buona sostanza tenere conto del prezzo di acquisto, “riportato” alla data di assegnazione, vuol significare semplicemente considerare il tasso di inflazione e determinare a quanto corrisponde oggi il prezzo pagato al momento dell’acquisto. Il problema non è mai stato affrontato dall’Agenzia delle entrate. E’ auspicabile che in occasione della disciplina relativa all’assegnazione agevolata l’amministrazione finanziaria affronti definitivamente il problema.

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18 marzo 2016

Nicola Forte