La confessione stragiudiziale nel procedimento amministrativo e tributario

La confessione non è altro che una dichiarazione compiuta da un soggetto circa la verità di fatti ad esso sfavorevoli e favorevoli ad altro soggetto: tale dichiarazione che valore ha nei procedimenti amministrativi e tributari? (a cura Massimiliano Giua e Daniele Corradini)

Disciplina generale della confessione stragiudiziale 

Alcuni recenti arresti della Corte di cassazione, nello specifico nn. 20979 e 20980 del 16 ottobre 2015 e n.23031 del 11 novembre 2015, che saranno di seguito analizzati, ci permettono di fare il punto sulla valenza della c.d. confessione stragiudiziale nell’ambito del procedimento amministrativo- tributario.

 

Definzione di confessione in ambito giuridico

confessione stragiudiziale nel processo tributarioLa confessione 1 non è altro che una dichiarazione compiuta da un soggetto circa la verità di fatti ad esso sfavorevoli e favorevoli 2 ad altro soggetto 3.

I requisiti fondamentali della confessioni richiesti dalla giurisprudenza di legittimità 4 sono due: uno di tipo soggettivo ed uno oggettivo.

Il primo elemento – soggettivo – consiste nella consapevolezza e volontà della persona confitente di ammettere i fatti a se sfavorevoli e favorevoli alla controparte.

L’altro, invece, di natura oggettiva, equivale all’effettiva capacità dei fatti narrati dal confitente di generare a se stesso pregiudizio e, corrispondente, vantaggio a favore dell’altro soggetto coinvolto nella fattispecie accertanda.

Il difetto di entrambi o, semplicemente, di uno di detti elementi priva la dichiarazione del confitente del valore confessorio, quindi della sua utilità istruttoria, considerata la necessaria sussistenza contestuale dei presupposti citati.

 

Confessione giudiziale e stragiudiziale

valore della confessione stragiudizialeIl codice civile, a seconda se essa sia stata resa o meno nel corso di un giudizio, distingue tra confessione stragiudiziale 5 e confessione giudiziale 6.

La confessione, che di regola può essere resa soltanto dalla parte personalmente, è una mera dichiarazione di scienza 7, non un atto negoziale: di conseguenza, non occorre che il dichiarante ne voglia gli effetti, essendo sufficienti la consapevolezza e la volontà di ammettere come vero un fatto a sé sfavorevole e favorevole alla controparte.

Ai sensi degli artt. 2733 e 2735 cod. civ., la confessione forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili 8.

La circostanza sfavorevole al dichiarante resta definitivamente accertata, senza che possa esser data da costui la prova contraria: la confessione cioè determina una presunzione juris et de jure di rispondenza al vero in riferimento all’oggetto 9.

Viene osservato il principio iura novit curia, in forza del quale spetta al giudice indicare la norma da applicare e la qualificazione giuridica corretta adatta al caso in specie, risultando così possibili oggetti di confessione soltanto i fatti, non le norme né le qualificazioni giuridiche.

Con riferimento alla confessione stragiudiziale, la quale può essere resa anche in un procedimento 10, si può ulteriormente differenziare la confessione resa alla controparte o al suo rappresentante da quella fatta a un terzo o contenuta in un testamento.

Nel primo caso essa ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale, facendo cioè piena prova nei confronti del confitente, nella seconda ipotesi è, invece, liberamente apprezzata dal giudice 11.

In merito, la disposizione di cui all’art. 2735 non intende esclusivamente colui che abbia la rappresentanza legale, bensì qualsiasi soggetto che agisca nell’interesse della parte alla quale la dichiarazione confessoria è rivolta.

Ove per rappresentante della parte deve intendersi qualunque persona che, nei confronti del confitente, agisca nell’interesse della parte cui la confessione è diretta.

Ciò in relazione ad un principio condiviso in larga parte secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’art. 2735 c.c., va considerato rappresentante del destinatario della confessione sia colui che è tale in senso tecnico, sia qualsiasi altra persona che agisca nell’interesse del destinatario della confessione ed alla quale la dichiarazione venga rilasciata per la sua veste 12.

Sul tema, una interessante pronuncia del Tribunale di Nola del 08.05.2014 ha statuito che sono – ad esempio – da considerarsi apprezzabili quali mezzi di prova le dichiarazioni rese al personale medico.

La pronuncia in argomento si staglia in un percorso giurisprudenziale abbastanza delineato tracciato dalla Corte di Cassazione13, secondo cui la dichiarazione di fatti a sé sfavorevoli che un imprenditore renda a personale in servizio della pubblica amministrazione, nell’esercizio dei suoi compiti di polizia amministrativa o giudiziaria, costituisce confessione stragiudiziale, con piena efficacia probatoria nei rapporti con i dipendenti dell’imprenditore medesimo, sia perché detto operatore agisce quale organo della pubblica amministrazione e quindi non in rappresentanza di interessi privati, sia perché lo specifico scopo della dichiarazione finalizzata all’inchiesta che svolge il funzionario esclude la configurabilità dell’animus confitendi 14.

 

Le dichiarazioni del contribuente

Ed è all’istituto della confessione, con particolare riferimento a quella stragiudiziale, che la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è recentemente rivolta – in linea con un costante orientamento nel tempo – per individuare la valenza di talune dichiarazioni rese dal contribuente all’interno dei processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza 15.

Dapprima, infatti, con ordinanza n. 22616/2014, la Corte di Cassazione ha stabilito che le dichiarazioni rese dall’amministratore della società nel corso della verifica non hanno contenuto testimoniale, ma sono qualificabili come confessione stragiudiziale, in virtù di quel c.d. nesso di immedesimazione organica che lega il rappresentante legale con la società rappresentata.

La Suprema Corte ha avuto, inoltre, modo di rilevare che le dichiarazioni in questione possono legittimamente essere prese a fondamento per l’accertamento di un maggior reddito imponibile 16.

La suddetta conclusione, si basa su un consolidato percorso giurisprudenziale 17, secondo il quale

“le dichiarazioni rese dall’amministratore della società nel corso di una verifica fiscale sono da considerarsi confessione stragiudiziale, in virtù di un nesso di immedesimazione che non può essere reciso neanche se l’atto sia compiuto con dolo e abuso di potere o che addirittura non rientri nei suoi poteri”.

Il citato rapporto di immedesimazione organica fa ritenere verosimile la non estraneità ai fatti in evasione d’imposta e fa venir meno le esclusioni previste dall’art. 7, co.4, D.Lgs. 546/199218, che prevede l’esclusione dai mezzi probatori della testimonianza e del giuramento.

La confessione così rilasciata costituisce prova diretta e non indiziaria del maggior imponibile accertato nei confronti della società rappresentata, non bisognosa come tale di ulteriori riscontri19.

Nella stessa direzione è andata anche la Cassazione, sentenza n.5931/2015, secondo cui le dichiarazioni rese in sede di verifica del

“legale rappresentante di una società possono, anche da sole, fondare l’accertamento di un maggior imponibile ai fini dell’IVA e delle imposte dirette”,

nella consapevolezza che le suddette dichiarazioni non possono essere considerate mere dichiarazioni testimoniali, proprio in virtù del rapporto di immedesimazione organica20 tra la società ed il legale rappresentante, che

“esclude che … possa essere qualificato come testimone, in riferimento ad attività poste in essere”

dalla società. Di contro, le dichiarazioni possono essere apprezzate come

“confessione stragiudiziale, e costituiscono … prova non già indiziaria, ma diretta, del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, non abbisognevole, come tale, di ulteriori riscontri”21.

 

Le dichiarazioni di terzi

Cosa ben diversa può dirsi, invece, per le dichiarazioni rese da terzi22 agli organi della verifica, in merito alle quali già la Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi con la sentenza n.18/2000, ricordando come la previsione di non ammettere la prova testimoniale (art.7 D.Lgs.n.546/1992) non comporti automaticamente anche

“l’inutilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’amministrazione nella fase procedimentale”,

in virtù del valore probatorio di elementi meramente indiziari che tali dichiarazioni presentano. Con l’effetto che le dichiarazioni in esame ben “possono concorrere a formare il convincimento del giudice”, non essendo idonee a costituire – per se – il fondamento della decisione del giudice23.

Ma anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione 24 è intervenuta in questi ultimi anni frequentemente sulla questione, riconoscendo pacificamente alle dichiarazioni rese da terzi ai verificatori civili e militari una valenza non direttamente probatoria ma indiziaria, da corroborare con ulteriori elementi25.

Il giudice tributario – come ricordato dagli Ermellini, per tutte, nella sentenza n. 25104/2008 – è chiamato a valutare detti elementi di prova e “nel disattendere l’eventuale contenuto ha l’obbligo di motivarne gli aspetti ritenuti non veridici”.

Sul punto, interessante è anche l’ordinanza n.11630/2015, secondo cui

“nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla polizia tributaria nel corso di un’ispezione e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore meramente indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice, qualora confortate da altri elementi di prova”.

I Supremi Giudici ricordano, però, che, in determinate circostanze (quali ad esempio quelle in cui assumono valore confessorio), le dichiarazioni dei terzi non integrano un mero indizio26 ma una “prova presuntiva” ex art.2729 cod.civ., per ciò idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate27.

sentenza corte di cassazione

Interessanti considerazioni si possono desumere anche dalla precedente sentenza n.6953/201528, nella parte in cui i Supremi Giudici stabiliscono che le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, “quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione”, hanno natura di “mere informazioni” acquisite nel corso di indagini di natura amministrativa, pertanto pienamente utilizzabili quali “elementi di prova”29 e di convincimento, “sebbene esse non siano state assunte o verbalizzate in contraddittorio con il contribuente, da nessuna norma richiesto” 30.

Secondo gli Ermellini, come si legge nella pronuncia n.6953 citata, le dichiarazioni di terzi sono “atti che, legittimamente assunti in sede penale e trasmessi all’amministrazione tributaria, entrano a far parte, a pieno titolo, del materiale probatorio che il giudice tributario di merito deve valutare”31.

Il tutto, ovviamente, nel rispetto del fondamentale principio del giusto processo e della parità di armi processuali tra le parti.

Ciò comporta, in altri termini, che le dichiarazioni rese in sede penale, pur avendo – come ricorda la Cassazione – valenza solo indiziaria 32, possono comunque assumere

“efficacia decisiva nel processo tributario, anche se non corroborate da riscontri documentali”33.

Tali dichiarazioni, pertanto, forniscono una prova liberamente apprezzabile, ancorché il loro particolare valore di attestazione di verità (in quanto provenienti direttamente da un soggetto terzo rispetto al contribuente verificato/controllato) imponga al giudice del merito, che intenda disattenderle, di dare adeguata motivazione.

 

Le sentenze della Cassazione nn. 20979/15, 20980/15 e 23031/2015

Da ultimo e proprio sul tema del procedimento amministrativo di natura tributaria è intervenuta recentemente la Suprema Corte con le sentenze nn. 20979 e 20980 del 16 ottobre 2015 e n.23031 del 11 novembre 2015.

La Corte di Cassazione, come anticipato, con le citate pronunce è tornata sul tema della confessione stragiudiziale resa all’interno del procedimento tributario.

Nello specifico, con l’arresto in esame è stato affermato il principio logico-giuridico34 secondo cui, in sede di accertamento, ed in particolare in sede di verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza, l’accettazione da parte del contribuente resa in contraddittorio costituisce confessione stragiudiziale 35.

Nel caso di specie, la percentuale di ricarico, utilizzata per la ricostruzione indiretta dei ricavi e del volume d’affari di una società contribuente, era stata determinata dai verificatori in contradditorio con l’amministratore unico della società e posto a base dei rilievi formalizzati nel processo verbale di constatazione, sottoscritto senza riserve dallo stesso. Sul punto si rammenta che il pvc costituisce atto fidefacente, sino a querela di falso 36, riguardo alla effettività delle operazioni dei verbalizzanti e di quanto accaduto e/o dichiarato alla loro presenza.

E’ stato, quindi, ribadito il principio logico-giuridico secondo cui, l’accettazione da parte del contribuente, in contraddittorio con i verbalizzanti, di una data percentuale di ricarico può essere apprezzata come confessione stragiudiziale, risultante proprio dal processo verbale sottoscritto e, quindi, tale da legittimare l’accertamento dell’ufficio.

Di conseguenza, ogni dichiarazione del legale rappresentante può costituire prova non già indiziaria, ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, quindi non bisognevole, come tale, di ulteriori riscontri.

Nelle tre sentenze in esame si legge, ancora, che questi appena richiamati sono

“fatti che, se apprezzati, avrebbero potuto avere carattere decisivo per escludere la tesi sostenuta dalla società contribuente, per l’appunto rappresentata dall’inesistenza di elementi fondativi del ricarico”.

L’amministrazione fiscale, in altri termini, può, nell’attività di contrasto e accertamento dell’evasione fiscale, avvalersi, senza ulteriori riscontri, di quei dati contenuti nel pvc della Guardia di Finanza che non siano stati contestati dal contribuente, ma che anzi, come nel caso in esame, si sono formati nell’ambito del contraddittorio instaurato dai verificatori con quest’ultimo.

A margine delle riflessioni esaminate nel presente studio, nella sentenza n. 20980/15 interessanti ed attuali appaiono anche alcune considerazioni formulate dalla Suprema Corte in tema di valenza delle pronunce dei giudici tributari. In particolare, viene ricordato come le sentenze del giudice tributario che accertano contenuto ed entità degli obblighi del contribuente per un esercizio di imposta

“fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi”. 

Solo con riferimento ai c.d. elementi costitutivi della fattispecie, i quali, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta,

“assumono carattere tendenzialmente permanente”. Di contro la sentenza tributaria non ha efficacia vincolante nel caso l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su “presupposti di fatto potenzialmente mutevoli”.37

Quando poi il contenzioso riguarda l’IVA, viene ricordato che questa è soggetta a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere in qualsivoglia modo ostacolata dal “carattere vincolante del giudicato nazionale e dalla sua eventuale proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto”.

In senso conforme si erano già espresse la Corte di Giustizia UE con causa C-2/08 del 03 settembre 2009 e la stessa Cassazione con sentenza n. 16996/2012.

 

Dichiarazioni del contribuenti e di terzi: la posizione dell’Amministrazione finanziaria

In tema di dichiarazioni del contribuente e di dichiarazioni dei terzi si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria, con propri documenti di prassi.

Nello specifico, la Circolare n.1/2008 “Istruzioni sull’attività di verifica” del Comando Generale della Guardia di Finanza ha riservato all’argomento un paragrafo 38, nel quale – dopo aver fatto il punto sullo stato dell’arte in giurisprudenza – ha dato direttive operative ai verificatori.

 

Dichiarazioni del contribuente ai verificatori

L’acquisizione di dichiarazioni rese in atti dal contribuente (o suo legale rappresentante) sottoposto a verifica o controllo, ovvero da terzi che con questo hanno (avuto) direttamente o indirettamente rapporti, costituisce da sempre un adempimento ispettivo oggettivamente utile per la corretta individuazione e ricostruzione di singoli aspetti della complessiva gestione di una attività di impresa o professionale 39.

L’utilizzabilità di tali dichiarazioni, ove rilasciate dal contribuente verificato/controllato, e la conseguente, eventuale

“valorizzazione probatoria, non presenta particolari problematiche in punto di legittimazione giuridica, in quanto la possibilità di rivolgere, previa adeguata verbalizzazione, richieste di chiarimenti, informazioni e delucidazioni al soggetto controllato, nonché di acquisire le osservazioni e le richieste dallo stesso spontaneamente formulate”

è espressamente disciplinata dall’art. 52, co.6, del D.P.R. n. 633/7240, richiamato dall’art. 33, co.1, del D.P.R. n. 600/73, e dall’art. 12, co.4, della L. n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) 41.

Come ricordato nel documento in esame, diversi arresti della giurisprudenza di legittimità hanno attribuito a dette dichiarazioni valore di confessione stragiudiziale.

Al riguardo, secondo l’art. 2734 c.c.42, la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta produce l’effetto, al pari di quella giudiziale, di fare piena prova contro colui che l’ha formulata.

La Circolare n.1/2008, nell’esaminare l’orientamento della Cassazione, cita, a titolo esemplificativo, il caso delle dichiarazioni dell’amministratore di una società produttrice di calzature, relative ai quantitativi di pellame mediamente occorrenti per la produzione di queste, che possono essere

“apprezzate come una confessione stragiudiziale, quando siano state rese in contraddittorio con i verbalizzanti e risultino dal verbale di constatazione, sottoscritto dal medesimo amministratore, legittimando pertanto l’accertamento per infedeltà della dichiarazione annuale, tanto come elemento indiziario grave, preciso e concordante, quanto come prova diretta”.

Il documento di prassi in esame ricorda comunque, in linea con la posizione giurisprudenziale prevalente, che, anche volendo attribuire alle dichiarazioni del contribuente valore di confessione, l’efficacia probatoria propria può prodursi

“concretamente solo in relazione a fatti e accadimenti materiali e non anche per opinioni o giudizi di fatto o di diritto”.

 

Dichiarazioni di terzi ai verificatori

Approfondendo, invece, la tematica delle dichiarazioni rese da un terzo ai verificatori, ricorda correttamente la Circolare n.1/2008, la legittimità dell’acquisizione e della successiva utilizzazione per la ricostruzione della base imponibile o di singole componenti è stata

“per lungo tempo messa in dubbio, da più parti, sostanzialmente per la previsione, contenuta nell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/92, che esclude l’ammissibilità della prova testimoniale nel processo tributario, da cui discenderebbe l’impossibilità del soggetto controllato di introdurre a sua difesa, nel processo stesso, dichiarazioni di terzi in grado di smentire o contrastare quelle a lui sfavorevoli acquisite dagli Organi di controllo nel corso dell’attività ispettiva”.

I dubbi sono stati poi fugati dai puntuali interventi giurisprudenziali, a partire da quello della Corte Costituzionale che, con la già richiamata sentenza n. 18/2000, ha, tra l’altro, sancito “l’inutilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’amministrazione nella fase procedimentale”, in virtù del valore probatorio di elementi meramente indiziari che tali dichiarazioni presentano. Con l’effetto che le dichiarazioni in esame ben “possono concorrere a formare il convincimento del giudice”, non essendo idonee a costituire – per se – il fondamento della decisione del giudice43, in quanto non aventi – per i motivi approfonditi in questo studio – il valore tipico delle “prove testimoniali” in senso stretto.

Sul punto, il Comando Generale della Guardia di Finanza, nel richiamare la successiva giurisprudenza della Cassazione (conforme all’arresto della Consulta) che, in numerose pronunce, ha ribadito come nel processo tributario sia ammessa:

  • l’ipotesi che le dichiarazioni rese da terzi all’Amministrazione finanziaria trovino ingresso a carico del contribuente quali elementi indiziari;
  • il diritto del contribuente di utilizzare a propria difesa dichiarazioni di terzi rese in sede extra–processuale, aventi lo stesso valore probatorio di quelle utilizzate dall’A.F.,

ritiene fondato e coerente con il sistema che le dichiarazioni rese da terzi possano essere validamente utilizzate

“in funzione probatoria nell’ambito della verifica o del controllo fiscale, oltre che del successivo procedimento di accertamento, secondo le generali modalità con cui devono essere valorizzate tutte le altre prove indirette – presuntive, valutandone in concreto la capacità dimostrativa dei fatti o delle situazioni che si intende provare”.

Prevedendone, ovviamente, una valenza diversa a seconda che le stesse siano “finalizzate a produrre effetti nei riguardi di un impianto contabile regolare e attendibile, ovvero, di contro, inesistente o sostanzialmente inaffidabile”.

In una applicazione operativa delle considerazioni e direttive sin qui analizzate, la Circolare n.1/2008 ha correttamente ricordato che, in presenza delle condizioni che legittimano una ricostruzione della base imponibile ispirata al metodo induttivo puro, le dichiarazioni rese da terzi ai verificatori ben possono (almeno teoricamente, e ove sussistano particolari presupposti, peraltro richiamati in questo approfondimento) “supportare le riprese fiscali anche da sole”.

Di contro, si deve tener ben presente che, nei casi in cui non risulti possibile sconfessare la correttezza delle scritture contabili esistenti,

“le dichiarazioni stesse, per potere al meglio fondare la sostenuta esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, oltre ad essere particolarmente circostanziate e concordanti verso un unico risultato, devono in genere essere corroborate da altre circostanze di fatto, eventualmente di pari rilievo indiretto – presuntivo”,

riferite alla specifica realtà oggetto di verifica fiscale ovvero di controllo fiscale.

Alla luce delle considerazioni in questa sede approfondite, la Circolare n.1/2008 dispone che le dichiarazioni, sia del contribuente (o del suo legale rappresentante) verificato/controllato, sia del terzo (estraneo all’attività ispettiva), devono essere ritualmente verbalizzate ed i relativi processi verbali 44 devono essere allegati al processo verbale di constatazione ed oggetto di specifici, espressi e chiari richiami nell’ambito dell’esposizione dei rilievi formulati.

In perfetta linea con il contenuto della Circolare n.1/2008, nell’ambito delle successive disposizioni integrative e di aggiornamento impartite dal Comando Generale della Guardia di Finanza con Circolare n.336701 del 19.11.2014 si rileva l’importanza del contraddittorio45 da instaurarsi tra verificatori e contribuente, nel rispetto del principio di collaborazione sancito dall’art.10 dello Statuto dei diritti del contribuente 46.

In particolare, con riguardo all’attività di verifica, in caso di esistenza di specifici presupposti47 il metodo induttivo “puro” (di accertamento) è normativamente consentito ed efficace, “ferma restando” – si legge nella circolare –

“la necessità di seguire percorsi logico-deduttivi fondati su precisi elementi di fatto argomentati e ragionevoli, oltre che maturati nel quadro di un confronto con il contribuente”48.

In altre parole, per le aziende di minori dimensioni ed i lavoratori autonomi che operano in relazione diretta con il consumatore i verificatori devono di preferenza privilegiare i sistemi di ricostruzione indiretta del ciclo di affari, che ricomprendono – con riguardo specifico alle movimentazioni di merci – l’applicazione di percentuali di ricarico, per determinare le quali è necessario ricercare e valorizzare

“il confronto con il contribuente, le cui spiegazioni ed osservazioni, in questo genere di approcci, vanno sempre tenute in considerazione”49.

Come ben evidenzia la Circolare n.336701/14 in esame, il rapporto di collaborazione e contraddittorio con il contribuente è considerato sempre fondamentale ed opportuno, tanto che nel documento stesso si legge che “un costruttivo confronto con il contribuente … andrà assicurato con maggiore costanza” sia nel caso di verifiche a contribuenti con scarso livello organizzativo e di strutture, che (ancor di più) in caso di soggetti dotati di impianto contabile ben organizzato, coerente ed attendibile nel suo complesso.

 

La confessione stragiudiziale – Considerazioni finali

Concludendo, come ricordato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità esaminata in questa sede, sono utilizzabili nell’accertamento, in quanto ritenute confessione stragiudiziale, tutte le dichiarazioni del contribuente o del suo legale rappresentante 50, le quali costituiscono prova – non già indiziaria, ma diretta – del maggior imponibile eventualmente accertato, in quanto – per la loro natura di dichiarazioni sfavorevoli alla società – fanno piena prova contraria ai sensi degli artt. 2733 e 2735 cod.civ.51.

Di contro, le dichiarazioni di terzi hanno valenza meramente indiziaria, e – salvi casi particolari esaminati in questa sede – necessitano sempre di riscontri documentali.

Le stesse, pertanto, forniscono una prova liberamente apprezzabile, ancorché il loro particolare valore di attestazione di verità (in quanto provenienti direttamente da un soggetto terzo rispetto al contribuente verificato/controllato) imponga al giudice del merito, che intenda disattenderle, di dare adeguata motivazione.

 

di Massimiliano Giua e Daniele Corradini

 

NOTE

1 Sul tema si vedano anche A. TORRENTE- P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè, 1985, E. SILVESTRI, Confessione nel diritto processuale civile, in Dig.disc.priv., 1989, E. T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, II, Giuffrè, 1981, nonché D. MINUSSI, la confessione, in wikijus, 06.07.2010.

2 Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale per fatti sfavorevoli alla parte e favorevoli ad altri si deve intendere

“quelli in concreto idonei a produrre conseguenze giuridiche svantaggiose per colui che volontariamente e consapevolmente ne riconosce la verità, avuto – però – riguardo all’oggetto della controversia in cui la confessione è resa ed ai termini della contestazione.”

In tale ultimo senso, le sentenze della Cassazione nn. 5141/1985, 1723/1990 e n. 4012/1995.

3 La definizione data dal codice civile dell’istituto la si ritrova nell’art. 2730:

“la confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. La confessione è giudiziale o stragiudiziale.”

4 Cass. Civ. sent. n. 19165/05

5 La definizione data dal codice civile dell’istituto la si ritrova all’art. 2735 :

“ La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento, è liberamente apprezzata dal giudice. La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge”.

Sul tema della validità della confessione stragiudiziale nel diritto civile si veda, tra gli altri, B. ZIRILLO, Sull’invalidità della confessione stragiudiziale in materia civile, in www.diritto.it, 24.06.2010.

6Art.2733: “È giudiziale la confessione resa in giudizio. Essa forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili. In caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice”.

7 In questo senso C. FURNO, voce Confessione, in Enc.dir., VIII, 1961, 890. In senso contrario, L.P. COMOGLIO, Le prove, in
Trattato di dir. priv, vol.19, Utet, 1985, 334. e S. SATTA, Diritto processuale civile, Cedam, 1981,334.

8 Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 1439/1979 ha avuto modo di rilevare che “ La qualificazione pubblica di un bene (nella specie: di una strada) non è suscettibile di disposizione da parte dei privati e non può, perciò, formare oggetto di confessione.”

9 In tale ultimo senso E. T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, II, Giuffre, 1981, 141.

10. E’ necessario evidenziare come essa debba essere trasposta in un documento completo dei consueti, minimi elementi formali (intestazione, identificazione soggettiva dell’autore, data, luogo, sottoscrizione autografa o meccanografica) poiché, qualora essa ne sia carente perché redatta su carta priva di qualsiasi dato identificativo e/o non riporti la dichiarazione esplicita della verità e della consapevolezza degli effetti dei fatti espressi, l’espressione del confitente perde la propria valenza istruttoria (Cass. Civ. n. 13212/06.)

11 Sul punto si veda anche F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1997, p.305. In merito, la corte di cassazione con sentenza n. 2231 del 04 marzo 1991 ha avuto modo di evidenziare che “sull’esistenza o meno degli elementi costitutivi della confessione si sottrae al sindacato di legittimità, se sorretto da congrua e logica motivazione, mentre il successivo libero apprezzamento sull’utilizzabilità della confessione al terzo, come piena prova prevalente sulle altre, ha natura sostanzialmente discrezionale.”

12 In tale ultimo senso, tra gli altri, G. GRASSELLI, L’Istruzione probatoria nel processo civile, Cedam, 2015.

13 In merito, si rilevano le sentenza della Corte di Cassazione n. 4327/1981 (circa le dichiarazioni rilasciate da un imprenditore nei confronti di Ispettori dell’INPS), n. 10825/2000 (circa le dichiarazioni rese agli organi della polizia giudiziaria, utilizzate in sede civile) n. 1384/1997 (circa le dichiarazioni rese a pubblico ufficiale da utilizzarsi nel giudizio civile). Ed ancora, nel senso che la confessione stragiudiziale fatta a terzi non può valere come prova piena, essendo suscettibile di vario e libero apprezzamento del giudice del merito nel contesto delle risultanze istruttorie acquisite, le sentenze della Corte di Cassazione n. 8748/2001, n. 2231/1991, n. 3591/1983.

14 In tal senso, peraltro, la sentenza della Corte di Cassazione n. 2279/1980 secondo cui “ il valore della confessione contenuto in una lettera, non è sminuito dal fatto che questa sia diretta ad un terzo ed inviata alla controparte solo per conoscenza sussistendo anche in tal caso l’animus confitendi.”

15 Circa la natura del processo verbale di constatazione si vedano, tra gli altri, M. GIUA e D. CORRADINI, Utilizzabilità del PVC e degli atti di natura amministrativa nel processo penale, in Panorama tributario e professionale, giugno 2015.

16 Si vedano anche, tra le altre, le sentenze della Cassazione nn. 5931/2015 e 20259/2015. In particolare, nella sentenza n.20259/2015 è dato leggere:

“le dichiarazioni rese dal contribuente (in caso di società, dal legale rappresentante) in sede di verifica e risultanti dal verbale di constatazione costituiscono confessione stragiudiziale e, quindi, prova diretta e non indiziaria del maggior imponibile accertato, senza che occorra a tal fine … la presenza del difensore”.

17 Si fa qui riferimento alle pronunce della Corte di Cassazione nn. 5628/1990, 7469/1999, 9320/2003, 1286/2004, 28316/2005, 13482/2008, 25946/2011 e 27833/2013.

18 Con sentenza n. 9552/2013 la Cassazione aveva già avuto modo di rilevare che il divieto di prova testimoniale nel processo tributario, di cui all’art. 7 co. 4 del D.Lgs 546/1992, preclude l’assunzione di dichiarazioni orali di terzi all’interno del processo, ma non implica l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate da terzi fuori dalla sede processuale contenute in documenti o altri supporti. In merito la Suprema Corte aveva già avuto modo di evidenziare che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche a privati nella fase amministrativa di accertamento elementi utili al procedimento (sentenze nn. 14774/2000 e 14427/ 1999).

19 In questo senso A. LOPARCO, La confessione non è testimonianza: può entrare nel processo tributario, in FiscoOggi.it del 04.11.2014.

20 In tema di dichiarazioni rese dal direttore tecnico della società e loro valenza di confessione stragiudiziale, Cass.n.12271/2007

21 In senso conforme anche Cass.nn.28316/2005, 12271/2007, 22122/2010. Per un commento della sentenza, anche F.GAVIOLI, L’amministratore deve prestare attenzione alle dichiarazioni durante le verifiche in azienda, in questa Rivista del 8.4.2015, nonché L.CASTALDI, Riserve sulla natura agevolativo-esentativa del regime di imposizione reddituale degli enti associativi, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, n.7/2015.

22 Sul punto, per una ricognizione giurisprudenziale, F.BUETTO, Il problema delle dichiarazioni di terzi nel processo tributario, in questa Rivista del 12.5.2015. Si veda poi F.MENTI, La potestà ispettiva nei confronti di terzi, in V.UKMAR, F.TUNDO (a cura di), Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, Cedam, 2005

23 Come correttamente ricorda F.MENTI, La potestà ispettiva nei confronti di terzi, in V.UKMAR, F.TUNDO (a cura di), Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, Cedam, 2005, al contribuente non è negata la possibilità – dai Giudici delle leggi – la possibilità di “contestare la veridicità delle dichiarazioni di terzi raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale”.

Nel caso in cui ciò avvenga, “il giudice tributario potrà e dovrà far uso degli ampi poteri istruttori riconosciutigli … rinnovando e, eventualmente, integrando …l’attività istruttoria svolta dall’ufficio”, sempre che il giudice non ritenga l’accertamento adeguatamente sorretto da altri mezzi di prova. In senso conforme anche Cass.n.12456/2001,

24 Quanto al valore probatorio delle dichiarazioni testimoniali, la Suprema Corte ha avuto più volte occasione di evidenziare che nel processo tributario le dichiarazioni rese da un terzo (ad esempio quelle acquisite da militari della Guardia di Finanza e trasfuse nel processo verbale di constatazione, poi riprese nell’avviso di accertamento) hanno mero valore indiziario e concorrono a formare il convincimento del giudice, anche se non rese in contraddittorio con il contribuente (sentenze nn. 16825/2006, 25362/2007, 12245/2010, 22519/2013, 21813/2012).

Sempre la Corte di Cassazione ha inoltre avuto modo di rilevare che le dichiarazioni raccolte dall’amministrazione finanziaria nella fase procedimentale si distinguono dalla tipica prova testimoniale per il loro valore probatorio, che è quello proprio degli elementi indiziari, senza che si determinino violazioni del principio di parità della armi, potendo il contribuente contestare la veridicità delle dichiarazioni in argomento e introdurre a sua volte nel giudizio di merito altre dichiarazioni di terzi rese a discarico in sede extraprocessuale (sentenze nn. 4423/2003, 20032/2011 e 9402/2007).

25 Come correttamente rilevato da parte della dottrina, le dichiarazioni di terzi costituiscono meri indizi che il contribuente può contestare con mezzi alternativi o con dichiarazioni contrarie, pur essendo le Commissioni tributarie tenute a valutare con prudente apprezzamento le suddette dichiarazioni con riguardo a quelle contrarie del contribuente, onde stabilire il grado di attendibilità delle prime.

Si veda F.MENTI, La potestà ispettiva nei confronti di terzi, in V.UKMAR, F.TUNDO (a cura di), Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, Cedam, 2005 Sul punto, Cass.n.14774/2000 ricorda che qualora il contribuente non contesti la veridicità dei dati forniti da un ex dipendente in ordine all’ammontare dei ricavi conseguiti, ne riconosca implicitamente l’attendibilità.

26 In Cass.n.21153/2015 si legge che le “dichiarazioni rese da terzi … hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutati dal Giudice – non potendo costituire da sole il fondamento della decisione”

27 Si veda, per un commento, D.ALBERICI, Solo indiziarie le dichiarazioni di un solo soggetto, in ItaliaOggi del 6.6.2015.

28 In dottrina anche A. BORGOGLIO, Le dichiarazioni dell’ex amministratore svelano i ricavi occulti della società, in ilfisco n.7/2016.

29 Conforme, Cass.n.20032/2011

30 Conforme, Cass.n.21812/2012

31 Anche Cass.n.2916/2013

32 In dottrina già MANDÒ, IVA – i così detti “processi verbali di sommarie informazioni testimoniali” redatti dalla Guardia di Finanza, in Bollettino Tributario, 1978, pag.1821, sosteneva che alle informazioni legittimamente assunte, nel rispetto, cioè dei limiti e delle forme del disposto dell’art.51, n.4 del DPR n.633/1972, non può essere riconosciuta una efficacia probatoria piena e superiore a quella di un mero indizio, inidoneo da solo a formare il convincimento dell’ufficio o del giudice. E ciò per non poter essere riconosciuta alle predette dichiarazioni la natura di testimonianza, e per essere spesso inquinate dal più o meno evidente interesse del dichiarante di nascondere proprie inadempienze.

In senso conforme, F.MENTI, La potestà ispettiva nei confronti di terzi, in V.UKMAR, F.TUNDO (a cura di), Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, Cedam, 2005

33 In senso conforma anche Cass.n.8772/2008

34 Sul tema erano già intervenute le sentenza della Corte di Cassazione nn. 5628/1990, 1826/2004, 20009/2009, 7964/1999, 9320/2003, 28316/2005, 19965/2014, 6953/2015, 5931/2015, 20259/2015, alcune delle quali richiamate e commentate in questa sede.

35 In dottrina, si vedano anche A. BORGOGLIO, le dichiarazioni dell’amministratore inchiodano la società, in eutekne.info del 17.10.2015 e A. ROSANA, i dati raccolti dalla Gdf sono sufficienti a far scattare un valido accertamento, in www.lavorofisco.it del 20.10.2015, nonché (NON FIRMATO), Si ai numeri accettati in contradditorio, in ItaliaOggi del 7.1.2016.

36 Sulla valenza del contenuto del processo verbale in ambito amministrativo è già intervenuta più volte la Suprema Corte. Con sentenza n.18630/2006 la Corte ha avuto modo di rilevare che

“nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione che irroga una sanzione amministrativa l’attitudine probatoria propria del verbale di accertamento dell’infrazione non è estensibile al mero verbale di contestazione con il quale cioè l’amministrazione si limiti a significare al presunto trasgressore l’addebito della violazione sulla base di un verbale di accertamento precedentemente redatto.”

Con sentenza n. 3939/1998 è stato invece statuito che

“Nel giudizio di opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni irrogative di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento fa fede fino a querela di falso quanto ai fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza ( e descritti senza margini di apprezzamento ) e quanto alla provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale stesso (risultando, per converso prive di efficacia probatoria privilegiata le mere valutazioni del verbalizzante), senza che ciò contrasti con il disposto dell’art. 6 lett. B) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, riguardando tale norma la questione (affatto diversa) del diritto di disporre del tempo e del modo di preparare la difesa.”

37 Così anche la Cassazione con sentenza n. 20029/2011. 38 Nello specifico, Vo.II, Parte IV, Cap.2, par.6.d.

39 In questa attività nei confronti di terzi rientrano, tra gli altri, l’esercizio dei poteri previsti dall’art.51 DPR n.633/72 e art.32 DPR n.600/73, compresi i cc.dd. controlli di coerenza esterna, definiti dalla Circolare n.1/2008 (Vol.I, Parte III, Cap.4, par.3.c.(2)) del Comando Generale della Guardia di Finanza come il

“confronto fra le risultanze dell’impianto contabile del soggetto ispezionato … con ogni genere di dato o risultanza, materiale/fattuale/fenomenica ovvero documentale/contabile, acquisita all’ispezione esternamente all’attività economica oggetto di questa, per effetto, ad esempio: – degli elementi ottenuti … per effetto di attività di verificazione o rilevazione svolte in contesti esterni; – di controlli incrociati svolti nei confronti di altri soggetti che hanno intrattenuto rapporti di interesse fiscale con il soggetto ispezionato; ….”,

nella considerazione che la funzione di tali riscontri risulta certo intuitiva, atteso che “la ricostruzione della effettiva e reale posizione fiscale del contribuente interessato, dal punto di vista sostanziale, non può prescindere dalla ricerca anche di elementi di conferma esterni rispetto a quanto rilevato nell’ambito della realtà economica esaminata”.

40 Art.52, co.6 DPR IVA:

“Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione…”

41 Art.12, co.4, Legge n.212/2000:

“Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica”

42 Art. 2734 cod.civ.:

“Quando alla dichiarazione indicata dall’articolo 2730 si accompagna quella di altri fatti o circostanze tendenti a infirmare l’efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o a estinguerne gli effetti, le Dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità se l’altra parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte. In caso di contestazione, è rimesso al giudice di apprezzare, secondo le circostanze, l’efficacia probatoria delle dichiarazioni”

43 Come correttamente ricorda F.MENTI, La potestà ispettiva nei confronti di terzi, in V.UKMAR, F.TUNDO (a cura di), Codice delle ispezioni e verifiche tributarie, Cedam, 2005, al contribuente non è negata la possibilità – dai Giudici delle leggi – la possibilità di “contestare la veridicità delle dichiarazioni di terzi raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale”.

Nel caso in cui ciò avvenga, “il giudice tributario potrà e dovrà far uso degli ampi poteri istruttori riconosciutigli … rinnovando e, eventualmente, integrando …l’attività istruttoria svolta dall’ufficio”, sempre che il giudice non ritenga l’accertamento adeguatamente sorretto da altri mezzi di prova. In senso conforme anche Cass.n.12456/2001,

44 riportanti le dichiarazioni utilizzate per supportare proposte di recupero a tassazione

45 In tal senso anche il Documento di Economia e Finanza 2014, in cui si parla di migliore collaborazione tra Amministrazione e contribuente, anche per agevolare l’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali.

46Per un approfondimento sulla tematica, si veda anche G.MANGO, M.GIUA, P.ACCARDI, Verifica fiscale e sport dilettantistico tra diritti e doveri del contribuente”, in AA.VV., Manuale delle associazioni sportive, EUTEKNE, 2011

47 Tra cui assenza di contabilità, presenza di documentazione fiscale e contabile frammentaria, mancata presentazione della dichiarazione

48 Punto 4.b. della Circolare n.336701/14

49 In tal senso, Circolare n.1/2008, vol.II, Parte IV, Cap.2, par.6.b) in tema di sistemi di ricostruzione indiretta del ciclo di affari, nonché Circolare n.336701/14, punto 4.b.

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