Agevolazioni prima casa e sopresa archeologica

aggiorniamo la nostra rassegna di giurisprudenza tributaria relativa alle agevolazioni prima casa col caso della scoperta archeologica che blocca i lavori di ristruttrazione ed il trasferimento nei termini di legge nell’abitazione acquistata: tale impedimento vale come caso di forza maggiore?

Con l’ordinanza 10 dicembre 2015, n. 24963, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni prima casa, il mancato trasferimento della residenza, nei termini previsti, non comporta la decadenza dall’agevolazione, qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto.

Il caso archeologico

Trascorsi 18 mesi dal rogito, l’immobile in questione non era utilizzato come prima casa né ivi risultava la residenza del contribuente.

La forza maggiore addotta dal contribuente (vincoli archeologici ed ambientali) per giustificare il ritardo nell’utilizzo dell’immobile per il fine per il quale era stato acquistato non è stata riconosciuta dalla CTR, che ha evidenziato che la ristrutturazione di un immobile vetusto, vincolato e sito in centro storico, deve lasciar prevedere il sopravvenire di “imprevisti” e la possibilità di ritardi e complicanze, ben conosciute “da chi opera nel campo della ristrutturazione di immobili vincolati“.

Il giudice di cassazione, investito della questione, rileva che la CTR si è concentrata sull’aspetto dell’invocata forza maggiore, di cui ha escluso l’esistenza per il fatto che gli “imprevisti” (in ipotesi di ristrutturazione di immobili vincolati), non possono essere ignoti a chi si opera in questo settore.

In tal modo, però, osserva la Corte, “il giudicante ha riferito alla parte ricorrente un dovere di qualificata consapevolezza senza che sia noto se la medesima parte sia effettivamente un “operatore” del settore delle ristrutturazioni di immobili vincolati (come parrebbe doversi escludere per il fatto che quest’ultima è qui coinvolta in relazione a condotte che la riguardano solo come titolare dell’interesse alla prima casa di abitazione e per il fatto che non vi è menzione di elementi che riferiscano il programma di ristrutturazione dell’edificio in epoca antecedente a quello dell’acquisto), così facendo abnorme qualificazione ed applicazione del concetto di forza maggiore, nell’ottica dell’applicazione della disciplina della cui violazione la parte ricorrente si duole”.

Sul punto, la Corte richiama un proprio precedente (sent. nn.14399/2013 e 13177/2014), secondo cui occorre “tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento. Ne consegue che il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione, qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto (nella specie, la sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile disposta dalla sopraintendenza per la cd. sorpresa archeologica, cioè il rinvenimento di reperti, impeditivo della prosecuzione dei lavori)“.

Pertanto, prosegue la Corte, “la ricorrenza del presupposto di legittima elusione della violazione del termine di legge va effettuata con concreto riferimento ai dati di fatto sulla scorta dei quali la parte contribuente prospetta l’esistenza di un impedimento inevitabile e non imputabile e non già in ragione di certezze private di incerta origine circa la qualificata consapevolezza degli operatori del settore”.

Nel caso in questione, invece, il giudicante ha del tutto pretermesso l’esame delle concrete emergenze di causa quali documentate dalla parte contribuente.

Breve nota

La posizione della Corte di Cassazione, sulla derogabilità del termine dei 18 mesi per cause di forza maggiore, non è sempre univoca.

Tuttavia, va osservato che la sentenza n. 14399 del 7 giugno 2013 (ud. 18 aprile 2013), qui richiamata, investe proprio la cd. sorpresa archeologica. La Suprema Corte, nel caso allora sottoposto, ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado che aveva ritenuto “che la sospensione dei lavori di ristrutturazione della casa, dovuta al ritrovamento di reperti archeologici, comportava l’impossibilità di stabilire la residenza nell’immobile acquistato, ricorrendo il caso di forza maggiore”. Prosegue la Corte che “Tale principio, espresso in riferimento al D.L. n. 12 del 1985, art. 2, convertito nella L. n. 118 del 1985, può trovare applicazione, data l’identità di ratio, anche in relazione al caso di acquisto di un immobile in altro Comune, in cui il trasferimento di residenza, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, deve intervenire entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto. La realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto – proprio perchè inerente ad un suo comportamento – della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione prima casanon comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile stesso”.

Che il rinvenimento di reperti archeologici comporti l’immediata sospensione dei lavori è un dato assolutamente certo. Una eventuale prosecuzione dei lavori porterebbe anche a conseguenze di natura penale.

E sull’aspetto della sorpresa archeologica la Corte ha assunto una posizione ben precisa: qui il mancato trasferimento della residenza (imposto dalla norma agevolativa) deriva dalla necessità di osservare un ulteriore obbligo di legge (sospensione dei lavori, in caso di rinvenimento dei reperti).

Il punto essenziale su cui vale la pena soffermarsi è che tale pronunciamento non sembra poter esser traslato ad altre fattispecie similari.

Infatti, con l’ordinanza n. 24926 del 26 novembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009), la Corte di Cassazione non ha dato alcuna rilevanza giuridica “nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, nè all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio e trattandosi di normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cass. nn. 8377 del 2001, 26115 del 2005, 1173 e 4628 del 2008)”.

Principio confermato con la sentenza n. 17597 del 12 ottobre 2012 (ud. 12 luglio 2012), con cui la Corte di Cassazione ha negato il riconoscimento delle agevolazioni prima casa, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi, pur in presenza di lungaggini burocratiche che ne hanno impedito il trasloco. La Suprema Corte, facendo propri precedenti pronunciamenti, ha confermato che “è consolidato il principio secondo cui – in tema di imposta di registro e ai sensi del comma 2 bis della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente (già stabilita o da trasferire, nel termine prescritto, nel comune dell’immobile acquistato), mentre nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico (cfr Cass. 1530/12, 14399/10, 4628/08, 1173/08, 22528/07, 18077/02, 8377/01); ciò anche in rapporto alle ineludibili esigenze di celerità e certezza nell’applicazione dell’agevolazione”.

Ed ancora, con due recenti interventi, la Corte di Cassazione ha ulteriormente stretto sulle agevolazioni prima casa. Con l’Ordinanza n. 4800 del 10 marzo 2015 (ud. 5 febbraio 2015) la Corte di Cassazione ha non ha dato peso alle lungaggini burocratiche di rilascio delle autorizzazioni edilizie per le opere di ristrutturazione prima e abitabilità poi, non costituendo cause ostative sopravvenute, imprevedibili e non evitabili dal contribuente. Infatti, “le lungaggini burocratiche non riescono ad integrare la forza irresistibile ostativa al trasferimento nel comune dov’è ubicato l’immobile oggetto delle agevolazioni”; e con la sentenza n. 5015 del 12 marzo 2015 (ud. 5 febbraio 2015) la Corte di Cassazione non ha reputato causa di forza maggiore il protrarsi dei lavori di ristrutturazione dell’immobile. “La Corte ha già stabilito (Cass. 26 marzo 2014, n. 7067) che non integra l’evento inevitabile ed imprevedibile la mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, atteso che, in assenza di specifiche disposizioni, non vi è ragione di differenziare il regime fiscale di un siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato. A maggior ragione il principio va applicato nell’ipotesi in esame, in cui l’immobile è stato sottoposto a lavori di straordinaria manutenzione”.

27 febbraio 2016

Gianfranco Antico