La costituzione dell’usufrutto sulla prima casa non fa decadere dalle agevolazioni fiscali ai fini dell’imposta di registro.
Con l’ordinanza n. 25863 del 22 settembre 2025, la Cassazione ha affermato che la costituzione di un diritto di usufrutto su un immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” non determina la decadenza dal beneficio, purché il contribuente conservi la nuda proprietà. Una lettura che smentisce l’orientamento prevalente – sostenuto anche dall’Agenzia delle Entrate – secondo cui anche l’alienazione parziale o la costituzione di diritti reali di godimento integrano i presupposti per la perdita delle agevolazioni.
La decadenza delle agevolazioni prima casa
In tema di agevolazioni per l’imposta di registro sulla prima casa, la decadenza è prevista (oltre al caso di mendacio nelle dichiarazioni agevolative), nelle ipotesi in cui il contribuente proceda al trasferimento a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con tali benefici prima del decorso di cinque anni dalla data del loro acquisto, a meno che, entro un anno dall’alienazione dell’immobile, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Per tale fattispecie, si è recentemente pronunciata la Cassazione (ordinanza 22 settembre 2025 n. 25863).
L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto integrata la decadenza in quanto il contribuente, meno di cinque anni dopo aver acquistato un immobile con le agevolazioni prima casa, vi aveva costituito il diritto di usufrutto a favore di terzi.
Il ricorso del contribuente viene accolto nelle due sedi di merito, ed arriva, appunto in Cassazione.
La costituzione di usufrutto non fa decadere
Secondo la Suprema Corte, la costituzione del diritto di usufrutto non comporta la decadenza perché il diritto che resta in capo al contribuente (ossia la nuda proprietà) è un diritto per il cui acquisto può spettare l’agevolazione prima casa.
La Cassazione in sostanza afferma che solo il trasferimento della proprietà – e non quindi quello di diritti reali minori – può quindi causare la decadenza. Si tratta di una decisione contraria all’interpretazione finora maggioritaria, nella quale, manco a dirlo, trova anche spazio la prassi.
Le motivazioni contrarie più convincenti preferiamo trovarle nella giurisprudenza, che ha affermato che la stessa legge sul registro assimila gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere” agli “atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento”.
Inoltre, è stato fatto rilevare come sulla base dello stesso ragionamento della sentenza qui commentata, si potrebbe sostenere che anche l’alienazione di una sola quota della prima casa non comporti la decadenza, posto che il contribuente resterebbe titolare di un’altra quota dell’immobile e che l’accesso al beneficio è ammesso anche solo per una quota.
La decisione, se da un lato rompe uno schema consolidato, può generare nuove incertezze interpretative: se il principio si estendesse ad altri casi si rischierebbe di svuotare in parte la portata della norma antielusiva.
In ogni caso, stavolta la Cassazione ha sorpreso non con un’interpretazione restrittiva, ma con una lettura favorevole al contribuente, che potrebbe costituire un precedente destinato a far discutere.
NdR: sull’argomento potrebbe interessarti anche un intervento del notaio Gianfranco Benetti: Agevolazioni prima casa, tre casi risolti: la convivenza col coniuge; idoneità casa precedente; acquisto unità adiacente
Sabato 4 Ottobre 20025
Danilo Sciuto