Accertamento valido con o senza contraddittorio?

segnaliamo una recente sentenza della giurisprudenza di merito che stabilisce che è (ancora?) obbligatorio instaurare il contraddittorio con il contribuente in quanto trattasi di principio fondamentale del diritto dell’Unione europea; tale sentenza sembra ignorare le ultime pronunce di Cassazione…

contraddittorio_immaginePrima dell’emanazione dell’avviso di rettifica è obbligatorio instaurare il contraddittorio con il contribuente in quanto trattasi di principio fondamentale del diritto dell’Unione europea.

Il principio è contenuto nella sentenza n. 6/2016, depositata il 12/1/2016, della C.T.P. di Rieti da cui emerge che la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo nella fase procedimentale dell’adozione dell’atto impugnato determina l’invalidità dell’atto stesso atteso che ogni persona ha diritto di essere sentita prima dell’adozione di ogni decisione che può incidere in maniera negativa sui propri interessi.

La Giurisprudenza

La questione oggetto della sentenza in esame appare al momento irrisolta attese le numerose sentenze, anche a sezioni unite, della giurisprudenza di legittimità e di merito che hanno espresso orientamenti divergenti.

La Suprema Corte ha ritenuto recentemente che l’amministrazione finanziaria non è obbligata ad attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto a meno che non sia previsto espressamente per legge. Tale principio è contenuto nella sentenza n. 24823/2015 della Cassazione a sezioni unite da cui emerge che l’art 12, comma 7, legge n. 212/2000 si applica solo in caso di atti emessi a seguito di accessi, ispezioni o verifiche fiscali effettuate presso la sede del contribuente e vale solo per i tributi armonizzati. L’ordinanza di rimessione alla Corte (n. 527/2015 ) aveva, infatti, premesso che in ambito tributario non esiste alcuna norma che impone un obbligo generalizzato il contraddittorio preventivo.

Allo stesso modo le sentenze nn. 1966/14 e 19668/14 della Cassazione Sezioni Unite e le sent. nn. 25759/14 e 406/015 affermano l’obbligo del contraddittorio, sancito per accertamenti fondati su ipotesi di abuso di diritto ma anche su fattispecie atipiche di abuso di diritto. Altri pronunciamenti, intervenuti in materia di Iva ossia su tributo armonizzato, hanno ritenuto operante la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, quale principio interno all’ordinamento comunitario (Cass. nn. 16036/15; 6232/15; 961 e 992/15).

Ma in precedenza la stessa Corte di Cassazione aveva ribadito il diritto del contribuente al contraddittorio quale diretta applicazione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità (art. 97), di capacità contributiva e di uguaglianza e nel rispetto del dettato normativo di cui all’art12 dello Statuto del contribuente (Cass. nn. 23050/2015 e 18184/2013).

Lo Statuto del contribuente

La disposizione contenuta nel citato art. 12 legge n. 212/2000 prevede il diritto del contribuente sottoposto a verifica fiscale a presentare all’ufficio, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate dallo stesso ufficio impositore. L’accertamento non può essere emesso prima della scadenza di tale termine, eccezion fatta per situazioni di particolare urgenza da motivare; la disposizione in esame non contempla alcuna sanzione in caso di violazione, prevedendo una forma di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’accertamento.

Tale norma deve essere interpretata nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima, fatta eccezione per la presenza di oggettive specifiche ragioni d’urgenza. L’ambito di applicazione del suddetto art. 12 è limitato agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente (Cass. n. 24283/2015).

La normativa prevede alcuni casi di particolare e motivata urgenza in cui è consentita l’inosservanza del termine che, tuttavia, devono essere giustificati, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di provare la causa di impedimento (si pensi, ad esempio, ai casi in cui non ci siano pericoli di perdita erariale o accertamenti collegati alla consumazione di reati tributari. Tra i motivi che possono legittimare l’emissione dell’atto prima dei sessanta giorni non è prova idonea l’allegazione dell’impedimento costituito dalla imminente scadenza del termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo, occorrendo anche la prova che la questione non sia stata determinata da fatto imputabile alla stesa PA.

Fattispecie

Nella fattispecie in esame il contribuente, di professione coltivatore diretto, ha impugnato l’avviso di rettifica emesso dall’Agenzia delle entrate che aveva revocato i benefici di legge attesa la sua qualità di coltivatore diretto. Lo stesso ha eccepito che l’ufficio aveva revocato i benefici spettanti per legge senza aver posto in essere un contraddittorio preventivo.

La CTP con la sentenza in commento ha accolto il ricorso ribadendo quanto emerso in sede di legittimità (Cass, SU, n. 19667/2014) ossia “il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di ogni decisione che può incidere in maniera negativa sui propri interessi ed il cui rispetto costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione europea, più volte affermato dalla Corte di Giustizia facendolo derivare dagli artt. 41, 47 e 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

I giudici di merito hanno ritenuto, inoltre, sussistente il requisito per il godimento di legge spettante per la qualità di coltivatore diretto del contribuente. Infatti quest’ultimo ha dimostrato di aver richiesto la certificazione attestante tale qualità e il mancato rilascio non gli può essere addebitato, sovvenendo in tal senso anche la Suprema Corte. Quest’ultima ha ammesso il diritto del contribuente di far valere, con libertà di prova, la sussistenza del presupposto dell’agevolazione e del giudice di valutare in modo autonomo la sussistenza dei requisiti di legge per l’accesso all’agevolazione di cui trattasi (Cass. n. 8326/2014).

Alla luce di quanto precede la questione resta al momento ancora irrisolta, stante i diversi orientamenti espressi in sede di legittimità, nonostante un pronunciamento a sezioni unite che ha affermato che per i tributi “non armonizzati” non esiste un obbligo generalizzato, salvo che non sia previsto dalla legge, mentre per i tributi armonizzati la norma va interpretata secondo i principi comunitari, convocando il contribuente prima dell’emanazione dell’atto.

18 gennaio 2016

Enzo Di Giacomo