la legge di Stabilità del 2016 disciplina l’assegnazione agevolata dei beni ai soci: si tratta di una previsione sicuramente utile che consentirà a molte società di iniziare o ultimare la fase di liquidazione con meno oneri tributari; ecco come funziona…
La legge di Stabilità del 2016 (oggi 21/12/2015 al Senato per l’avvio della definitiva approvazione) disciplina, con una specifica disposizione, l’assegnazione agevolata dei beni ai soci. Si tratta di una previsione sicuramente utile che consentirà a molte società di comodo di iniziare, o ultimare, la fase di liquidazione con meno oneri tributari.
In molti casi si tratta di società costituite in epoca remota che ogni anno devono confrontarsi con il test di “operatività”. Fino ad oggi queste società non hanno estromesso gli immobili posseduti in quanto l’emersione delle plusvalenze latenti avrebbe determinato un onere fiscale eccessivo. Ora, a seguito della previsione contenuta nella legge di Stabilità del 2016, l’onere fiscale sarà mitigato con l’applicazione di un’imposta sostitutiva in luogo dei criteri di tassazione ordinari.
L’eccessiva onerosità delle imposte rappresenta, però, un problema soprattutto ai fini Iva anche se, nella maggior parte dei casi, l’estromissione degli immobili non sarà soggetta all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. In ogni caso il termine ultimo per avvalersi dell’assegnazione agevolata è il 30 settembre del 2016.
Si consideri ad esempio il caso in cui l’assegnazione riguardi un immobile in corso di costruzione o di ristrutturazione. L’operazione sarà obbligatoriamente soggetta ad Iva senza che sussista la possibilità di applicare, ai fini delle imposte indirette, alcuna imposta sostitutiva.
L’imposta sul valore aggiunto è un tributo comunitario e così si spiega l’impossibilità di prevedere forme sostitutive di tassazione che diano luogo alla rinuncia di una parte del gettito. L’atto di assegnazione ai soci rappresenta, ai fini fiscali, un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. L’Iva dovrà essere versata dalla società che effettua l’assegnazione al netto della quota detraibile. In questo caso l’impresa ha due possibilità potendo scegliere di esercitare o meno la rivalsa. Nel primo caso l’Iva è un onere a carico dei soci che non potranno considerare in detrazione il tributo se non impiegano l’immobile in un’attività di impresa. Viceversa, laddove la rivalsa non venga esercitata, l’onere peserà esclusivamente sull’impresa che effettua l’assegnazione in quanto risulterà debitrice del tributo nei confronti dell’Erario pur non avendo incassato alcuna somma a tale titolo. Questa situazioni possono effettivamente rappresentare un “freno” all’assegnazione degli immobili che risulterebbe oltre modo onerosa.
Nella maggior parte dei casi, però, l’operazione sarà esclusa da Iva. Il beneficio è possibile se la società che ha effettuato l’assegnazione non ha considerato in detrazione l’Iva per qualsiasi ragione. Ad esempio se la società ha ottenuto la disponibilità dell’immobile che ora intende assegnare acquistandolo da un privato, l’atto di provenienza sarà stato assoggettato ad imposta di registro. In alternativa la stessa società potrebbe non aver assolto l’Iva all’atto dell’acquisto in quanto la cessione era esente da Iva. Potrebbe anche trattarsi di un immobile acquistato anteriormente all’entrata in vigore dell’Iva (ad esempio un acquisto effettuato in epoca molto remota).
In tutti questi casi l’impresa che intende ora effettuare l’assegnazione non ha potuto considerare in detrazione il tributo (anche se non applicato all’atto dell’acquisto). Conseguentemente l’atto di estromissione è fuori campo di applicazione dell’Iva, ai sensi dell’art. 2, c. 2, n. 5, del D.P.R. n. 633/1972.
Le ragioni dell’esclusione sono intuibili. La società non ha ottenuto alcun beneficio all’atto dell’acquisto del bene non avendo esercitato il diritto alla detrazione (in mancanza dell’addebito dell’Iva). Conseguentemente non sorge l’esigenza di tassare l’immobile all’atto dell’estromissione che passa dalla sfera d’impresa ad una sfera privata. Viceversa qualora la società avesse fruito del credito originato dalla detrazione del tributo all’atto dell’acquisto sarebbe sorta l’esigenza di assoggettare a tassazione l’operazione di passaggio dall’impresa al consumatore finale.
In tutti questi casi la mancata applicazione dell’Iva non “pesa” sui soci beneficiari dell’assegnazione e l’operazione risulterà non eccessivamente onerosa.
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Il valore normale dell’immobile oggetto di assegnazione sarà assoggettato all’applicazione dell’imposta di registro la cui misura risulta ridotta alla metà per le estromissioni effettuate entro il 30 settembre prossimo. Le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa. L’imposta di registro, applicabile ordinariamente nella misura del 9 per cento, si riduce in questo caso, al 4,5 per cento.
Il massimo beneficio interesserà gli immobili strumentali per natura, quindi aventi classificazione catastale A/10, B, C, D ed E. Ciò a condizione che l’impresa “assegnante” abbia esercitato la detrazione all’atto dell’acquisto. Infatti, come già esaminato, la mancata detrazione dell’Iva (indipendentemente dalla ragione) determina l’esclusione dell’assegnazione dalle operazioni in campo Iva con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale. Viceversa se l’impresa ha acquistato il bene immobile oggettivamente strumentale (ad esempio un ufficio) esercitando il diritto alla detrazione, l’assegnazione sarà naturalmente esente da Iva ai sensi dell’art. 10, c. 1, n. 8–ter del decreto Iva. Il beneficio sarà dovuto non solo al mancato aggravio dell’Iva per i soci destinatari dell’assegnazione, ma anche all’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa. In questo caso, però, non sarà possibile applicare l’ulteriore beneficio previsto dalla legge di Stabilità del 2016 rappresentato dall’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Tale imposte saranno dovute, come previsto dalla disciplina ordinaria, nella misura “rinforzata” del 4%.
L’esenzione dall’Iva dovuta all’applicazione del citato art. 10, n. 8–ter richiederà di verificare preventivamente l’eventuale applicazione del meccanismo della rettifica della detrazione previsto dall’art. 19–bis 2 del D.P.R. n. 633/1972. Infatti, ove l’impresa che effettua l’assegnazione fosse obbligata a restituire all’Erario una parte del tributo precedentemente considerato in detrazione, la convenienza dell’operazione potrebbe ridursi in maniera considerevole.
21 dicembre 2015
Nicola Forte