Accertamento parziale ad ampio raggio

la giurisprudenza sta ammettendo sempre più spesso la validità degli accertamento parziali che potranno diventare strumenti sempre più utilizzati dal Fisco nel contrasto all’evasione

Con la sentenza n. 21984 del 28 ottobre 2015 (ud. 29 settembre 2015) la Corte di Cassazione ha confermato che “l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, ai fini reddituali, e D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, ai fini Iva, nè prevede limiti in relazione al metodo di accertamento induttivo, consentito, in linea di principio, anche in presenza di contabilità tenuta in modo regolare, quanto piuttosto una modalità procedurale che segue le stesse regole previste per gli accertamenti (v. ex multis, Cass. nn. 5977/07, 2761/2009, 25335/2010, 27323/2014, 25989/2014). Inoltre, come è stato anche chiarito, l’utilizzo dell’accertamento parziale è nella disponibilità degli uffici anche quando ad essi pervenga una segnalazione o processo verbale di constatazione della Guardia di finanza (Cass. n. 23729/2013) che fornisca elementi per ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba (neppure prima delle modifiche apportate nel 2004) essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta (Cass. n. 20496/2013)”.

Pertanto, gli uffici, senza pregiudizio dell’ulteriore attività accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 43, possono procedere con l’accertamento parziale che “non è, dunque, circoscritto all’accertamento del reddito d’impresa o solo a talune delle categorie di redditi di cui all’art. 6 del T.U.I.R., nè, del resto, è richiesto all’ufficio di fornire la prova certa del maggior reddito, prova che può invece essere raggiunta anche con le presunzioni di cui alla fonte legale (qualora risultino elementi con l’accertamento parziale possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice di merito nella fase contenziosa (cfr. Cass. nn. 496/2013, 27323/2014)”.

Il punto1

Come è noto, la Finanziaria 2005 ha apportato sensibili modifiche all’impianto normativo degli accertamenti parziali, aderendo all’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria. Al di là delle modifiche terminologiche introdotte a seguito della soppressione degli Uffici Iva e II.DD. e la contestuale istituzione degli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate (oggi confluiti nelle Direzioni Provinciali), il legislatore simmetricamente sia ai fini Iva che reddituali -, ha disposto l’utilizzabilità degli elementi che provengono dall’attività di controllo esterna (accessi, ispezioni e verifiche) nonché dalle segnalazioni effettuate dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali. L’impiego dello strumento parziale, inoltre, è stato esteso alle ipotesi in cui dalle segnalazioni emerga comunque, ai fini delle imposte sui redditi, l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di liquidazione e controllo formale della dichiarazione.

L’ampliamento del raggio d’azione dell’accertamento parziale, sia ai fini reddituali che Iva, si è concluso con la cd. Legge di Stabilità 2011 (art. 1 c.17, L. 13 dicembre 2010, n. 220) che ha integrato il solo richiamo all’attività di controllo esterna con il riferimento alle attività istruttorie di cui all’art. 32, c. 1, nn. 1 – 42.

Ne deriva che, fermi i dati e gli elementi acquisiti per effetto degli accessi, ispezioni e verifiche (nonché dalle altre fonti già indicate nella norma – art. 41-bis, c. 1, D.P.R. n. 600/73), è ora possibile utilizzare tale strumento anche in presenza di altre attività istruttorie prima non specificatamente previste ( nvito ai contribuenti per fornire dati e notizie rilevanti anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti per effetto delle indagini finanziarie o su segnalazione dei pubblici dipendenti; invito ai contribuenti ad esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti; invio ai contribuenti di questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti3).

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La giurisprudenza di legittimità4 ha confermato la legittima utilizzazione dello strumento dell’accertamento parziale nelle ipotesi in cui pervenga agli uffici una segnalazione della Guardia di Finanza che fornisca elementi per ritenere sussistente un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba, neppure prima delle modificazioni legislative apportate nel 2005, essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta, e potendo, quindi, lo stesso essere utilizzato anche in seguito ad un p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza. E di recente, la Corte di Cassazione ha riconfermato la sua posizione (sent. n. 20496 del 6 settembre 2013, ud. 10 aprile 2013) in presenza di un pvc dove erano state attivate le indagini finanziarie, ribadendo che l’accertamento parziale non è circoscritto all’accertamento di sole alcune categorie di redditi.

Dal canto suo, il Legislatore ha posto dei paletti alla questione, avallando e ampliando le condivisibili e puntuali indicazioni di prassi (cfr CM n. 235/1997), pur se il problema investe la qualificazione del secondo accertamento, e non del primo, che comunque, al di là del nome iuris, rimane pienamente legittimo5.

La stessa dottrina6 che critica il dettato normativo rileva, comunque, che, nel rispetto delle condizioni previste, qualunque accertamento può assumere la qualifica di parzialità. Né le critiche mosse7, in ordine al venir meno del principio di certezza del diritto ed affidamento del contribuente, scalfiscono il dettato normativo.

 

21 dicembre 2015

Gianfranco Antico

1 Cfr. Antico, Accertamenti parziali allargati, in “ il Fisco”, n.43/2014, pag.4222

2 Cfr. art. 41-bis del D.P.R. n. 600/73, nella sua attuale formulazione: “Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 43, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 32, primo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società, associazioni ed imprese di cui all’art.5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o l’esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218. Non si applica la disposizione dell’art. 44”. Ed ai fini IVA, l’art. 54, c. 5, del D.P.R. n. 633/72, così recita: “Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’articolo 57, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 51, secondo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.

3 Cfr. Capolupo, Accertamento parziale: nuove modifiche, in “il fisco“, n. 4/2011, pagg. 1-543.

4 Cass. sentenza n. 23729 del 21 ottobre 2013 (ud. 17 dicembre 2012). In senso conforme, già antecedentemente Cass. 11057/2006, secondo cui “l’utilizzo dell’accertamento parziale è infatti nella disponibilità degli uffici quando ad essi pervenga una segnalazione della Guardia di finanza che fornisca elementi per ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba (neppure prima delle modifiche apportate nel 2004) essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta”.

5 LUPI, Manuale giuridico professionale di diritto tributario, Milano, 2001, pag. 125, che ha acutamente osservato che la rilevanza concreta della questione resta comunque rara perché non riguarda il primo accertamento, che pur essendo emesso con l’etichetta di parziale, senza che ne esistessero i presupposti resta comunque valido. Il problema riguarda invece il secondo ipotetico accertamento, emesso dopo quello indebitamente qualificato come parziale”. Di segno opposto è altra parte della dottrina Cfr. Artuso Serasin, Quali conseguenze per un illegittimo utilizzo dell’accertamento parziale?, in “Dialoghi Tributari”, n. 5/2011, secondo i quali il mancato rispetto delle condizioni normative previste dall’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/73 non si traduce nell’illegittimità di un eventuale avviso di accertamento successivo ma riverbererebbe effetti già nel primo atto emesso. In senso conforme, Stevanato, Abuso dell’accertamento parziale, vizi formali e tutela del contribuente, in “Dialoghi Tributari”, n. 5/2011.

6 Napolitano, Gli accertamenti parziali ovvero l’incertezza del diritto, in “Corriere Tributario”, n. 4/2007, pag. 304.

7 Cfr. Deotto, L’accertamento parziale come strumento ordinario dell’attività di accertamento, in “Corriere Tributario”, n. 30/2006, pag. 2362.