Le ONLUS: guida alle agevolazioni ed ai vincoli di legge

per poter godere dei vantaggi fiscali le ONLUS devono rispettare una serie di requisiti e limitazioni: approfondiamo le problematiche relative alle attività direttamente connesse a quelle istituzionali, le attività connesse, i limiti all’attività commerciale ed i controlli del Fisco

ONLUS: definizione

Le ONLUS costituiscono una particolare categoria di enti, che il legislatore ha inteso individuare nell’ambito del più vasto settore degli enti non commerciali, ritenuta particolarmente meritevole di un regime fiscale di assoluto favore in considerazione delle finalità di “interesse collettivo“, e quindi socialmente apprezzabili, che le stesse istituzionalmente perseguono con lo svolgimento della propria attività.

Tale attività deve in particolare essere caratterizzata dal “perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale“: ciò significa che la finalità solidaristica (perseguita in via esclusiva) costituisce l’essenziale requisito qualificante delle ONLUS. A tal fine, l’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 prescrive precisi vincoli statutari, individuando, tassativamente, i settori di attività in cui le ONLUS devono operare, stabilendo poi una serie di obblighi e divieti, ed imponendo l’inserimento di dette clausole negli statuti o negli atti costitutivi. Si è in presenza di una disciplina estremamente rigorosa, chiaramente e fortemente mirata a limitare la concessione delle previste (numerose) agevolazioni fiscali agli enti effettivamente meritevoli e, per converso, ad evitare qualsiasi ipotesi di utilizzazione a fini elusivi dell’istituto, adoperato come schermo per lo svolgimento in concreto di attività non solidaristiche, ma aventi natura e scopo sostanzialmente commerciali. Ciò comporta, da un lato, che se un ente intende assumere (attraverso l’iscrizione nella relativa anagrafe) e mantenere la qualifica di ONLUS è tenuto alla rigida osservanza, sia sul piano delle prescrizioni formali, sia sotto il profilo dello svolgimento in concreto dell’attività, di ciascuna delle prescrizioni dettate dalla legge, e, d’altro canto, che queste devono essere soggette a stretta interpretazione. (Corte di Cassazione con la sentenza n. 18396 del 18 settembre 2015).

Agevolazioni fiscali

Le Onlus beneficiano di numerose agevolazioni fiscali. Infatti, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali per il perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. Praticamente si ha la completa decommercializzazione delle attività istituzionali delle Onlus, con la conseguente esclusione dalla tassazione dei proventi ricavati tramite lo svolgimento di tali attività. In tal caso l’unico vincolo è la redazione del bilancio annuale, che comunque resta depositato nella sede della Onlus (oltre ad una corretta gestione dell’ente).Le attività permesse sono solo quelle previste dal D.Lgs. n. 460/1997, ricordando che alcune di queste possono essere dirette prevalentemente verso soggetti svantaggiati (malati fisici e psichici, disagiati, poveri, tossicodipendenti, carcerati).

Attività direttamente connesse a quelle istituzionali

Per quanto concerne, poi, le attività “direttamente connesse a quelle istituzionali“, rientrano in quest’ultima categoria, in un’ottica di stretta interpretazione, le sole attività oggettivamente e strutturalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali (per esempio, le attività dirette al reperimento dei fondi necessari).

Attività connesse

Le attività connesse non devono essere prevalenti rispetto a quelle istituzionali, le quali, quindi, devono comunque essere svolte in via esclusiva o almeno principale (e la verifica della prevalenza va effettuata, in base ad elementi fattuali, con riferimento a ogni singolo settore ed a ciascun periodo d’imposta);i loro proventi non devono superare una determinata percentuale (il 66%) delle spese complessive dell’organizzazione. Oltre alle attività statutarie la Onlus potrà svolgere attività connessa, al fine di finanziarsi. Queste sono individuate come attività a solidarietà condizionata esercitate nei confronti di soggetti non svantaggiati, o come attività accessorie a quelle esclusive in quanto integrative delle stesse (campagne di sensibilizzazione, vendita di oggetti di modico valore). In ogni caso tali attività, non possono diventare l’attività principale dell’ente ed il ricavato delle stesse non può mai superare il 66% delle spese complessive della onlus (che quindi dovrà finanziare anche tramite lo svolgimento di attività istituzionali). Anche il ricavato delle attività connesse non è soggetto a tassazione, perché i relativi proventi non concorrono alla formazione del reddito imponibile. Però, per tali proventi si dovranno comunque tenere le scritture contabili previste per le normali attività commerciali.

L’art. 150 Tuir prevede che lo svolgimento delle attività istituzionali non costituisce esercizio di attività commerciali (150 TUIR). Sulle stesse non vi sarà dunque imposizione ai fini Ires, così come sono irrilevanti “i proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse”. La disciplina, però, pone due condizioni: le prestazioni aggiuntive non devono essere prevalenti rispetto alle attività istituzionali :i relativi proventi non devono superare il 66% delle spese complessive dell’organizzazione (art. 10, c. 5, u.p., del D.Lgs. n. 460/1997). Tali attività connesse devono essere sempre strumentali alle attività statutarie delle Onlus e sempre presentate come iniziative di sostegno all’attività di solidarietà sociale; quindi, tali occasioni non possono diventare l’attività principale dell’ente. Si considerano connesse:

a) le attività analoghe a quelle istituzionali, limitatamente ai settori a solidarietà condizionata , se svolte a beneficio di persone che non versano in condizioni di svantaggio;

b) le attività accessorie per natura a quelle istituzionali in quanto integrative delle stesse previste per tutti gli 11 settori, servono al reperimento dei fondi necessari a finanziare le attività istituzionali e devono svolgersi nel contesto delle stesse e in loro stretta connessione.

Le attività connesse sono assoggettate a un duplice limite quantitativo: non devono risultare prevalenti rispetto alle istituzionali, non devono originare proventi superiori al 66% delle spese complessive dell’organizzazione. L’Amministrazione Finanziaria, con la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, ha precisato che la prevalenza va valutata tenendo conto di un insieme di elementi rilevanti al fine di una comparazione tra le attività istituzionali e quelle direttamente connesse, quali ad es. gli investimenti, l’impiego delle risorse materiali ed umane ed il numero delle prestazioni effettuate. L’Agenzia delle entrate (ris. n. 10/E del 23 gennaio 2015) ha chiarito che non perde la qualifica di Onlus, ed i connessi benefici di natura fiscale, la fondazione che, per assicurare il completamento di una terapia in corso, effettua prestazioni con corrispettivo a carico del paziente in aggiunta rispetto a quelle rimborsate dalla Regione. L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto, con la risoluzione ut supra, che le ulteriori prestazioni erogate nell’ambito dell’attività di consultorio e rimaste a carico dell’utente possano rientrare tra le attività “direttamente connesse” previste dal comma 5 dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997.

Vincoli

Sussistono i vincoli relativi agli utili e agli avanzi di gestione, la cui distribuzione, anche in via indiretta, è vietata; per gli utili e avanzi di gestione è prescritto l’obbligo di destinazione alla realizzazione delle attività istituzionali e di quelle direttamente connesse.

Il fatto che le prestazioni vengano fornite verso corrispettivo non fa, di per sé, venir meno il fine solidaristico, il quale non è escluso dalla realizzazione di utili, sempre che, tuttavia, attraverso il pagamento del corrispettivo non si realizzi, accanto all’intento solidaristico (che deve essere esclusivo), anche un fine di lucro; occorre, perciò, che gli utili non vengano distribuiti e siano impiegati per la realizzazione di attività istituzionali o direttamente connesse.

Per le Onlus sussiste il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge. L’Organizzazione può legittimamente svolgere attività di erogazione di servizi o cessione di beni dietro corrispettivo se, unitamente a tutte le altre prescrizioni previste dal citato art. 10 D.lg. 460/1997, fra le quali va ricordato l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse, sia rispettato il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione (a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura – art. 10, lett. d). Si è, in definitiva, in presenza di una disciplina estremamente rigorosa, chiaramente e fortemente mirata a limitare la concessione delle previste (numerose) agevolazioni fiscali agli enti effettivamente meritevoli e, per converso, ad evitare qualsiasi ipotesi di utilizzazione a fini elusivi dell’istituto, adoperato come schermo per lo svolgimento in concreto di attività non solidaristiche, ma aventi natura e scopo sostanzialmente commerciali. Ciò comporta, da un lato, che se un ente intende assumere (attraverso l’iscrizione nella relativa anagrafe) e mantenere la qualifica di ONLUS è tenuto alla rigida osservanza, sia sul piano delle prescrizioni formali, sia sotto il profilo dello svolgimento in concreto dell’attività, di ciascuna delle prescrizioni dettate dalla legge, e, d’altro canto, che queste devono essere soggette a stretta interpretazione. (Corte di Cassazione con la sentenza n. 18396 del 18 settembre 2015 )

Svantaggi

Il fine solidaristico è configurabile (solo) quando l’attività è diretta “ad arrecare benefici” (oltre che a “componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari“) “a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari” (siano esse soggetti estranei che soci – o equiparati – delle ONLUS stesse). Per la suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione sentenza n. 18396 del 18 settembre 2015) gestire una casa di riposo per anziani non è sufficiente a qualificare il soggetto gestore come ONLUS in assenza delle condizioni di bisogno o di disagio; occorre escludere che una persona “anziana” sia da considerarsi, per ciò solo, “svantaggiata“.

Dal punto di vista giuridico civilistico, le ONLUS sono soggetti privati i quali, mediante l’acquisizione del relativo status (riservata a particolarissime tipologie di attività, tutte «meritevoli» dal punto di vista del legislatore) ottengono particolari «privilegi» fiscali, ulteriori rispetto a quelli ordinariamente concessi agli enti non commerciali. Per tutte le ONLUS, a eccezione delle cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. Per beneficiare del regime tributario agevolativo, l’attività di formazione di una Onlus deve rivolgersi a soggetti appartenenti a fasce sociali deboli, per condizioni psico-fisiche particolarmente invalidanti, o per situazioni di devianza, degrado, grave precarietà economico-familiare, non essendo sufficiente che sia svolta nei confronti di una generica pluralità di persone. L’espressione normativa persone svantaggiate(utilizzata dal legislatore nell’articolo 10, secondo cui l’attività della Onlus deve essere diretta ad arrecare benefici alle “persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari) deve essere interpretata in senso restrittivo, trattandosi di una disposizione di carattere eccezionale, in quanto concede agevolazioni tributarie. La nozione di svantaggio, inserita nella norma, individua categorie di persone in condizioni oggettive di disagio per situazioni psico-fisiche particolarmente invalidanti ovvero per situazioni di devianza, degrado, grave precarietà economico-familiare, emarginazione sociale. In via esemplificativa, sono i soggetti in situazioni di svantaggio rilevanti: i disabili fisici e psichici affetti da malattie comportanti menomazioni non temporanee; i tossicodipendenti; gli alcolisti; gli anziani non autosufficienti in condizioni di disagio economico; i minori abbandonati, orfani o in situazioni di disadattamento o devianza; i profughi; gli immigrati non abbienti. Lo svantaggio che la disposizione legislativa tende a colmare (incentivando, attraverso l’esenzione, l’opera della ONLUS) consiste nella obiettiva condizione deteriore, rispetto alla generalità dei consociati, in cui si trovi, negli ambiti specifici individuati dalla norma, una particolare categoria di soggetti.

Lo svantaggio sociale non deve essere inteso solo in termini economici. I beneficiari che fruiscono di prestazioni dietro il versamento di un corrispettivo1 ben possono manifestare disagi personali, psicologici, familiari, che necessitano dei servizi resi da una Onlus, fermo restando il divieto (legislativo e statutario) di distribuzione di utili e la necessità del carattere esclusivo del fine solidaristico. Al fine dell’individuazione del requisito di iscrizione all’anagrafe delle Onlus, costituito dalla finalità di solidarietà sociale, la disciplina di riferimento prevede un’elencazione tassativa dei settori ammessi, tra cui quello dell’assistenza sanitaria, in relazione ai quali la finalità solidaristica è riconosciuta solo con riguardo ad attività specificamente esercitate in favore di soggetti svantaggiati. La nozione di svantaggio rilevante ai fini in esame va intesa in senso rigoroso, essendo volta ad individuare categorie di persone in condizioni oggettive di disagio per situazioni psicofisiche particolarmente invalidanti oppure per situazioni di devianza, degrado, grave precarietà economico-familiare, emarginazione sociale. Soltanto una situazione di tal fatta, oggettiva e percepibile, giustifica la scelta di assegnare rilevanza, anche ai fini tributari, all’espletamento di finalità di assistenza e di solidarietà sociale.

In sostanza, lo svantaggio2 che la normativa tende a colmare (incentivando l’opera della Onlus, attraverso l’esenzione impositiva propria del regime di favore) deve consistere in un’obiettiva condizione deteriore, rispetto alla generalità dei consociati, in cui si trovi, negli ambiti specifici individuati dalla disciplina di riferimento, una particolare categoria di soggetti (Cass. civ. Sez. V, 31-03-2015, n. 6505).

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 24883 del 9 ottobre 20087, hanno configurato la possibilità per le Onlus di produrre profitti e di conseguenza hanno statuito che una ONLUS può gestire una casa di riposo dietro adeguato corrispettivo, qualora la prestazione sia indirizzata a soggetti in situazioni di disagio fisico (non autosufficienza). Le Onlus possono gestire attività non rivolte necessariamente ai poveri e quindi farsi pagare, restando fermo il limite della distribuzione degli utili. La Suprema Corte, in particolare, sottolinea che «non appare incompatibile con il fine solidaristico di una onlus, lo svolgimento di attività dietro pagamento. Sempre che, occorre aggiungere, attraverso il pagamento non si realizzi, accanto all’intento solidaristico, anche un fine di lucro».

Non basta: le norme sulle associazioni non profit, spiega la Cassazione, dispongono la possibilità “di perseguire finalità di solidarietà sociale quando le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. Quindi, le attività possono essere considerate rientranti tra quelle aventi finalità di solidarietà sociale anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di svantaggio economico del beneficiario”. In definitiva il fine solidaristico perseguito dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) non deve ritenersi unicamente diretto ai soli soggetti che versino in condizioni di svantaggio economico.

Pur permanendo il divieto (legislativo e statutario) di distribuzione di utili e la necessità del carattere esclusivo del fine, il cui accertamento è devoluto al giudice del merito, il tenore letterale dell’art. 10, D.lgs. n. 460/1997, depone nel senso che i beneficiari fruiscano di prestazioni dietro il versamento di un corrispettivo (nella specie, per l’ospitalità in una casa di riposo per persone anziane) ben possano manifestare disagi personali, psicologici, familiari abbisognevoli dei servizi resi dalla ONLUS. Non appare incompatibile con il fine solidaristico di una Onlus lo svolgimento di attività dietro pagamento, sempre che attraverso il pagamento non si realizzi, accanto all’intento solidaristico, anche un fine di lucro, stante il precetto normativo che impone alle ONLUS l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale (art. 10, c. 1, lett. b, del Decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale).

Sono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nei settori dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della promozione della cultura e dell’arte e della tutela dei diritti civili siano dirette ad arrecare benefici a persone che versino in condizione di svantaggio non solo economico, ma anche fisico, psichico, sociale o familiare. Le attività svolte possono pertanto essere considerate rientranti tra quelle aventi finalità di solidarietà sociale anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di svantaggio economico del beneficiario, che rappresenta soltanto una tra quelle previste dal legislatore in via alternativa. Il fatto che le prestazioni siano fornite dietro corrispettivo (e quindi siano rivolte a soggetti che non versano in condizioni economiche disagiate, potendone affrontare i relativi costi) non fa venir meno di per sé il fine solidaristico.

Controllo

Le attività di controllo che devono svolgere le DRE riguardano la verifica del rispetto dei requisiti statutari imposti dal richiamato art. 10 del D.Lgs. n. 460/1997 e vogliono assicurare che l’obiettivo di solidarietà, del quale è permeata la legislazione in materia di Onlus, sia effettivamente e concretamente raggiunto e conseguito. Dette attività, in particolare, vogliono evitare un utilizzo elusivo dello strumento Onlus con la creazione di strutture fiscalmente esenti per avvantaggiare soggetti direttamente interessati alla gestione della struttura stessa.

In materia di ONLUS, la decadenza dalle agevolazioni tributarie, di cui un ente abbia fruito, decorre ab initio ove si accerti che l’ente, sin dalla sua nascita, abbia esercitato attività di natura commerciale (nella specie, alberghiera), in quanto, ai sensi dell’art. 5, c. 4, del d.m. Economia e Finanze del 18 luglio 2003, n. 266, gli effetti della cancellazione dall’anagrafe delle ONLUS (per la mancanza di anche solo uno dei requisiti formali di cui all’art. 10 del d.lgs. 4 febbraio 1997, n. 260) retroagiscono al momento dell’accertata carenza dei suddetti requisiti (Cass. civ. Sez. V, 22-01-2014, n. 1254).

28 novembre 2015

Ignazio Buscema

1E’ compatibile con le caratteristiche di Onlus, rispettivamente ritraibili dall’art. 10, c. 1, lett. a – b, del D.Lgs. n. 460/1997, l’attività di gestione di una casa di riposo per anziani svolta applicando rette corrispondenti ai prezzi di mercato. In tale eventualità non vengono meno i fini assistenziali e solidaristici propri dell’attività di Onlus (Cass. 20-09-2013 n. 21562 sez. T).

2 In materia di agevolazioni fiscali, l’art. 10, c. 2, lett. a, del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, recante la disciplina tributaria di enti non commerciali ed ONLUS, deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di previsione relativa ad esenzioni, sicché la nozione di persone svantaggiate ivi contenuta va riferita a categorie di individui in condizioni oggettive di disagio per situazioni psico fisiche particolarmente invalidanti, ovvero per stati di devianza, degrado, grave precarietà economico familiare, emarginazione sociale, mirando la norma a colmare una siffatta condizione deteriore in cui si trovi, negli ambiti specifici da essa individuati, una particolare categoria di soggetti rispetto alla generalità dei consociati, ma non può intendersi fino a ricomprendere una finalità di prevenzione dell’insorgere delle situazioni di patologia o di devianza sociale (Cass. civ. Sez. V, 28-03-2014, n. 7311). La gestione da parte di una Onlus di una casa-alloggio, destinata ad ospitare a pagamento pazienti in cura presso una locale struttura sanitaria e i loro parenti, è attività soggetta alla disciplina dell’IVA, trattandosi di somministrazione di prestazioni di natura sostanzialmente alberghiera, dunque assoggettata al regime d’imposizione e deduzione; tale attività non è, infatti, contemplata nelle disposizioni esonerative di cui all’art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non concretantesi in prestazioni socio-sanitarie, né è diretta ad arrecare benefici ai soggetti indicati nell’art. 10 del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, in quanto il servizio di foresteria è diretto a favore dei pazienti o dei loro parenti, estranei alla nozione ristretta di persone svantaggiate (Cass. civ. Sez. V, 15-02-2013, n. 3789). Le ONLUS devono arrecare beneficio a persone svantaggiate per motivi economici, fisici, psichici, sociali o familiari. Tuttavia, per continuare a godere delle agevolazioni sulle imposte sui redditi, è sufficiente che ricorra anche una sola delle predette condizioni, non rilevando la circostanza che talune prestazioni siano offerte dietro pagamento. Basta che resti escluso il fine di lucro (Cassazione sentenza n. 9688/2012).