La conciliazione giudiziale dopo la mini riforma del processo tributario

il presente contributo mira ad osservare l’ampliamento operativo dell’istituto della conciliazione giudiziale, esperibile adesso anche in appello, che costituisce l’ultimo tangibile segno del ‘nuovo corso’ del diritto tributario, ormai definitivamente volto alla promozione di istituti deflattivi del contenzioso

L’attuazione della delega fiscale

Nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2015 – Serie generale – sono stati, come noto, pubblicati i cinque decreti legislativi di attuazione della delega fiscale (Legge 11 marzo 2014 n. 23): tali testi normativi riguardano il processo tributario e gli interpelli (D.lgs. n. 156); le Agenzie fiscali (D.lgs. n. 157); i reati tributari e le sanzioni amministrative (D.lgs. n. 158); la riscossione (D.lgs. n. 159); infine, il monitoraggio dell’evasione e delle spese fiscali (D.lgs. n. 160).

La Relazione governativa di accompagnamento al Decreto n.156/2015 spiega a chiare lettere che il legislatore ha inteso, attraverso il novum normativo:

– garantire l’ampliamento degli strumenti deflattivi del contenzioso (si pensi, alla mediazione tributaria estesa alla materia catastale ed ai tributi locali);

– riconoscere nuove possibilità alla tutela cautelare, anche ante causam;

– prevedere l’immediata esecutività delle sentenze, anche se non passate in giudicato, ma – al pari di quanto accade nel processo civile per le sole sentenze di condanna – qui si ha riguardo alle sole sentenze aventi ad oggetto l’impugnazione di un atto impositivo, ovvero un’azione di rimborso/restituzione di tributi in favore del contribuente e previa idonea garanzia;

– ampliare il raggio operativo del giudizio di ottemperanza quale mezzo privilegiato di esecuzione coattiva del iussum giudiziale;

– operare revisione del sistema delle spese di giudizio, maggiormente legate al principio di soccombenza ed introduzione della responsabilità per lite temeraria ex art.96 c.p.c.

Le novità legislative sul versante conciliativo

Il Titolo II del Decreto n.156/2015, in particolare, è espressamente dedicato alla parziale revisione della disciplina del contenzioso tributario nonché all’ incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria.

Il decreto illustra il testo integrale del nuovo articolo 48 del D.Lgs. 546/92 (Conciliazione fuori udienza).

1. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia.

2. Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l’accordo conciliativo è parziale, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa.

3. Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il presidente della sezione.

4. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 1, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Dopo l’articolo 48 vengono inseriti ex novo dal Decreto n.156/2015 i seguenti articoli:

Art. 48 -bis (Conciliazione in udienza).

1. Ciascuna parte entro il termine di cui all’articolo 32, comma 2, può presentare istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia.

2. All’udienza la commissione, se sussistono le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conciliazione rinviando eventualmente la causa alla successiva udienza per il perfezionamento dell’accordo conciliativo.

3. La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

4. La commissione dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Art. 48 – ter (Definizione e pagamento delle somme dovute).

1. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio.

2. Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo di cui all’articolo 48 o di redazione del processo verbale di cui all’articolo 48 -bis .

3. In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

4. Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’accertamento con adesione dall’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

L’analisi della nuova disciplina e le differenze rispetto al previgente modello di composizione convenzionale della lite

Gli articoli 48, 48-bis e 48-ter, sopra riportati, sono volti a regolare le diverse tipologie di conciliazione, rinforzando l’istituto con l’estensione temporale della sua applicabilità anche ai giudizi pendenti davanti alla Commissione Tributaria Regionale, eventualità sino ad oggi impedita dall’ordinamento tributario, essendo la conciliazione tradizionalmente esperibile solamente davanti alla CTP.

La nuova disciplina permetterà, viceversa, la definizione di controversie per tutta la durata del giudizio di merito, anche nel caso in cui la fase di mediazione-reclamo abbia avuto esito negativo, con la sola esclusione della sede di legittimità.

Il comma 1 dell’articolo 48 prevede la c.d. conciliazione “fuori udienza” o “stragiudiziale” ricalcando essenzialmente lo schema contenuto nel comma 5 dell’articolo 48 nella vecchia formulazione, stabilendo che se le parti raggiungono un accordo conciliativo per la definizione totale o parziale della controversia, in pendenza del giudizio di primo o (adesso) di secondo grado, le stesse potranno presentare un’istanza congiunta sottoscritta dagli stessi o dai rispettivi difensori. In caso di conciliazione totale o parziale della controversia, i commi 2 e 3 dell’art. 48 prevedono la tipologia dei provvedimenti che possono essere adottati dal giudice per dichiarare la cessazione della materia del contendere (sentenza od ordinanza, ovvero ancora decreto ove la data di udienza non sia fissata e a provvedere sia il Presidente di sezione).

In ogni caso, si deve ritenere – alla luce dei canoni di interpretazione sistematica – che neppure la CTR, al pari della CTP, abbia alcun potere di sindacare nel merito il contenuto dell’accordo conciliativo, dovendosi limitare ad un vaglio di ammissibilità sui requisiti formali, quali ad es. i termini, la sottoscrizione,etc.

Del resto, qualora il giudice regionale dovesse ritenere inammissibile la proposta conciliativa non di meno andrà a fissare la data per la trattazione della causa, che proseguirà secondo il suo iter ordinario.

Prima della novella, in verità, vi era soltanto una peculiare ipotesi in cui la CTR poteva vedersi investita della conciliazione: si trattava dell’ipotesi in cui la non ammissibilità della proposta conciliativa era stata erroneamente ritenuta dal giudice di prime cure,dando luogo all’impugnazione della relativa sentenza.

In tale caso, la CTR – ritenuta fondata la doglianza delle parti in ordine alla mancata considerazione della proposta d’accordo – poteva provvedere direttamente alla chiusura concordata della lite, redigendo il relativo processo verbale.

Non v’è chi non veda come la peculiarità di tale ipotesi si ponga in aperto contrasto con la generalizzazione dell’istituto accolta oggi dal legislatore.

Un forte segno di rottura col passato concerne poi il profilo temporale di perfezionamento dell’accordo conciliativo, il quale non si verifica più – come in passato – con il versamento dell’importo totale dovuto o della prima rata in caso di richiesta di pagamento rateale bensì con la sottoscrizione dell’accordo, il quale costituisce autonomamente anche titolo per la riscossione delle somme dovute in base all’accordo stesso.

Per quanto concerne la conciliazione giudiziale, l’articolo 48 bis, al comma 1, riconosce ad ognuna delle parti la possibilità, entro il termine di dieci giorni liberi che precedono la data di trattazione, di presentare alla Commissione tributaria l’istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia, anche se la mediazione si è risolta negativamente.

Come pacificamente ritenuto dagli interpreti, tale proposta deve essere sufficientemente motivata, contenendo un programma conciliativo ben delineato, onde evitare finalità meramente dilatorie o altrimenti abusive, a maggior ragione – si ritiene – qualora venga proposta dinanzi ai giudici di seconda istanza, quindi in una fase avanzata del contenzioso.

Il comma 2 dell’articolo 48 bis stabilisce ancora che il giudice tributario, ove ritenga sussistenti i presupposti di ammissibilità dell’istanza, propone ovvero sollecita le parti alla conciliazione; qualora l’accordo non si realizzi la commissione può, comunque, concedere alle parti un rinvio e fissare una nuova udienza, per l’eventuale perfezionamento dell’accordo conciliativo o per la discussione nel merito.

Il comma 3 dispone che la conciliazione deve risultare da apposito processo verbale contenente l’indicazione dei termini dell’accordo e la liquidazione delle somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e interessi; detto verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Il comma 4, infine, stabilisce che in caso di avvenuta conciliazione in udienza, il giudizio si chiuda con una pronuncia di cessata materia del contendere.

Il nuovo articolo 48-ter disciplina, da ultimo, sia per la conciliazione giudiziale che per quella stragiudiziale, il pagamento delle somme dovute, fissando la percentuale delle sanzioni dovute, le modalità di versamento e di recupero delle somme omesse, in tutto o in parte.

Al primo comma 1 si stabilisce che in caso di conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge se la conciliazione si perfeziona dinanzi alla CTP e nella misura del 50% se la stessa si perfeziona dinanzi la CTR, analogamente a quanto accade per la mediazione tributaria eccezion fatta per l’aumento della percentuale applicabile, considerato che la definizione della causa avviene in una fase successiva del processo.

Certamente l’aver consentito, per via legislativa, la possibilità di accedere all’istituto della conciliazione anche dinanzi alla Commissione Regionale comporta una più attenta ponderazione della situazione sostanziale e processuale sia in capo alla difesa del contribuente che ai funzionari dell’Ufficio: la sentenza di primo grado, di accoglimento totale o parziale delle richieste del contribuente, potrà costituire un utile parametro ai fini della valutazione di una eventuale ulteriore riduzione in fase di appello delle somme dovute, specie delle sanzioni che – come detto – potranno scendere fino al 50% del minimo previsto ex lege. Il versamento dell’intero importo o della prima rata, alla luce del secondo comma dell’art. 48 ter, deve essere attuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo per la conciliazione stragiudiziale, ovvero della redazione del processo verbale per quella giudiziale.

La sorte della conciliazione in caso di mancato rispetto dell’accordo

Cosa accade, infine, in caso di omesso o ritardato versamento delle somme concordate nel termine previsto?

Come noto, la Corte di legittimità di recente si era arrestata su posizioni molto rigide al riguardo, ritenendo che in tali ipotesi la conciliazione sia inefficace (cfr. Cass. sentenze nn. 24931/2011; 9219/2009; 3560/2009).

Nel caso in cui venga fissata un’apposita udienza per il controllo dell’adempimento, l’Ufficio deve tempestivamente avvisare la Commissione, provinciale o regionale, del mancato rispetto dell’accordo da parte del contribuente, onde consentire ai giudici la celere prosecuzione del giudizio di primo o secondo grado. In caso di mancata verifica, ove la Commissione abbia direttamente dichiarato estinto il giudizio per intervenuta conciliazione, occorrerà impugnare il relativo provvedimento; ove, infine,abbia provveduto in tal senso il Presidente della CTP o della CTR a seguito di conciliazione stragiudiziale, occorrerà presentare un apposito reclamo.

Si deve ricordare, però, per completezza espositiva, che l’orientamento precedente della Cassazione era meno rigoroso, distinguendo tra effetti processuali e sostanziali dell’atto di conciliazione: poiché secondo tale diversa prospettiva, l’accordo si perfeziona sempre con la sottoscrizione del verbale mentre l’adempimento dello stesso si colloca sul versante esecutivo, il mancato adempimento – totale o parziale – mai potrebbe far rivivere un processo ormai estinto per intervenuto accordo delle parti.

Alla luce della nuova disciplina, che accoglie espressamente – come detto – l’idea di collocare il perfezionamento dell’accordo conciliativo al momento della comune manifestazione di intenti dei soggetti coinvolti così come condensata nel relativo processo verbale, si deve ritenere logicamente intangibile la soluzione conciliativa raggiunta e fare salvo l’effetto estintivo della controversia tributaria pur in caso di successivo inadempimento, cui seguirà l’iscrizione a ruolo delle somme conciliate e ancora dovute.

In ultima analisi, par d’uopo osservare come l’allargamento delle maglie della conciliazione, assieme al successo dell’istituto della mediazione tributaria, rappresentano il diretto precipitato di un nuovo corso del diritto tributario, voluto dal legislatore.

Il processo tributario, in particolare, è visto come luogo dal quale “fuggire”, nonostante si tratti di un contenzioso “rapido” (mediamente, si arriva alla prima sentenza dopo due anni dal ricorso introduttivo), sicuramente più veloce, rispetto, ad esempio, al processo civile (che dura mediamente otto anni, dati OCSE 2013): l”‘accordo” si pone, oggi, al centro del sistema, con ovvi benefici in termini di rapporti tra le parti – Fisco e contribuente – che tradizionalmente si scontravano, senza vie di fuga, in giudizio.

30 novembre 2015

Martino Verrengia

Il presente scritto è a titolo personale e non vincola in ogni caso l’Amministrazione di appartenenza