La determinazione dell’ammortamento, tra scelte imprenditoriali ed ingerenze fiscali

in vista dell’agevolazione prevista nella prossima Legge di stabilità, analizziamo le problematiche inerenti la scelta dei coeffcienti da ammortamento da parte dell’imprenditore stretto fra le norme civilistiche e le restrizioni fiscali per la determinazione del reddito d’impresa

 

L’ammortamento civilistico è sempre ricondotto sul binario tracciato dalla norma fiscale. È questa in ultima analisi quanto evincibile dalla sentenza della Corte di cassazione n. 20678 del 14 ottobre 2015.

Ma andiamo per ordine.

In materia di ammortamenti è fatto noto che le disposizioni civilistiche, nello specifico l’art. 2426 del codice civile, impongono, come regola di base, la valutazione degli elementi patrimoniali a fecondità ripetuta tenendo conto della loro sistematica partecipazione ai risultati di esercizio in relazione alla loro residua vita utile al 31.12.

Dal punto di vista fiscale, invece, benché in linea di massima i criteri di ammortamento dei beni di che trattasi si ritenga debbano partecipare a più cicli reddituali (in considerazione della coincidenza nella determinazione del reddito con l’anno solare o meno), vengono previsti:

  • Limiti temporali e di merito (inizio del periodo di ammortamento a partire dalla loro entrata in funziona, diritto di ammortamento in capo all’utilizzatore del bene, ecc);

  • Quantità economiche (100% del costo o percentuali inferiori);

  • Percentuali di sistematicità (Ministero delle Finanze con Decreto Ministeriale del 31 dicembre 1988, e succ. modificazioni e/o integrazioni);

E’ sempre sorto il problema del raccordo tra il comportamento ai fini civilistici e quello fiscale, riscontrandosi, tutte le volte in cui vi è divergenza di vedute in sede di controllo fiscale, le diverse esigenze in capo alla società ossia, adottare valutazioni civilistiche che rispondano ad aspetti operativi, sia esse finanziarie sia produttive, finanche fiscali (tax planning).

È chiaro, come altre volte disquisito in merito, che le operazioni di valutazione aziendale e di contro valutazione da parte degli organi di controllo, possono rappresentare una ingerenza sulle scelte aziendali; sulla tematica concernente la valutazioni dell’ammortamento si ricorda che la legge da facoltà, con apposita disposizione antielusiva contenuta nell’art. art.1, co.34, L. n.244/07 (legge finanziaria 2008), sulla scorta dell’eliminazione della riconciliazione tra ammortamento civilistico e fiscale nel quadro EC, la possibilità di sindacato all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, se non coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, l’entità in valore degli ammortamenti salva la possibilità per l’impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili.

Proprio facendo riferimento ai principi contabili (OIC 16 e OIC 24), gli stessi, tuttavia, escludono che i beni possono formare oggetto di valutazione da parte dell’organo amministrativo delle imprese nel senso, che la determinazione della quota di ammortamento annuale debba essere l’asettica determinazione dello stesso avuto riguardo ai parametri di valore economico da ammortizzare, ai criteri di ripartizione del valore da ammortizzare e della residua possibilità di utilizzazione. Salvo i casi di durevole perdita di valore di cui all’OIC 9.

Ma in pratica “forse” a parte il valore iniziale (costo o realizzazione), il resto è autentica “valutazione” con riferimento al criterio di ripartizione e alla residua vita utile del bene.

 

Da quanto premesso, ritornando alla sentenza della Corte di Cassazione n. 20678 del 14 ottobre 2015, la stessa è stato strumento per affermarsi, in estrema sintesi, il collegamento inscindibile tra scelta civilistica e fiscale stabilendo che l’abbandono del criterio di “sistematicità” da un esercizio ad un altro fa incorrere la società nella violazione dell’art. 2426 del codice civile e dal punto di vista fiscale nella “arbitrarietà” dell’allocazione dei componenti reddituali tra anni di imposta.

In vero, nelle motivazioni alla sentenza 20678/2015 la censura della mancata sistematicità dell’ammortamento civilistico sarebbe ascrivibile alla mancata indicazione, in nota integrativa, della giustificazione della maggiore quota di ammortamento in un esercizio rispetto a quanto effettuato in anni precedenti dall’impresa.

A tal proposito, non conoscendo il reale contenuto della nota integrativa al bilancio della società a cui è relativa la suddetta decisione giurisprudenziale, sembrerebbe che la società si sia limitata a indicare il maggior ammortamento (dato quantitativo) ma non la sua descrizione; ove le cose siano andate in tal maniera non vi era motivo di scomodare i supremi giudici il cui giudicato avrebbe dato esito scontato sin dall’origine. Le cose cambiano, invece, qualora l’ammontare dell’ammortamento è stato ritenuto non sufficientemente giustificato dalla GdF che ha condotto le operazioni di verifica procedendo ad effettuare, sostanzialmente, una “valutazione di merito” del dato quantitativo perché non economicamente determinato.

 

In vero, riprendendo quando, in via antielusiva, garantito dalle disposizioni art.1, co.34, L. n.244/07, e a favore degli organi verificatori, non vi è dubbio che la questione sembri pro fisco, atteso che la determinazione quantitativa dell’ammortamento civilistico dipende, secondo quanto anticipato, da “scelte” imprenditoriali, essendo questione non determinabile di cosa sia bastevole, o esaustivamente indicabile, in nota integrativa al bilancio a giustificazione della singola quota di ammortamento ed alla sua sistematicità.

Dal punto di vista quantitativo, benché la sentenza 20678/2015 consideri accettabile una lieve differenza negli anni dell’entità quantitativa dell’ammortamento, non ne ammette, tuttavia, uno stravolgimento e ciò, anche, qualora si resti confinati entro i limiti di carattere fiscale testé sinteticamente indicati.

Ed ecco quindi, come la sentenza 20678/2015 che può apparire rafforzativa dell’art. 2426 del codice civile rispetto alle disposizioni fiscali (artt. 102, 102bis, 103 e 104 del Tuir) non lo sia; Di fatto, ancorché il reddito fiscale venga derivato dal risultato di esercizio determinato secondo le regole del codice civile (art. 83 del Tuir) lo stesso ne viene modificato in ragione delle variazioni in aumento e diminuzione secondo i limiti propri degli articoli fiscali ma il tutto, come richiama la sentenza, è preordinato, ai fini fiscali, al criterio della competenza fiscale degli elementi reddituali (art. 109 del Tuir), con il solo scopo di garantire l’attuazione del principio costituzionale della capacità contributiva (Art. 53 della Costituzione) (cfr. Corte di Cassazione, tra le quali, si richiamano le sentenze nn. 16819 del 30.07.2007 e 2213 del 31.3.2011).

In conclusione, alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale e normativo in essere in materia, sembra che la strada preferibile sia quella di evitare “valutazioni” aziendali tali da stravolgere la sistematicità della determinazione degli ammortamenti, in maniera particolare per quanti si discostano dalle quote stabilite dal decreto Ministeriale del 1988.

 

Questo sembra l’orientamento in ultimo evincibile anche dalla bozza della legge di stabilità per il 2016, come ad oggi licenziata dal Consiglio dei Ministri del 15.10.2015, che in materia di ammortamento sia per le imprese sia per i professionisti; con norma di legge, chiaramente di natura straordinaria, è data la possibilità di aumentare del 40% il costo di un investimento diretto o in leasing.

La disposizione, se confermata in sede parlamentare, acconsentirà una maggiore quota di ammortamento ai fini delle Imposte Dirette, esclusa l’IRAP [% di ammortamento (costo del bene+40%)] per l’acquisto di beni nuovi strumentali ammortizzabili acquistati tra il 15 ottobre ed il 21 dicembre 2016, ad accezione di:

  • fabbricati e costruzioni;

  • beni con coefficiente di ammortamento <6,5%.

Questione controversa è se farvi rientrare i beni con ammortamento integrale immediato al 100% (beni di valore < € 516); la soluzione dell’esclusione sembrerebbe rispondere alla ratio della norma ossia un maggior incentivo fiscale per il tramite dell’ammortamento, argomentazione che per i beni di valore immediatamente ammortizzabile/spesabile non ha rilievo.

In termini di maggiore imposta il beneficio dipenderà dalla conferma o meno della riduzione dell’Ires dal 27,5% al 24% con un risparmio netto oscillante tra l’11% (40% di 27,5) ed il 9,6% (40% di 24).

Ai fini Irpef e per le società in trasparenza (art. 116 del Tuir) l’entità del beneficio sarà chiaramente legato alle aliquote personali.

 

26 ottobre 2015

Giuseppe Bennici

Articolo redatto a titolo personale