Studi di settore: quando si perde il principale cliente…

può essere illegittimo un accertamento fondato sull’applicazione degli studi di settore qualora la perdita del cliente principale, avvenuta nel corso dell’anno, sia in grado di spiegare lo scostamento rispetto alla soglia di congruità

 

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (sentenza 1893/15/2015) ha ritenuto illegittimo un accertamento fondato sull’applicazione degli studi di settore affermando che la perdita del cliente principale, avvenuta nel corso dell’anno, è in grado di spiegare lo scostamento rispetto alla soglia di congruità individuata da Gerico. In buona sostanza il maggior ricavo determinato da Gerico non è in grado di dimostrare, da solo, la gestione antieconomica dell’impresa.

La decisione dei giudici di merito è sicuramente condivisibile anche se il principio espresso può riguardare solo i redditi di impresa e non i redditi di lavoro autonomo. Ciò in quanto il modello degli studi di settore applicabile agli esercenti arti e professionisti è, nella maggior parte dei casi, “a prestazioni”. Diversamente per le imprese l’ammontare dei costi incide sulla determinazione del valore di congruità.

Il modello degli studi di settore applicabile ai professionisti è in grado da solo di riscontrare la diminuzione del numero delle prestazioni dovuto alla perdita del cliente principale. Pertanto, se la fattispecie in esame avesse riguardato un professionista ne sarebbe conseguita, a seguito dell’applicazione di GeRiCo, una situazione di congruità.

 

Infatti, per ciò che riguarda i professionisti il software determina prima il compenso medio unitario per la singola tipologia di prestazione e successivamente pone a confronto il valore così ottenuto con l’ammontare dei compensi “minimi” provinciali. Se gli importi dichiarati sono superiori ai predetti minimi il professionista risulta congruo. Deve però osservarsi come il software non effettui alcuna compensazione tra gli eventuali compensi congrui relativi ad una tipologia di prestazioni e la situazione di non congruità riguardante una diversa tipologia di prestazioni. Se si dovesse verificare la situazione descritta il contribuente risulterà comunque non congruo.

A seguito della riduzione del numero delle prestazioni (per la perdita del cliente) l’ammontare complessivo degli incassi del periodo di imposta è in grado di influenzare il compenso medio delle prestazioni “residue” poste in essere. Conseguentemente l’eventuale situazione di non congruità non risulterà condizionata (negativamente) dalla perdita del cliente.

 

Il discorso è completamente diverso per le imprese. Nel caso esaminato dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, l’Agenzia delle entrate ha evidenziato la gestione antieconomica dell’impresa anche a seguito dell’aumento del costo del personale e dell’applicazione di una percentuale di ricarico applicata sul costo del lavoro inferiore a quella media del settore.

Le argomentazioni esposte dall’Amministrazione finanziaria non hanno convinto il giudice di merito. Infatti, secondo la tesi della Commissione Tributaria la gestione antieconomica sarebbe giustificata dalla perdita del cliente principale dovuta anche alla contrazione del mercato del software.

Il giudice di merito ha anche precisato che la disomogeneità della percentuale di ricarico sul costo del lavoro non consente di attribuire gravità, precisione e concordanza alla presunzione circa i maggiori ricavi accertati in quanto nell’anno oggetto di accertamento l’impresa si trovava in condizioni di marginalità non rappresentabili dalla media delle imprese dello studio di settore. In altre parole lo studio di settore non era in grado di adattarsi alla diversa realtà dell’impresa sottoposta ad accertamento. Il software non era quindi in grado di determinare l’ammontare dei ricavi che avrebbe potuto essere probabilmente attribuito all’impresa in questione. Non era quindi in grado di rappresentare la realtà dell’azienda.

12 agosto 2015

Nicola Forte