Fattura elettronica: in caso di controllo, quali modalità occorre rispettare per mettere i documenti a disposizione del Fisco?

a fronte dello sviluppo della fatturazione elettronica, sorge il problema di come gestire l’esibizione della documentazione conservata in formato elettronico a disposizione del Fisco in caso di controllo

Il Governo “rilancia” la fatturazione elettronica e con l’approvazione di uno schema di decreto legislativo ha inteso incentivare l’uso di tale strumento, riconoscendo ai contribuenti una serie di benefici fiscali. L’idea è sicuramente apprezzabile, ma probabilmente è necessario uno sforzo da parte di tutti al fine di evitare che le ultime misure falliscano gli obiettivi individuati.

Infatti, da una parte lo Stato intende semplificare le attività di controllo fiscale ponendo il Fisco nella condizione di conoscere agevolmente e “a tavolino” la posizione del contribuente. Così si spiegano i vantaggi fiscali riconosciuti ai contribuenti che invieranno telematicamente all’Agenzia delle entrate tutte le fatture passive ed attive. Dall’altro lato il riconoscimento dei predetti benefici deve essere sufficientemente “forte” per incentivare il ricorso all’emissione delle fatture in formato elettronico.

 

Oggi è ancora presto per esprimere un’opinione sullo schema di decreto legislativo. Sarà necessario attendere oltre all’approvazione definitiva del provvedimento, anche i Decreti di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Tuttavia, è necessario che anche l’Amministrazione finanziaria contribuisca all’incentivazione dell’utilizzo degli strumenti elettronici con un’interpretazione delle nuove disposizioni ispirata al perseguimento della massima semplificazione.

La chiarezza e la semplicità delle regole sono ingredienti fondamentali perchè l’emissione delle fatture in formato elettronico benefici della “spinta” necessaria affinché tutti gli operatori, contribuenti e Fisco, ne traggano i rispetti vantaggi.

Nel recente passato il Fisco, con le prime indicazioni riguardanti l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione, ha fornito talune interpretazioni non sempre condivisibili. In tal modo gli adempimenti degli operatori sono risultati inevitabilmente più complicati con il crescente rischio di subire sanzioni per violazioni di tipo formale senza trarne alcun vantaggio in un’ottica di contrasto all’evasione.

 

La Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 18/E del 24 giugno 2014 sembra affermare l’obbligo, a carico dei contribuenti, di comunicare all’Agenzia delle entrate il luogo in cui si trova il server ove vengono archiviate le fatture emesse in formato elettronico.

Il punto 1.5 della citata circolare fa riferimento, per sostenere la sussistenza dell’obbligo, all’art. 1, comma 209 della legge n. 244 del 2007. La norma chiarisce che il luogo di conservazione elettronica delle fatture, “nonché dei registri e degli altri documenti previsti dal presente decreto e da altre disposizioni, può essere situato in un altro Stato, a condizione che con lo stesso esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza. Il soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato assicura, per finalità di controllo, l’accesso automatizzato all’archivio e che tutti i documenti ed i dati in esso contenuti, compresi quelli che garantiscono l’autenticità ed integrità delle fatture di cui all’articolo 21, comma 3, siano stampabili e trasferibili su altro supporto informatico”.

La medesima circolare continua precisando “che, qualora il soggetto passivo scelga di conservare la propria documentazione presso altro Stato, dovrà in ogni caso: … a) ai fini della comunicazione del luogo di conservazione elettronica dei documenti fiscalmente rilevanti, … riportare nei modelli di comunicazione AA7 e AA9, nel rispetto dei termini previsti dall’art. 35 del D.P.R. n. 633 del 1972, gli estremi identificativi dei luoghi di giacenza fisica dei server dove sono conservati i documenti, anche se risiedono all’estero”.

L’affermazione non è completamente chiara. Infatti, nella premessa si fa riferimento alla conservazione della documentazione presso altro Stato. Successivamente, nel fornire le indicazioni necessarie all’obbligo di comunicazione, il documento di prassi utilizza l’espressione “anche se risiedono all’estero”. Vale a dire l’adempimento deve essere eseguito in primis per i documenti conservati in Italia, ma anche per quelli che si trovano all’estero. Sembra, quindi, che l’obbligo di comunicare al Fisco il luogo in cui si trova il server riguardi indistintamente ogni soggetto e situazione.

L’interpretazione prospettata dall’Agenzia delle entrate fa sorgere diverse perplessità ed è fonte di ulteriori adempimenti. Deve essere osservato preliminarmente che la fattura elettronica è un documento che “nasce” e “vive” smaterializzato e che solo per comodità può essere anche stampato. Le fatture elettroniche sono solitamente conservate con soluzioni cloud. Tale circostanza consente ai soggetti interessati di scaricare e stampare i documenti in qualsiasi luogo fisico e quindi presso la sede dell’azienda, presso lo studio del professionista e al limite anche presso gli Uffici dell’Agenzia delle entrate.

Inoltre l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate si pone chiaramente in contrasto con la previsione di cui all’art. 5 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze del 17 giugno 2014, avente ad oggetto la disciplina della conservazione delle fatture elettroniche. La disposizione citata prevede che “In caso di verifiche, controlli o ispezioni, il documento informatico è reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lettera d), del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

 

Ad esempio se un’azienda esercita l’attività a Napoli, ed ha comunicato al Fisco che il luogo di conservazione delle scritture e documenti contabili è a Salerno, presso lo studio del consulente fiscale, in caso di accesso ispezione e verifica dovrà essere in grado di assicurare la lettura delle fatture elettroniche presso lo studio di Salerno. Nella stessa sede l’azienda dovrà essere in grado di stampare i medesimi documenti. Invece non è rilevante, né dovrebbe interessare al Fisco, che il server utilizzato ai fini della conservazione si trovi fisicamente in un’altra città.

In buona sostanza, come si verificava (e si verifica ancora oggi) per i documenti in formato analogico, anche i documenti in formato elettronico dovranno essere messi a disposizione del Fisco nel luogo di conservazione delle scritture contabili comunicato all’Erario ai sensi dell’art. 35 del Decreto Iva. Questo luogo può senza problemi non coincidere con il luogo in cui si trova fisicamente il server utilizzato per la conservazione delle fatture elettroniche.

8 maggio 2015

Nicola Forte