Spesometro: verifiche fiscali e suggerimenti per la difesa in giudizio

Sono in essere i primi accertamenti effettuati in base al cd. “spesometro”: analizziamo la natura di tale adempimento ed i suoi riflessi in fase di verifica, proponendo alcune strategie difensive per il contribuente accertato in base ai dati dello spesometro

Spesometro – Natura giuridica dell’istituto

Il cd “spesometro” è stato istituito con il dl n. 78/2010 (art. 21), convertito dalla legge n. 122/2010, come comunicazione obbligatoria ai fini IVA all’Agenzia delle Entrate, intendendo il legislatore potenziare l’istituto giuridico del redditometro. Con il successivo dl n. 16/2012, convertito dalla l n.44/2012, sono state introdotte alcunesemplificazioni e integrazioni in relazione agli adempimenti ienrenti a tale istituto.

Tale strumento di controllo è diretto a fronteggiare l’evasione fiscale consentendo all’amministrazione finanziaria di verificare e prevenire tutte le eventuali azioni fraudolente derivanti da operazioni di vendita tra più soggetti dirette ad evadere l’Iva. L’ufficio può monitorare le spese dei cittadini e attivare gli accertamenti fiscali sui potenziali evasori; nel caso in cui, quindi, gli acquisti del contribuente risultano sproporzionati al reddito dichiarato, scattano i controlli. In sostanza, i soggetti passivi che effettuano operazioni rilevanti ai fini Iva devono comunicare, mediante un modello polivalente, gli importi relativi alle operazioni di cessioni di beni e prestazioni di servizi per le quali c’è l’obbligo di emissione della fattura o per cessioni di beni o prestazioni di servizio per le quali non sussiste obbligo di fattura nel caso in cui il valore unitario dell’operazione almeno pari ad euro 3600, al lordo dell’imposta.

Con circolare n. 24/2013 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la selezione dei contribuenti “a rischio di evasione” avverrà unicamente sulla base di “situazioni e fatti certi”, nonché sulla concreta disponibilità di beni di cui l’Amministrazione Finanziaria possieda le relative informazioni. La stessa Agenzia potrà, quindi, selezionare i contribuenti sulla base di “spese certe” ovvero controllare di fatto gli acquisti di maggior valore.

Volendo operare un parellelismo tra i due strumenti di controllo, il redditometro mette in relazione spese sostenute e reddito anche attraverso calcoli statistici e si basa  sostanzialmente sugli incrementi patrimoniali., mentre lo spesometro si fonda sulle spese di gestione rilevanti  ovvero sugli  acquisti per i quali  vengono richiesti codice fiscale o partita Iva che vengono poi trasmessi all’Agenzia delle Entrate (acquisti superiori a 3600,00 euro).

Lo spesometro, pertanto, assume la veste di uno degli strumenti di monitoraggio che alimentano il redditometro e può essere anche usato in modo diretto. Il legislatore ha previsto che si devono comunicare i dati delle operazioni Iva di importo pari o superiore a 3.600 euro, effettuate nel 2013 attraverso carte di credito, di debito o prepagate.

L’art. 38 del Dpr 600/73 fissa i criteri per accertare sinteticamente il reddito prendendo in esame le spese sostenute anche se è sempre data al contribuente la possibilità della prova contraria. La giurisprudenza ha ritenuto comunque che l’onere della prova non può essere addossato al contribuente, ma dovrà essere sempre il Fisco a dimostrare con prove alla mano che c’è stata in effetti un’evasione fiscale (Cass n. 23.554/2012). Una sentenza che, seppur pronunciata sulla base di un esposto presentato nel 1994, chiama pesantemente in causa tanto il vecchio redditometro, quanto il nuovo. Le decisioni della Cassazione infatti fanno giurisprudenza fissando dei principi giuridici generali, a cui tutti i giudici di qualsiasi rango dovranno attenersi per il futuro.

Spesometro e difesa in giudizio

Occorre chiarire preliminarmente che lo strumento dello spesometro assurge a presunzione semplice, nel qual caso il contribuente non può contestare in sé la reale consistenza della quantificazione del reddito fissata con i coefficienti ma deve dimostrare la prova contraria. Da parte sua l’ufficio finanziario non è tenuto a motivare l’atto né deve indicare gli estremi dello spesometro ma deve specificare gli elementi di fatto su cui si basa il medesimo atto.

Per quanto attiene le possibilità difensive del contribuente avverso un accertamento fondato sullo spesometro o redditometro è sempre opportuno ed utile attuare il contraddittorio, quale strumento previsto dalla carta costituzionale, rispondendo agli inviti dell’ufficio. Questo strumento di accertamento si fonda, quindi, su una elaborazione generale e astratta che deve essere adattata alla realtà di ogni contribuente,

In questa prima fase, durante ilcontraddittorio il contribuente potrà dimostrare, fornendo la prova che le spese sostenute nel periodo d’imposta sono state finanziate con redditi di natura diversa (ad esempio, redditi esenti; redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta; redditi esclusi dalla base imponibile).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito la natura dello strumento del redditometro, stabilendo che le risultanze dagli studi di settore rappresentano presunzioni semplici e che la gravità, precisione e concordanza delle presunzioni possono derivare solo dal contraddittorio preventivocon il contribuente. (Cass, SU, 18.12.2009, n, 26635)

Secondo le istruzioni fornite dalla circolare n. 24/E/2013, la difesa del contribuente potrà essere fondata anche soltanto su argomentazioni logicamente sostenibili, anche se non supportate da alcuna documentazione.

Come previsto normativamente, l’ufficio finanziario deve invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti al fine di indicare dati e notizie per l’accertamento e, solo successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione. L’obbligo di attivazione, a differenza di quanto avveniva in passato, ha ora una espressa copertura normativa.

Si chiarisce che la precedente disciplina si limitava a prevedere i presupposti e i limiti di applicazione dell’accertamento sintetico prevedendo la possibilità di dimostrare che la ricchezza cui corrisponde l’indice sia formata da redditi esenti o redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.

Ammettere la libera prova di tali circostanze è condivisibile, anche se un po’ al di fuori dealla dettato della legge. Una via per giungere a questo risultato evitando imbarazzi è interpretare il riferimento al «reddito esente o assoggettato a ritenuta alla fonte» come esemplificazione . La Cassazione ha argomentato sulla sostanziale analogia tra le ipotesi contemplate e quelle sottaciute. In giudizio può pertanto essere ridotto o azzerato il valore accertabile sinteticamente, mentre non potrebbe sostituirsi l’indice di spesa valorizzato nell’accertamento con un altro.

Restano, quindi, attuali tutte le considerazioni effettuate, atteso che la nuova dizione della norma, come la precedente non comprende alla lettera ogni motivo di esclusione della sussistenza di un reddito imponibile, la cui prova deve essere consentita.

La giurisprudenza sostiene l’applicazione retroattiva delle disposizioni concernenti l’istituto in esame, in quanto l’art. 22 del D.L. n. 78/2010, stabilisce che il redditometro è stato introdottoal fine di adeguare l’accertamento sintetico al contesto socio‐economico, mutato nel corso dell’ultimo decennio, rendendolo più efficiente e dotandolo di garanzie per il contribuente, anche mediante il contraddittorio.

26 novembre 2014

Enzo Di Giacomo