Omesso versamento IVA: quando non sono punibili gli ex amministratori

analizziamo la responsabilità penale relativa all’omesso versamento IVA nel caso in cui l’amministratore abbia cessato le proprie funzioni prima del termine ultimo per il pagamento dell’IVA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42002 del 9 ottobre 2014, ha affermato che il legale rappresentante di una società che (dopo aver sottoscritto la dichiarazione IVA) cessa dal proprio incarico in un momento antecedente a quello in cui scade l’obbligo di versamento della relativa imposta, non risponde del reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/20001, poiché ne è penalmente responsabile solo colui che (alla data prevista per il pagamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo2) ricopre la carica di amministratore.

Infatti, a detta del Supremo Collegio (nel caso in cui l’omesso versamento di imposte penalmente rilevante ai sensi si caratterizzi per essere riferito ad una obbligazione tributaria gravante su di un soggetto impersonale, come per le società) il reato in questione acquista in sostanza le sembianze di un reato proprio, nel senso che esso è suscettibile di essere commesso solamente dal soggetto, o dai soggetti, che, in base alla pertinente normativa tributaria, risultano essere gravati del predetto obbligo adempitivo. Quindi, in primo luogo, in quanto ne esercita i poteri di amministrazione con rilevanza esterna, il legale rappresentante della società tenuta dalla obbligazione tributaria; in via subordinata (laddove emerga che la rappresentanza formale non corrisponda all’effettiva possibilità di autonoma spendita di detti poteri) colui che, anche soltanto in via di fatto, comunque eserciti l’attività di gestione della società.

Trattandosi, inoltre, di reato omissivo in senso stretto, il quale appunto, si realizza allorchè, entro il termine previsto per il compimento di un determinato atto, questo non è eseguito da chi, invece, vi era tenuto – la individuazione del soggetto penalmente responsabile si concentra ulteriormente in quanto essa concerne la persona sulla quale, secondo i principi sopra delineati, gravava l’obbligo di adempiere materialmente la obbligazione tributaria riferita al soggetto impersonale al momento di scadenza del termine ultimo ordinario per eseguire l’atto adempitivo.

 

Ne consegue che la risposta penale deve essere diretta solo verso il nuovo legale rappresentante della società, subentrato a quello che abbia sottoscritta la dichiarazione fiscale, che ometta il pagamento della risultante imposta. Pertanto, in capo all’ex-amministratore non è addebitabile alcune responsabilità penale:

  • sia se lo stesso sia rimasto socio, in quanto non è sufficiente a fondare la penale responsabilità un generico potere rappresentativo della compagine sociale, attribuito secondo i termini statutari a tutti i soci della compagine cui essi partecipano, essendo a tale fine necessario l’esercizio di un potere rappresentativo specificamente volto all’attuazione dei doveri tributari;

  • sia laddove fosse del tutto uscito dalla compagine sociale, poiché (a maggior ragione) si troverebbe di fatto persino nella materiale impossibilità di adempiere a un pur minimo dovere di attenzione.

Al riguardo, va rilevato che l’orientamento giurisprudenziale sulla responsabilità dell’ex amministratore per la specifica condotta penal-tributaria è apparso (nel tempo) non del tutto uniforme.

Infatti, la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12268 del 15 marzo 2013, aveva affermato che le somme incassate a titolo di IVA sono destinate ad essere versate all’erario e non sono nella libera disponibilità del contribuente che dovrebbe, invece, accantonarle se non provvede al versamento periodico mensile o trimestrale e da tale incombenza non può ritenersi estraneo, in caso di successione tra amministratori di una società, colui che la rappresentava nel periodo antecedente alla scadenza del termine per il versamento, poichè la sua condotta potrebbe aver fornito un contributo causale alla commissione del fatto, creando materialmente i presupposti per il successivo omesso versamento.

Ex pluribus, il medesimo organo (con la successiva pronuncia n. 12248 del 14 marzo 2014) statuiva che la natura giuridica di reato a condotta mista (commissiva, quanto alla presentazione della dichiarazione; omissiva, quanto al mancato versamento, momento che qualifica la rilevanza penale del fatto), del reato di cui al citato art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, è punibile, a titolo di dolo eventuale, in caso di coincidenza soggettiva tra chi presenta la dichiarazione IVA e chi omette di versare alla scadenza IVA dichiarata. Ne consegue, che la punibilità è esclusa nel caso in cui il soggetto tenuto all’adempimento fiscale penalmente rilevante (cioè, a versare l’IVA dichiarata) sia un soggetto diverso da quello che aveva presentato la dichiarazione IVA, salvo che non si dimostri o l’esistenza di un’inequivoca preordinazione soggettiva della condotta rispetto all’omissione penalmente rilevante D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 10 ter, (quale, ad esempio, un fatto volontario finalizzato artatamente alla dismissione della carica di amministratore), oppure l’esistenza, da parte di ha presentato la dichiarazione, di un contributo causale, materiale o morale – da valutarsi a norma dell’art. 110 c.p. -, all’omissione di chi, al momento della scadenza, sia obbligato al versamento dell’imposta dichiarata.

20 novembre 2014

Nicola Monfreda

 

1 L’articolo 10-ter del citato decreto legislativo n. 74 introduce una nuova fattispecie delittuosa diretta a sanzionare l’omesso versamento dell’IVA dovutain base alle risultanze della dichiarazione annuale, qualora superiore a 50.000 €, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. Tale scelta normativa è stata dettata anche dalla necessità di contrastare il fenomeno delle frodi carosello, in ragione del fatto che, spesso, tale condotta illecita si pone al termine di un più complesso fenomeno evasivo caratterizzato dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti (autonomamente sanzionato dall’art.8 del D.Lgs. nr.74/2000) e adempimento formale di tutti gli obblighi dichiarativi da parte dei soggetti coinvolti, non accompagnando tale momento con il reale versamento dell’Iva a debito. Per la consumazione del reato non è sufficiente un qualsiasi ritardo nel versamento rispetto alle scadenze previste, ma occorre che l’omissione del versamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta di riferimento. Ne consegue che il reato si perfeziona quando il contribuente, ad esempio, non versa entro il 27 dicembre 2015 il debito IVA risultante dalla dichiarazione relativa all’anno 2014. In altre parole, il momento consumativo della fattispecie illecita in analisi non può essere individuato nel momento in cui venga omesso un versamento periodico, il cui importo, eventualmente sommato agli altri omessi versamenti dei precedenti periodi mensili o trimestrali, superi 50.000 euro, ma il termine penalmente rilevante è, come già detto, stabilito nel termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.

2 In proposito l’articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 stabilisce che l’acconto IVA va versato entro il giorno 27 del mese di dicembre.