Verifiche troppo lunghe: interviene il garante….

la Corte di Cassazione ha confermato che, in tema di durata della verifica, si conteggiano i giorni di effettiva presenza in azienda e che il termine previsto dallo Statuto del Contribuente è meramente ordinatorio

Con la sentenza n. 11183 del 21 maggio 2014 (ud. 17 aprile 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che in tema di tempi/durata della verifica si conteggiano i giorni di effettiva presenza in azienda.

Il principio espresso

Secondo l’orientamento della Corte, la norma “si riferisce ai soli giorni di effettiva attività lavorativa svolta presso tale sede, escludendo, quindi, dal computo quelli impiegati per verifiche ed attività eseguite in altri luoghi; nè, in materia, assumono alcuna rilevanza le disposizioni, peraltro di natura meramente amministrativa, assunte – come il D.M. Finanze 30 dicembre 1993 – per mere finalità di autorganizzazione e di coordinamento della capacità operativa dell’Amministrazione finanziaria da destinare all’azione accertatrice” (Cass. n. 23595 del 2011). Secondo il calcolo operato dal giudice d’appello, sul punto non adeguatamente censurato, le operazioni di verifica hanno impiegato complessivamente 56 giorni di effettiva presenza in azienda, entro i limiti, quindi, previsti dalla norma per le verifiche complesse”.

Brevi note

Di recente, con la sentenza n. 3762 del 15 febbraio 2013 (ud. 4 dicembre 2012) la Corte di Cassazione aveva affrontato la questione, affermando che l’art. 12, c. 5, della L. n. 212 del 2000, “nel fissare agli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria il termine (prorogabile per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio) di trenta giorni lavorativi, regola unicamente la permanenza degli stessi presso la sede del contribuente quando dovuta a verifiche: il termine in questione, quindi, assume rilevanza solo a seguito della somma dei giorni lavorativi di effettiva permanenza presso la sede del contribuente. Il computo del termini, pertanto, diversamente da quanto ritenuto dai contribuenti (che si sono limitati a indicare la prima e l’ultima data del PVC), non può essere compiuto sulla base dei giorni trascorsi tra l’inizio e la fine delle operazioni di verifica, computando quindi anche quelli impiegati per verifiche eseguite al di fuori della sede del contribuente”. Nè, prosegue la sentenza, “ha fondamento la stessa censura con riferimento al D.M. 30 dicembre 1993, art. 8, comma 6, il quale non attribuisce alcun diritto al contribuente, nè tende a tutelare un qualche interesse del medesimo, avendo esso unicamente una finalità di autorganizzazione e di coordinamento della complessiva capacità operativa dell’amministrazione finanziaria da destinare all’azione accertatrice”.

Già prima, con la sentenza n. 14020 del 27 giugno 2011 (ud. del 25 ottobre 2010) la Corte di Cassazione ha legittimato le verifiche extratime, cioè le verifiche che si protraggono oltre i termini previsti dalla Statuto del contribuente. Per la Corte, “il termine fissato per il compimento di un atto deve ritenersi ordinatorio o sollecitatorio se non ne sia espressamente stabilita la perentorietà. Le norme di cui agli artt. 152 e 156 cod. proc. civ. traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità”.

Ed ancora, con la sentenza n. 19338 del 22.9.2011 (ud. del 27.05.2011) la Corte di Cassazione aveva confermato che “alla eventuale violazione del termine di permanenza non siano ricollegate dalla legge le conseguenze (inutilizzabilità delle prove raccolte; nullità degli atti di accertamento compiuti) che ne intende trarre la parte ricorrente, come è dato agevolmente evincere dalla mancanza di una siffatta norma sanzionatoria e dalla compiuta disciplina dettata dalla legge n. 212/2000 con riferimento ad eventuali irregolarità commesse dai verificatori durante la ispezione. In tali ipotesi – tra cui deve ricomprendersi anche la ingiustificata protrazione delle operazioni di verifica – il contribuente, oltre a formulare a verbale osservazioni e rilievi (art. 12, co. 4), può, infatti, rivolgersi al Garante (art. 12, co. 6) che in seguito alla segnalazione esercita i poteri istruttori richiesti dal caso (art. 13, co. 6), richiamando gli uffici al rispetto di quanto previsto dagli artt. 5 e 12 della presente legge (art. 13, co.9), ed ove rilevi comportamenti che determinano un pregiudizio per i contribuenti o conseguenza negative nei loro rapporti con l’amministrazione, trasmette le relative segnalazioni ai titolari degli organi dirigenziali al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare (art. 13, co. 11)”.

E ancora con l’Ordinanza n. 17010 del 9 luglio 2013 (ud. 27 giugno 2013) la Corte di Cassazione ha osservato “che in tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso. Nè la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ‘ratio’ delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga eventuale permanenza degli agenti dell’Amministrazione, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 17002 del 05/10/2012, n. 23595 del 11/11/2011)”.

E, con la sentenza n. 26732 del 29 novembre 2013 (ud. 26 settembre 2013), la Corte di Cassazione ha confermato (v. Cass. n. 17002 del 05/10/2012; id. n. 14020 del 27/06/2011), il principio già espresso secondo cui “In tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, nè la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione“. In particolare, osserva la Corte, “detto principio è stato affermato sulla base del consolidato principio generale secondo cui i termini di conclusione del procedimento amministrativo devono, salva espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori e della constatazione che gli artt. 152 e 156 c.p.c., traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti, salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità”.

E da ultimo, con la sentenza n. 7606 del 2 aprile 2014, la Corte di Cassazione è ritornata sulla questione delle verifiche extratime, ribadendo (per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 12 c. 5 della L. 212/2000, ed in particolare gli effetti che l’eventuale difetto di proroga possa determinare sull’espletata attività di verifica), che detta disposizione si colloca nell’ambito della disciplina dei “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali“.E di conseguenza, osserva la Corte, “la lettura testuale di tale disposizione non consente di individuare sanzioni a carico dell’amministrazione, qualora non risultino rispettate le modalità operative ivi descritte, ed il successivo comma 6 prevede uno specifico strumento a tutela del contribuente, per cui questi nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13, senza che sia prevista alcuna ricaduta in termini di illegittimità o inutilizzabilità sull’attività verificatoria espletata”.Pertanto, i giudici di Piazza Cavour confermano il principio, già precedentemente affermato, secondo cui “In tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla “ratio” delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione” (C. Cass. sentt. nn. 17002/2012 e 26732/2013).È, peraltro, consolidato il principio generale, conclude la Corte, “secondo cui i termini di conclusione del procedimento amministrativo devono, salva espressa previsione contraria, essere considerati come ordinatori e non perentori (cfr. Cons. St., sez. 6A, 29 dicembre 2010, n.9569, e 15 dicembre 2010, n. 8931, entrambe in C.d.S., 2010, fase. 12)”.

3 luglio 2014

Roberta De Marchi