Cartelle di pagamento solo motivate, altrimenti sono illegittime

le cartelle esattoriali, per essere legittime, devono essere motivate in modo congruo, sufficiente ed intellegibile da parte del contribuente che le riceve, parola di Cassazione

Le cartelle esattoriali, per essere legittime, devono essere motivate in modo congruo, sufficiente ed intellegibile.

Così si espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8934 del 2014.

D’altronde, anche ai sensi dello Statuto del contribuente, ogni atto emesso dall’Amministrazione finanziaria deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche su cui esso si fonda.

Dunque, gli atti impositivi, al pari di ogni altro atto emesso dalla pubblica Amministrazione, devono essere adeguatamente motivati.

Al riguardo l’art. 7, della Legge n. 212/2000 dispone che gli atti emessi dall’Amministrazione finanziaria devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione.

Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.

Tuttavia, sia in tema di imposte sui redditi (art. 42, D.P.R. 600/1973), sia in materia di Iva (art. 56, D.P.R. 633/1972), si prevede che il menzionato obbligo di allegazione non sussista laddove si tratti di atti già ricevuti dal contribuente ovvero quando, nella parte motivata del provvedimento, venga riportato il contenuto essenziale dell’atto richiamato.

L’obbligo di allegazione costituisce un modo per garantire il diritto di difesa del contribuente, il quale non viene certamente compromesso ove l’atto richiamato sia stato oggetto di separata notifica portata a conoscenza del contribuente, ovvero siano stati riprodotti i contenuti essenziali di detto atto all’interno dell’avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria avanza la propria pretesa impositiva.

L’importante è che il contribuente sia messo nelle condizioni di potersi difendere e che, quindi, possa venire a conoscenza delle cause su cui si fondano le richieste del Fisco.

Un obbligo di motivazione “rafforzato” è quello riguardante gli avvisi di accertamento emessi ai sensi dell’art. 37-bis, D.P.R. 600/1973.

Laddove l’Amministrazione finanziaria ritenga inopponibile una data operazione rientrante nella casistica di cui al citato art. 37-bis, ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo, il conseguente avviso di accertamento deve essere emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputa inopponibile l’operazione oggetto di contestazione.

Inoltre, l’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, sempre a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente.

 

Cartelle esattoriali: obbligo di motivazione

Il permanere dell’uso della cartella esattoriale nell’ambito delle procedure di riscossione, ex artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973, nonché dell’art. 54-bis, D.P.R. 633/1972, sta nel fatto che mediante le stesse non viene perseguito un accertamento di maggiori redditi bensì meramente riscosso, in via forzata, quanto precedentemente autoliquidato dal contribuente.

Con la cartella, tuttavia, l’Amministrazione finanziaria, per il tramite del concessionario per la riscossione, avanza pur sempre una pretesa impositiva che, in quanto tale, deve risultare sempre adeguatamente motivata.

Già in passato la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26330 del 2009, aveva evidenziato come la cartella esattoriale, non preceduta da un motivato avviso di accertamento, debba essere motivata, a pena di nullità, in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, obbligo questo derivante dal rispetto dei principi generali indicati dall’art. 3, della Legge n. 241/1990 (disposizione per i provvedimenti amministrativi) e recepiti all’interno della materia tributaria dall’art. 7, della Legge n. 212/2000.

Da ciò ne consegue che anche le cartelle esattoriali emesse a seguito dell’attività di liquidazione delle imposte costituiscono dei veri e propri atti impositivi i quali, data la loro natura, devono essere adeguatamente motivati.

Peraltro, la motivazione deve essere congrua, sufficiente ed intellegibile; in caso contrario ci si troverà di fronte ad una carenza di motivazione che, se eccepita dinanzi al giudice tributario, può portare all’annullamento del ruolo emesso in difetto dei requisiti richiesti dalla legge.

Come stabilito, di recente, dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 8934 del 2014, la quale ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, avente ad oggetto una contestata iscrizione a ruolo eseguita ai sensi dell’art. 36–bis, D.P.R. 600/1973.

Nel caso di specie, quale motivazione la cartella esattoriale richiamava un generico “recupero del credito d’imposta ex lege n. 289/2002, art. 62”, non venendo però al suo interno specificato se tale recupero fosse stato causato da una erronea contabilizzazione dei crediti effettivamente spettanti, ovvero dall’esclusione dei presupposti per il riconoscimento della loro spettanza.

Alla di ciò, la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, proprio per la mancata coerenza della motivazione della cartella di pagamento.

 

Vincenzo D’Andò

7 giugno 2014