I limiti per le agevolazioni d’accisa nel settore degli alcolici ed il caso del vino italiano

una recente sentenza della Corte di Giustizia europea pone l’accento sulle agevolazioni fiscali previste nel comparto delle accise con riguardo alla produzione di alcolici da parte di piccole aziende e privati; richiamiamo l’attenzione del lettore sul particolarissimo caso della tassazione ad aliquota zero del vino, considerato alla stregua di un prodotto della tradizione, un’eccezione che potrebbe forse essere foriera di contenzioso

  1. Premessa.

Con una recente sentenza nella causa C-115/13/UE dell’11 aprile 2014, la Corte di Giustizia europea è intervenuta in merito alle agevolazioni e/o esenzioni alla tassazione accise dell’alcole e dei prodotti alcolici in generale.

In particolare, la questione riguarda la corretta interpretazione degli articoli da 19 a 21 della direttiva 92/83/CEE del 19/10/1992 del Consiglio, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche.

La causa trae origine da una controversia tra la Commissione europea e l’Ungheria chiamata a rispondere, quest’ultima, sulla compatibilità del proprio diritto interno ai precetti comunitaria di cui sopra, laddove si prevede la non tassazione accise per le produzioni di alcole da parte di una piccola distilleria e l’esenzione per le produzioni da parte di privati in ragione di una “tradizione” nazionale.

Esaminiamo di seguito la questio comunitaria.

  1. La questio comunitaria.

Il 28 settembre 2010 la Commissione chiede chiarimenti alle Autorità ungheresi sulla previsione normativa nazionale laddove si prevede la non tassazione di produzioni da parte di piccole distillerie e l’esenzione per le produzioni da parte di privati, ritenuti incompatibili con i dettami comunitari.

Il 28 gennaio 2011, l’Ungheria dichiara la conformità della propria normativa con il diritto dell’Unione.

Il 29 settembre 2011 la Commissione, ritenendosi non soddisfatta, reitera la richiesta allo Stato membro, ricevendo, in quest’ultima circostanza, una risposta tecnicamente diversa con un esplicito richiamo al carattere “della tradizione” delle piccole produzioni che non creano distorsioni sul mercato interno.

Atteso la non adesione alla richiesta di conformità da parte delle Autorità Ungheresi, la Commissione europea propone, quindi, ricorso alla Corte di Giustizia.

Nel merito, la Commissione osserva come, nella normativa comunitaria, non sussiste alcuna norma che permette agli Stati membro di stabilire, in maniera discrezionale, una riduzione o finanche una esenzione dalla tassazione accise per i prodotti alcolici.

Vieppiù, il Legislatore comunitario, con riguardo alla distillazione sia da parte di privati che aziende, prevede dei limiti, in volumi, per la concessione di qualsivoglia agevolazione.

Secondo la Corte di Giustizia la previsione ungherese di una aliquota pari a zero ovvero esente, a seconda se la produzione avviene rispettivamente da parte di imprese o privati non è compatibile con il diritto dell’Unione.

Quindi, alla luce degli articoli da 19 a 21 della direttiva del Consiglio 92/83/CEE del 19 ottobre 1992, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

I prodotti da distillato di alcool etilico, anche se di tradizione nazionale, vanno, quindi, secondo la Corte assoggettati ad accisa.

  1. La direttiva europea.

A livello comunitario, occorre fare riferimento alla citata in premessa direttiva 92/83/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche, laddove:

  • all’articolo 19, prevede che gli Stati membri applicano un’accisa sull’alcole etilico conformemente alla presente direttiva, stabilendo le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/84/CEE.;

  • all’articolo 20, fornisce talune definizioni, intendendo per “alcole etilico” i prodotti:

    • con un titolo alcolometrico effettivo superiore all’1,2% in volume, rientranti nei codici NC 2207 e 2208, anche quando sono parte di un prodotto di un altro capitolo della nomenclatura combinata;

    • che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore a 22% in volume e che rientrano nei codici NC 2204, 2205 e 2206,

nonché le bevande spiritose contenenti prodotti solidi o in soluzione;

  • all’articolo 21, fornisce indicazioni per la determinazione dell’imposta determinata per ettolitro di alcole puro a 20 °C ed calcolata con riferimento al numero di ettolitri di alcole puro.

Fatto salvo quanto previsto al successivo articolo 22, gli Stati membri applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all’accisa sull’alcole etilico;

  • all’articolo 22, infine, prevede che gli Stati membri possono applicare aliquote di accisa ridotte sull’alcole etilico fabbricato da piccole distillerie, entro i limiti di seguito indicati:

    • le aliquote ridotte, che possono essere inferiori all’aliquota minima, non sono applicabili alle imprese che producono più di 10 ettolitri di alcole puro all’anno.

Tuttavia, gli Stati membri che al 1o gennaio 1992 applicavano aliquote ridotte alle imprese con una produzione tra 10 e 20 ettolitri di alcole puro all’anno, possono continuare a farlo;

    • le aliquote ridotte non possono essere inferiori di più del 50% dell’aliquota normale nazionale dell’accisa.

Nel quadro delle aliquote ridotte, l’espressione “piccola distilleria” designa una distilleria che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altra distilleria e che non operi sotto licenza.

Gli Stati membri:

  • provvedono a che l’aliquota ridotta da essi eventualmente stabilita sia applicata in modo uniforme all’alcole etilico fornito sul loro territorio da piccoli produttori indipendenti stabiliti in altri Stati membri;

  • possono stabilire disposizioni secondo cui l’alcole prodotto da piccoli produttori può essere liberamente immesso in libera pratica appena ottenuto (purché i produttori stessi non abbiano proceduto ad una transazione intracomunitaria) senza essere sottoposto al regime del deposito fiscale e può pertanto essere tassato definitivamente su base forfettaria;

  • possono applicare aliquote ridotte dell’accisa ai prodotti di cui al codice NC 2208 che hanno un titolo alcolometrico volumico effettivo non superiore al 10% in volume.

  1. La normativa domestica.

In Italia, la tassazione degli alcoli è disciplinata dall’articolo 27 del decreto legislativo n. 504 del 1995, meglio noto come Testo Unico delle Accise (TUA), laddove si prevede che sono sottoposti allo specifico tributo la birra, il vino, le bevande fermentate diverse dalle prime, i prodotti alcolici intermedi e l’alcole etilico, prodotti in regime di deposito fiscale.

Con riferimento alle esenzioni, la norma prevede che lo siano talune individuate categorie di prodotti per destinazione, in ragione dell’utilizzo, o per natura, in quanto chimicamente alterati, nel dettaglio sono esenti dall’accisa quando sono:

  1. denaturati con denaturante generale e destinati alla vendita (DGS);

  2. denaturati con denaturanti speciali approvati dall’amministrazione finanziaria ed impiegati nella fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano alimentare (DS);

  3. impiegati per la produzione dell’aceto di cui al codice NC 2209;

  4. impiegati nella fabbricazione di medicinali secondo la definizione di cui alla direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. 22 del 9 febbraio 1965 e recepita con il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 1991;

  5. impiegati in un processo di fabbricazione, a condizione che il prodotto finale non contenga alcole;

  6. impiegati nella produzione di aromi destinati alla preparazione di prodotti alimentari e di bevande analcoliche aventi un titolo alcolometrico effettivo non superiore all’1,2 per cento in volume;

  7. impiegati direttamente o come componenti di prodotti semilavorati destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari, ripieni o meno, a condizione che il contenuto di alcole non sia superiore a 8,5 litri di alcole puro per 100 chilogrammi di prodotto per il cioccolato e a litri 5 di alcole puro per 100 chilogrammi di prodotto per altre merci;

  8. impiegati come campioni per analisi, per prove di produzione necessarie o a fini scientifici;

  9. utilizzati nella fabbricazione di un componente non soggetto ad accisa ai sensi del presente decreto.

Con particolare riguardo alle produzioni minori, l’ultimo capoverso del comma 2 prevede che: “La preparazione, da parte di un privato, di prodotti alcolici, destinati all’uso esclusivo dello stesso privato, dei suoi familiari e dei suoi ospiti, con impiego di alcole ad imposta assolta, non è soggetta ad autorizzazione a condizione che i prodotti ottenuti non formino oggetto di alcuna attività di vendita”.

Con riferimento, invece, alla produzione del vino, l’articolo 36 del TUA, al comma 3 prevede che sia “esente da accisa il vino prodotto da un privato e consumato dallo stesso produttore, dai suoi familiari e dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita”.

  1. Conclusioni.

Non si può sottacere, in questa sede, l’evidente diverso trattamento riservato a prodotti merceologicamente similari ma che godono di “agevolazioni” non indifferenti.

Si fa riferimento evidentemente all’aliquota accisa sul “vino”, laddove seppure considerato un prodotto sottoposto al particolare regime impositivo, con l’attuazione di tutti gli obblighi contabili e di rendicontazione previsti dalla particolare normativa, sconta una aliquota pari a “zero”.

A prescindere da ogni valutazione di carattere sociologico, non credo si possa ragionevolmente proporre dei distinguo con riferimento finanche alla presunta “dannosità” del prodotto vino rispetto agli altri alcoli, si tratta di una scelta di natura prettamente politica, se non sociale, evidentemente collegata al concetto di prodotto “della tradizione” .

Ciò posto, appare quindi di tutta evidenza come l’osservazione avanzata dalla Commissione nei confronti dell’Ungheria possa forse interessare anche il regime agevolativo previsto per il vino.

Sarebbe, quindi, auspicabile da parte del Legislatore fiscale quantomeno una riflessione generale sulla natura dell’esenzione, evidentemente non arroccata su di una mera valutazione del presunto danno alla saluto del prodotto, attraverso un serio confronto con le categorie economiche interessate.

I tempi sono sicuramente maturi anche nella logica della predisposizione del tanto atteso testo unico del vino a gran voce richiesto dalle categorie professionali del comparto vinicolo.

9 maggio 2014

Fabrizio Stella