Accertamento anticipato e irrogazione delle sanzioni

le regole dell’accertamento anticipato, come previsto dallo statuto del contribuente, non valgono quando si tratta di provvedimenti di irrogazione delle sanzioni che prevedono una forma di contraddittorio specifica

Con la sentenza n. 25515 del 13 novembre 2013 (ud. 21 ottobre 2013) la Corte di Cassazione, dopo aver legittimato l’accertamento effettuato avvalendosi di un Pvc redatto nei confronti di terzi, per il quale l’Amministrazione finanziaria non ha rispettato il termine dei 60 giorni previsto dallo Statuto del contribuente, ha affermato che non è estensibile il regime di cui all’art. 12, c. 7, della L. n.212/2000, all’atto di contestazione delle sanzioni.

La sentenza

Per quel che qui ci interessa, i giudici di Piazza Cavour precisano che “il comma 7 dell’art. 12 non si riferisce esplicitamente agli atti di constatazione irrogativi di sanzioni, invece rivolgendosi esplicitamente all’atto impositivo, laddove precisa che ‘L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza’”.

Gli atti di irrogazione delle sanzioni “trovano specifica regolamentazione nel d.lgs.n.471 e 472/1997 e, per quel che qui importa, nell’art.16 del d.lgs.n.472/97, alla cui stregua ‘… La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’ufficio o dall’ente competenti all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono. L’ufficio o l’ente notifica atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità. Nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, il trasgressore e gli obbligati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, possono definire la controversia con il pagamento di un quarto della sanzione indicata nell’atto di contestazione. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie. Se non addivengono a definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, possono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni difensive. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile ai sensi dell’articolo 18 sempre entro il termine di sessanta giorni dalla sua notificazione. L’impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile qualora vengano presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione. L’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione, con l’indicazione dei benefici di cui al comma 3 ed altresì l’invito a produrre nello stesso termine, se non si intende addivenire a definizione agevolata, le deduzioni difensive e, infine, l’indicazione dell’organo al quale proporre l’impugnazione immediata‘”.

 

Per la Corte, “la lettura complessiva della disposizione sopra riportata lascia intravedere l’esistenza di una disciplina speciale che esula totalmente dai criteri guida sanciti dall’art. 12 c.7 L. n. 212/2000, specificando le peculiari modalità con le quali viene garantito il principio del contraddittorio. A questa conclusioni questa Corte è giunta – Cass. n. 20479/12 e Cass. n. 22000/13 – con motivazioni che qui si condividono”.

Né, per i massimi giudici, “tale conclusione pare risultare distonica a livello sistematico, anzi trovando specifica conferma nel fatto che già questa Corte ha più volte riconosciuto l’inoperatività dell’art. 12 c.7 L. n.212/2000 in materia doganale, per l’appunto valorizzando i tratti di specificità della disciplina settoriale testé ricordata rispetto a quella regolata dall’art.12 cit. e considerando, altresì, che la disciplina contemplata dall’art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 fosse preordinata a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso-cfr., Cass.n. 13890/2008 nel vigore del d.lgs.n.374/90 e da ultimo,Cass. n. 8399 /2013“.

Per la Corte, “i tratti di contraddittorio rafforzato previsti in materia di irrogazione di sanzioni rendono all’evidenza scorretta l’assimilazione di tale sottosistema a quello relativo agli atti impositivi non rendono dunque possibile ipotizzare l’estensione del meccanismo di cui al comma 7 dell’art.12 cit”.

BREVE NOTA

Il comma 7, dell’articvolo 12, dello Statuto del contribuente prescrive che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Tale norma (da un po’ di tempo a questa parte sotto i riflettori della dottrina e della giurisprudenza), è stata di recente interpretata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18184 del 29 luglio 2013, fissando dei precisi principi, che qui di seguito sintetizziamo:

  • l’inosservanza del termine dilatorio prescritto dal comma 7 dell’art. 12, in assenza di qualificate ragioni di urgenza, non può che determinare l’invalidità dell’avviso di accertamento emanato prematuramente, quale effetto del vizio del relativo procedimento, costituito dal non aver messo a disposizione del contribuente l’intero lasso di tempo previsto dalla legge per garantirgli la facoltà di partecipare al procedimento stesso, esprimendo le proprie osservazioni (che l’Ufficio è tenuto a valutare, come la norma prescrive), cioè di attivare, e coltivare, il contraddittorio procedimentale;

  • la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, “ pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo … di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve … e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante”;

  • in relazione al vizio di legittimità dell’atto emesso ante tempus, la deroga prevista per i “casi di particolare e motivata urgenza”, in presenza dei quali l’Ufficio è esonerato dal rispetto del termine dilatorio, conduce il collegio a preferire l’orientamento che fa derivare l’illegittimità “ non già dalla mancanza, nell’atto notificato, della motivazione circa la ricorrenza di un caso di urgenza, bensì dalla non configurabilità, in fatto, del requisito dell’urgenza”. Infatti, l’obbligo di motivazione degli atti tributari, assistito da sanzione di nullità in caso di inottemperanza, è quello che ha ad oggetto il contenuto sostanziale della pretesa tributaria, cioè “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, “ non essendo, invece, necessario dar conto, in quella sede (e, comunque, non a pena di invalidità, salvo eccezioni espresse), del rispetto di regole procedimentali, quali, come nella specie, quelle attinenti al tempo di emanazione del provvedimento: l’osservanza delle regole del procedimento, infatti, ove contestata, sarà oggetto di dibattito e di valutazione nelle sedi stabilite (amministrativa in caso di istanza di autotutela, contenziosa in caso di ricorso al giudice tributario). Né, in senso contrario, è condivisibile la tesi secondo la quale, nella norma in esame, la motivazione dell’urgenza è esplicitamente prescritta”.

    L’espressione “salvo casi di particolare e motivata urgenza” non appare alla Corte in sé decisiva, “poiché non individua con certezza nell’atto impositivo la (unica) sede in cui la “motivata urgenza” deve essere addotta dall’Ufficio: l’uso del termine “motivata” non implica, infatti, necessariamente il richiamo alla motivazione dell’avviso di accertamento. In secondo luogo, e comunque, deve ritenersi che risponda a criteri di equilibrio degli interessi coinvolti e di ragionevolezza far dipendere la validità o meno dell’atto emesso ante tempus dalla sussistenza o meno, nella realtà giuridico-fattuale, del requisito dell’urgenza, anziché dalla circostanza (avente valore del tutto secondario) che tale requisito sia, o no, enunciato nell’atto: ciò che conta, in definitiva, ai fini dell’esonero dell’Ufficio dall’osservanza del termine dilatorio, è unicamente il fatto che la particolare urgenza di provvedere effettivamente nella fattispecie vi sia stata. Ne deriva che la questione si sposta in sede contenziosa, nel senso che, a fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine de quo e privo dell’enunciazione dei motivi di urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà, ove lo ritenga, anche limitarsi ad impugnarlo per il solo vizio della violazione del termine (cfr. Cass., sez. un., nn. 16412 del 2007 e 5791 del 2008, in tema di mancato rispetto della sequenza procedimentale prevista per la formazione della pretesa tributaria): spetterà, quindi, all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e “particolare” – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento”.

In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciano il seguente principio di diritto: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.

Resta fermo, comunque, osserva e riafferma la Corte nel pronunciamento che si annota, che le garanzie previste dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000, non trovano applicazione nei confronti degli atti di irrogazioni delle sanzioni, che godono di una disciplina e garanzia specifica.

 

In pratica, come rilevato nella sentenza n. 22000/2013, richiamata dai giudizi di Piazza Cavour nella sentenza che si annota, il termine di cui all’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000, non si applica “ai provvedimenti d’irrogazione di sanzioni. Infatti, a seguito dell’atto di contestazione, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, consente un contraddittorio precontenzioso con la produzione di deduzioni difensive, da parte dell’interessato, nel termine previsto per la proposizione del ricorso; dalla presentazione delle deduzioni decorre, poi, per l’amministrazione il termine di un anno per l’irrogazione delle sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime. Di talchè il sistema complessivo previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, è pienamente rispettoso dei principi generali di leale collaborazione tra Amministrazione e contribuente, ai quali s’ispira lo Statuto (cfr. per analoghe conclusioni Sez. 5, Sentenza n. 13890 del 28/05/2008, Rv. 603965, sul sistema previsto dal D.Lgs. n. 374 del 1990)”.

26 marzo 2014

Gianfranco Antico