formazione e sicurezza sui luoghi di lavoro sono sempre necessarie, soprattuto se variano le condizioni di rischio a cui è esposto il lavoratore
A norma dell’articolo 37 D. Lgs. n. 81/2008 il datore di lavoro è tenuto ad assicurare, a ciascun lavoratore, “una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza, nonché sui rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.
La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico, devono avvenire, in ogni caso, in occasione della costituzione del rapporto di lavoro (o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro), ovvero in occasione del trasferimento o cambiamento di mansioni. Analogo obbligo di formazione si rende necessario ogni qualvolta si verifichi l’introduzione, sul luogo di lavoro, di nuove attrezzature di lavoro (o di nuove tecnologie), nonché l’utilizzo di nuove sostanze e preparati pericolosi.
In quest’ultima circostanza è previsto un adeguamento formativo poiché si verifica una sostanziale variazione dei rischi cui potenzialmente potrebbe essere esposto il lavoratore, in relazione al suo inserimento nell’organizzazione lavorativa dell’azienda ed alle caratteristiche che contraddistinguono le competenze acquisite dal lavoratore medesimo.
Con la recente nota n. 20791 del 27.11.2013 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito talune precisazioni in merito “alla necessità di provvedere alla formazione di quei lavoratori che siano stati meramente trasferiti da un servizio all’altro (reparto o ufficio) della medesima azienda, mantenendo però la medesima qualifica…”.
Il chiarimento ministeriale si è reso necessario posto che il citato articolo 37 del D.Lgs. 81/2008 nulla dice in merito al trasferimento del lavoratore da un servizio all’altro della medesima azienda indipendentemente dal riferimento alla qualifica contrattualmente individuata. Al riguardo, il ministero interpellato precisa che la fattispecie del trasferimento e del mutamento di mansioni deve essere trattato analogamente a quanto previsto nel caso di trasferimento del lavoratore da un reparto all’altro, qualora tale trasferimento presupponga una adeguata valutazione dei rischi specifici. In buona sostanza, la necessità di integrare la formazione del lavoratore nel caso in cui lo stesso venga trasferito nell’ambito della stessa azienda andrà valutata in considerazione della prestazione di lavoro nel nuovo servizio (reparto o ufficio) al quale è trasferito, che potrebbe esporre il lavoratore a rischi per i quali non è stato precedentemente formato (ad es. nuove procedure operative e di emergenza da seguire), avendo riferimento anche al luogo in cui essa è ubicata (i.e. in caso di differenze sostanziali della nuova postazione di lavoro e delle relative dotazioni, e di variazione delle vie e delle uscite di emergenza).
In sintesi, qualora il lavoratore, pur mantenendo la medesima qualifica, venga destinato a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, dovrà essere sottoposto ad una formazione specifica. Nel caso in cui, invece, il lavoratore venga trasferito ad altro reparto/ufficio della stessa unità produttiva, pur svolgendo le stesse mansioni, il datore di lavoro dovrà considerare l’opportunità di programmare gli eventuali aggiornamenti formativi necessari tenendo conto, anche sulla scorta del documento di valutazione dei rischi, della sussistenza di effettive e concrete esigenze di adeguamento del patrimonio formativo del dipendente trasferito.
Si rammenta, inoltre, che, nello scorso mese di ottobre, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito una serie precisazioni dedicate al tema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Con l’interpello n. 14 del 24.10.2013 è stato chiarito che, se sul luogo di lavoro non vengono svolte attività che espongono i lavoratori al rischio chimico (art. 29, c. 7, lett. b, D.Lgs. n. 81/2008), il datore di lavoro di un’impresa che occupa fino a 50 lavoratori può anche adottare le procedure standardizzate di cui all’art. 6, c. 8, lett. f., del D.Lgs. n. 81/2008. Peraltro, continua il ministero, vista l’analogia delle disposizioni di riferimento (art. 271, c. 4, D.Lgs. n. 81/2008), le considerazioni appena esposte devono valere anche per il rischio biologico. Resta inteso che, qualora dall’esito della valutazione dei rischi non ricorrano le condizioni di mancata esposizione al rischio chimico o biologico, non sarà possibile utilizzare le procedure standardizzate.
Importanti chiarimenti sono stati forniti, infine, con l’interpello n. 9/2013 in merito alla applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 alla “impresa familiare di fatto” che opera con collaboratori, senza essersi costituita con atto espresso. Al riguardo, dopo aver osservato che è comunque possibile costituire un’impresa familiare senza la necessità di uno specifico atto notarile, il ministero del lavoro sottolinea come anche in tale circostanza debbano trovare applicazione le disposizioni previste all’interno del D.Lgs 81/2008, in materia di formazione e sicurezza sui luoghi di lavoro.
20 dicembre 2013
Sandro Cerato