La mancata risposta al questionario espone al rischio di accertamento induttivo

il contribuente che non risponde al questionario inviato dal Fisco si espone al rischio di subire un accertamento induttivo

Come è ben noto, l’accertamento induttivo può trovare applicazione solo quando si ha una rappresentazione contabile del tutto inutilizzabile, o per l’inesistenza dell’impianto contabile stesso, o per la sua oggettiva indisponibilità e complessiva inaffidabilità, o perché vi è stato l’inadempimento dell’obbligo di dichiarare il reddito d’impresa.

 

Attraverso l’accertamento extracontabile, quindi, si giunge alla determinazione del reddito complessivo sulla base dei dati e dalle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza degli organi ispettivi, restando lontani dall’ambito delle risultanze contabili qualora esistenti e senza procedere alla necessaria rettifica delle voci ivi erroneamente indicate. Gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria, di conseguenza, hanno la possibilità di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze documentali ove disponibili e possono avvalersi di prove meno rigorose come le presunzioni “semplicissime”, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c.1.

 

Il 2° comma dell’art.39 delinea in modo tassativo i presupposti al verificarsi dei quali l’Amministrazione Finanziaria è legittimata a porre in essere tale metodologia di accertamento. Questa può aver luogo quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione; quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per cause di forza maggiore se prevedibili2; quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del primo comma dell’art. 39 ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica (la giurisprudenza abbraccia una visione sostanziale secondo cui non è necessaria la presenza di numerose e gravi irregolarità ma è sufficiente anche un solo elemento oggettivo); quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, c. 1, nn. 3 e 4 del D.P.R. n. 600/1973 o dell’art. 58, c. 2, nn. 3 e 4 del D.P.R. n. 633/1972; in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.3

 

In estrema sintesi, come tra l’altro affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 18 dicembre 2006 n. 27068, mentre in presenza di irregolarità della contabilità meno gravi, contemplate dal comma 1 dell’art. 39 D.P.R. nr.600/1973, l’amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni, purché munite dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., l’inesattezza o incompletezza delle scritture medesime, allorquando, invece, constati un’inattendibilità globale delle scritture (o al ricorrere dei tassativi presupposti di fatto dianzi indicati), l’ufficio è autorizzato, ai sensi del successivo comma 2, a prescindere da esse ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva.

 

Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 17968/2013, ha ribadito che “nell’accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento del contribuente che – come nella specie – ometta di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4 e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all’impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell’Ufficio, vale di per sè solo ad ingenerare un sospetto sull’attendibilità di dette scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore, e, conseguentemente, legittimo l’accertamento induttivo emesso su quella base dall’Ufficio del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d)“.

 

In merito, l’organo giudicante ha richiamato altresì la propria precedente posizione interpretativa già espressa con la sentenza n. 12262 del 2007, secondo la quale “è, infatti, da ritenersi che il comportamento omissivo del contribuente, che trascuri di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4 e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all’impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell’Ufficio, valga di per sè solo a ingenerare un più che giustificato sospetto sull’attendibilità di quelle scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate”.

 

 

In conclusione, si ritiene opportuno richiamare altresì le ulteriori conseguenze processuali della mancata ottemperanza alla richiesta rivolta dagli organi ispettivi di inviare e/o esibire documentazione contabile ovvero di fornire elementi di risposta a specifici quesiti posti. Infatti, le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio di cui all’art.32, n.3 D.P.R. n.600/1973 non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Il quarto comma del citato art. 32 prevede che, in caso di oggettiva impossibilità, debitamente provata, ad adempiere alle richieste dell’Amministrazione Finanziaria, il contribuente può depositare in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri di cui non è stata possibile la produzione per causa a lui non imputabile.4

 

In altre parole le disposizioni de quibus prevedonoun duplice e ben preciso termine decadenziale a pena di inutilizzabilità a fronte del quale il contribuente deve attivarsi. Infatti, un primo termine opera dal momento dell’invio del questionario fino al giorno concesso dall’ufficio per la presentazione da parte del contribuente ed un secondo termine è previsto, come deroga al primo, nel caso di oggettiva impossibilità da parte del contribuente di adempiere alle richieste dell’ufficio. Tale secondo termine scade inesorabilmente con il deposito dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa.

 

27 novembre 2013

Nicola Monfreda

1 Il codice civile all’articolo 2727 definisce le presunzioni come “le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato”; le presunzioni legali sono disciplinate da specifiche norme e si distinguono in assolute (iuris et de iure) che non ammettono la prova contraria e relative (iuris tantum) che invece stabiliscono una inversione dell’onus probandi. Differentemente, le presunzioni semplici sono disciplinate d’all’articolo 2729 c.c., in ragione del quale “le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice [116 c.p.c.], il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti“.

2 Sulla natura dell’accertamento induttivo e sulla sua conseguente legittima adozione in caso di indisponibilità della documentazione contabile per causa di forza maggiore, si rinvia a quanto affermato da CIPOLLA G.M., L’accertamento contabile e l’accertamento extracontabile negli artt. 54 e 55 DPR n. 633/1972, Riv. dir. trib. 2000, 6, 615. L’autore, infatti, afferma “Giova qui chiarire che il riconoscimento all’accertamento induttivo di una natura sanzionatoria o parasanzionatoria non implica che, a monte della sanzione, vi sia necessariamente un comportamento illecito del contribuente. Se infatti si collega la sanzione dell’accertamento induttivo al comportamento contra legem del contribuente (il quale non ha tenuto affatto la contabilità o non l’ha tenuta in modo regolare) si deve pervenire alla conclusione che nessun comportamento illecito e, quindi, nessuna sanzione è configurabile nel caso di indisponibilità delle scritture per causa di forza maggiore. Se, invece, si ritiene – come sembra potersi ritenere – che le norme (tutte le norme) sull’accertamento induttivo hanno la funzione di indurre il contribuente a tenere correttamente le scritture contabili, si può sostenere che anche la disposizione dettata dall’art. 39, comma 2, lett. c) DPR n. 600/1973 ha, in senso generalissimo, natura sanzionatoria (o, comunque, parasanzionatoria).” Sul punto si rinvia, altresì, a Fantozzi A., Prospettive dell’accertamento nella riforma tributaria, in Riv. Guardia di Finanza, 1981, 10; Tinelli G., Riflessioni sulla prova per presunzioni nell’accertamento del reddito d’impresa, in Riv. dir. fin., 1986, I, 489.

3 Come da ultimo previsto dall’art. 23, c. 28, lett. c, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, successivamente sostituito dall’art. 8, c. 4, D.L. 2 marzo 2012, n. 16.

4 La Cassazione, sez. trib., con la sentenza 28 gennaio 2002, n. 1030 ha sottolineato che per superare la preclusione probatoria posta dall’art. 52, comma 5, d.P.R. n. 633 del 1972, richiamato dall’art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 (il quale stabilisce che non possono essere prese in considerazione, a favore del contribuente, i documenti che, in sede di accesso, non sono stati acquisiti, in quanto sottratti da questi al controllo, ed il quale non si rivela in contrasto con l’art. 19 bis d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 – il quale in via generale consente la produzione innanzi alle commissioni tributarie di documenti originariamente non prodotti dal contribuente – in quanto quest’ultima disposizione va intesa nel senso che il potere per il contribuente di produrre documenti sussiste sempre e solo nei limiti in cui egli non sia incorso in decadenza) il contribuente può anche addurre la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione poi tardivamente prodotta, ma deve provare il proprio assunto.