Sospensione della riscossione, rinuncia al credito da parte del socio, le spese di giustizia, la liquidazione di una società di persone…

…le utilissime risposte ai quesiti del dott. Antonio Gigliotti per affrontare i casi della vita professionale

QUESITO N. 1: Riscossione: sospensione su istanza del debitore

Le disposizioni della Legge di Stabilità 2013 che riguardano la sospensione delle riscossione per le cc.dd. “cartelle pazze” sono valide anche per gli accertamenti esecutivi?

 

RISPOSTA

La risposta è affermativa. La Legge n. 228 del 2012 (in vigore dal 1° gennaio 2013), all’art. 1, cc. 537 e ss., ha previsto la sospensione immediata di ogni attività di riscossione, ove il debitore, mediante la presentazione di un’istanza, riesca a documentare l’erroneità della pretesa creditoria. Precisamente, entro 90 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal Concessionario, il contribuente può presentare una dichiarazione anche con modalità telematiche, con la quale si documenta che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono stati interessati:

  • da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;
  • da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;
  • da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore;
  • da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale l’Agente per la riscossione non ha preso parte;
  • da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore;
  • da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.

Entro il termine di 10 giorni successivi alla data di presentazione dell’istanza, il Concessionario per la riscossione trasmette all’ente creditore la dichiarazione presentata dal debitore e la documentazione allegata. Ciò al fine di avere conferma dell’esistenza delle ragioni addotte dal debitore e ottenere, in caso affermativo, la sollecita trasmissione della sospensione o dello sgravio direttamente sui propri sistemi informativi.

Decorso il termine di ulteriori 60 giorni l’ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore a mezzo raccomandata A/r o a mezzo PEC nel caso di debitori obbligati all’attivazione:

  • a confermare la correttezza della documentazione prodotta, provvedendo, in pari tempo, a trasmettere in via telematica, al Concessionario il conseguente provvedimento di sospensione o sgravio;

  • ovvero ad avvisare il debitore dell’inidoneità di tale documentazione a mantenere sospesa la riscossione, dandone, anche in questo caso, immediata notizia al Concessionario per la ripresa dell’attività di recupero del credito iscritto a ruolo.

Trascorso il termine di 220 gg. dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore senza che l’ente impositore abbia effettuato le suddette comunicazioni, le partite indicate dal debitore sono annullate di diritto, con conseguente discarica dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi.

Ebbene, basandosi sul tenore letterale dell’art. 1, comma 537 e seguenti della L. n. 228 del 2012, l’Agenzia delle Entrate è giunta alla conclusione che la sospensione dell’attività di riscossione operi anche con riguardo alle somme affidate in seguito alla notifica di un accertamento esecutivo per il quale sia trascorso inutilmente il termine ultimo di pagamento (circolare 1/E/2013).

In proposito si ricorda che, ai sensi dell’art. 29, lett. b del D.L. 78/2010 (L. conv. n. 122/2010 e succ. mod.), se il contribuente non versa le somme dovute entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impoesattivo, la riscossione delle somme intimate sarà affidata all’Agente, decorsi 30 gg. giorni dal termine ultimo per il pagamento. Quindi, il contribuente che abbia ricevuto la notifica di un accertamento esecutivo potrà richiedere la sospensione di che trattasi solo dopo l’affidamento del carico al concessionario della riscossione.

Si noti che dell’affidamento in carico deve essere data notizia al debitore, mediante l’invio di una raccomandata semplice. Tale obbligo viene meno quando il Concessionario ravvisi un fondato pericolo per la riscossione. Lo prevede la lettera b dell’articolo 29 del D.L. n. 78 del 2010, come modificata dall’art. 8, c. 12, del D.L. n. 16/2012 (Semplificazioni tributarie).

QUESITO N. 2: Rinuncia del credito del socio e patrimonio netto

Viene rilevata da una Srl una perdita che azzera il capitale sociale. Le rinunce da parte dei soci agli anticipi fruttiferi si possono considerare come sopravvenienze attive o altri componenti positivi nell’anno in corso? Se la perdita azzera il capitale sociale, quali sono gli obblighi e le responsabilità dell’amministratore e/o dei soci se erano a conoscenza della situazione?

 

RISPOSTA

Secondo l’articolo 2482-ter del Codice Civile, se avviene una perdita per oltre un terzo del capitale e questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dal n. 4 dell’articolo 2463 del Codice Civile (ovvero 10.000 euro), gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento dello stesso a una cifra non inferiore al minimo (10.000 euro).

Vi è anche la possibilità di deliberare la trasformazione della società o lo scioglimento della stessa ai sensi dell’articolo 2484 del Codice Civile.

Come indicato dal principio contabile nazionale n. 28 relativo al patrimonio netto, i “versamenti a titolo di finanziamento” sono quelli per i quali la società ha l’obbligo di restituzione. Si tratta di importi che devono trovare collocazione in bilancio tra le passività, alla lettera D), punto 3) “debiti verso soci per finanziamenti”.

Al riguardo, non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione, l’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate.

Ne consegue che per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il finanziamento in un apporto.

Ha così natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci, sia per partecipare alla copertura della perdita sia per futuri aumenti di capitale.

La rinuncia a un credito da parte del socio non transita nel conto economico, ma il relativo debito della società viene riclassificato tra le voci del patrimonio netto, determinando in tal modo una maggiore capienza del patrimonio netto, che di conseguenza potrà contenere maggior perdite ai sensi dell’articolo 2482 e seguenti del Codice Civile.

QUESITO N. 3: Spese di giustizia: impugnazione cartella

Nel caso di ricorso avverso cartella esattoriale, anche gli interessi e le sanzioni rientrano nel valore della lite ai fini del calcolo del contributo unificato?

 

RISPOSTA

Nel processo tributario il contributo unificato è divenuto la regola da oltre un anno e mezzo.

In questo lasso di tempo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze è spesso intervenuto per fornire sia istruzioni operative agli uffici di segreteria delle Commissioni che chiarimenti a tutti gli interessati circa l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione.

Da ultimo, con la direttiva 14 dicembre 2012, n. 2/DGT, il Mef ha anche risposto ai quesiti più frequenti in tema di contributo unificato, chiarendo, per quanto qui d’interesse, che a fronte di cartelle esattoriali che incorporano oltre all’imposta anche interessi e sanzioni, quest’ultimi devono essere scorporati dal valore della lite ai fini del calcolo del contributo unificato.

Infatti, l’art. 12, c. 5, del D.Lgs. n. 546 del 1992, individua le modalità di determinazione del valore della lite fiscale, specificando che:

  • per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato.

Alla luce di ciò, il Mef è giunto alla conclusione che:

  • gli interessi e le sanzioni e gli altri oneri accessori presenti nella cartella di pagamento non debbano concorrere a determinare il valore della lite ai fini del calcolo del contributo unificato.

Non solo. Nel valore della controversia tributaria non devono essere inclusi neanche i crediti di altra natura, quali, tanto per fare qualche esempio:

  • quelli previdenziali;
  • quelli derivanti dalle violazioni del Codice della strada.

E ciò anche se detti crediti concorrano a formare il valore complessivo della cartella di pagamento.

In conclusione, se si impugna la cartella di pagamento in CTP il contributo unificato deve essere calcolato solo in relazione al valore dei crediti tributari, al netto di quelli di natura previdenziale o che derivano da violazioni del Codice della strada, nonché di sanzioni, interessi, aggi della riscossione e di altri oneri accessori.

QUESITO N. 4: Liquidazione società di persone

La messa in liquidazione di una società di persone decorre dalla data delle delibera di scioglimento oppure dalla data di iscrizione della delibera nel Registro delle imprese?

 

RISPOSTA

L’art. 2275 del codice civile prevede la nomina dei liquidatori solo come soluzione residuale nel caso in cui il contratto sociale non preveda altro modo di liquidare l’attivo o i soci non siano d’accordo nel determinarlo.

Nelle società di persone, dunque, la fase “formale” di liquidazione è una fase facoltativa istituita nell’interesse dei soci, i quali possono anche decidere di pervenire all’estinzione della società attraverso una divisione consensuale dei beni e dell’attivo, oppure chiedendo al giudice, nelle forme di un giudizio ordinario di cognizione, di definire i rispettivi rapporti di dare e avere.

In questo tipo di società la fase liquidatoria non è quindi imposta dalla legge tout court (diversa è l’ipotesi in cui sia il contratto sociale a prevedere come necessaria questa fase – e in questo caso i soci non potranno che nominare uno o più liquidatori) e può verificarsi anche per effetto dell’accordo tra i soci diretto alla cessazione dell’ente sociale, previa definizione dei rapporti a esso inerenti.

Non mancano, tuttavia, in dottrina autorevoli voci che affermano la necessità, per s.n.c. ed s.a.s., di pervenire all’estinzione solo per il tramite di un procedimento di liquidazione ad hoc.

La fase liquidatoria in una società di persone consegue alla verificazione di una delle cause di scioglimento previste dalla legge o dal contratto sociale.

Al verificarsi di una di queste cause, indipendentemente dall’espressa manifestazione dei soci diretta ad accertarne l’effettiva sussistenza, la società si scioglie.

Infatti, la causa di scioglimento è immediatamente efficace nei confronti degli organi sociali e dei soci (non appena ne vengono, o ne sarebbero dovuti venire, a conoscenza), con la conseguenza che da questo momento è fatto espresso divieto agli amministratori di compiere atti che non siano urgenti.

Nei confronti dei terzi, invece, la causa di scioglimento diventa efficace non appena gli amministratori della società adempiono agli obblighi di accertamento e di pubblicità.

In caso di contestazione tra i soci, circa l’effettiva verificazione di una causa di scioglimento, ognuno di essi potrà agire giudizialmente al fine di ottenere una sentenza di accertamento in tal senso, con la conseguenza che, qualora l’accertamento dovesse risultare positivo, la società potrà dirsi, a norma di legge, sciolta.

QUESITO N. 5: Trasformazione da srl a snc e riporto delle perdite

Nel corso del 2012 una società a responsabilità limitata si è trasformata in società in nome collettivo. Essendo presenti delle perdite nella società a responsabilità limitata, si chiede quale sia il trattamento fiscale.

 

RISPOSTA

Nel caso di trasformazione regressiva, da S.r.l. a S.n.c. la perdita generata dalla società di capitali viene riportata a nuovo e si trasferisce nell’ambito della società di persone risultante dalla trasformazione.

Questa particolare disciplina di trasferimento delle perdite dall’ambito Ires a quello Irpef è stata affermata dall’Agenzia delle Entrate dalla R.M. 60/E/2005, secondo cui la perdita viene assunta dalla società di persone, ma non può mai essere imputata ai soci. In pratica, la perdita può essere utilizzata dalla trasformata società di persone fino ad azzerare il reddito, ma non può essere assegnata ai soci affinché essi la utilizzino per compensare altri redditi d’impresa.

Il fatto che la perdita resti nella società trasformata rende necessario capire se essa conserva la disciplina della sua genesi (riporto illimitato e compensazione all’80%), oppure assume il regime proprio delle perdite delle società di persone (riporto quinquennale e compensazione totale).

Un principio generale applicato da sempre nel regime delle perdite è che esse vengono gestite in funzione della peculiarità della loro genesi. Se si condivide questa impostazione allora le perdite ereditate dalla società di persone dovrebbero essere gestite con riporto illimitato nel tempo e compensazione limitata all’80% del reddito prodotto nei vari esercizi. Del resto il principio generale secondo cui la perdita viene gestita in funzione della sua genesi viene attualmente applicato anche alle ipotesi in cui una società di persone passa dalla contabilità ordinaria a quella semplificata. Le perdite prodotte in regime di contabilità ordinaria e imputate al socio mantengono, in capo al medesimo socio, il riporto a nuovo quinquennale anche nei periodi d’imposta in cui la società ha assunto la contabilità semplificata.

8 luglio 2013

Antonio Gigliotti