Procedure fallimentari: il comitato dei creditori

con le recenti riforme della Legge Fallimentare, il “Comitato dei creditori” è diventato un organo sempre più importante e centrale per lo svolgimento delle attività della procedura fallimentare

Il comitato dei creditori è stato senza dubbio l’organo maggiormente innovato a seguito della riforma sostanziale del diritto fallimentare sia sotto il profilo della nomina, sia soprattutto con riferimento alle competenze ad esso attribuito. La nomina dei membri del Comitato dei creditori spetta al Giudice Delegato nei trenta giorni successivi alla sentenza dichiarativa di fallimento, su indicazione del Curatore e dei Creditori risultanti dalle scritture contabili della società fallita: i creditori possono, infatti, attraverso la domanda di ammissione al passivo (o anche in epoca precedente alla presentazione della stessa) formulare la loro disponibilità ad assumere tale funzione, ovvero segnalare nominativi di altri creditori disponibili ad assumere l’incarico in parola. Il comitato dei creditori è composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori, in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi.

La composizione del comitato ha, senza ombra di dubbio, delle ripercussioni sulla modalità di gestione della procedura: i creditori muniti di un diritto di prelazione tenderanno, infatti, a “spingere” per una definizione più rapida dell’intera procedura, a differenza di coloro che hanno possibilità di soddisfacimento meno elevate che, in pratica, potrebbero prestare molta più attenzione anche in merito a possibili azioni risarcitorie, revocatorie, recuperatorie o di responsabilità.

Come sopra anticipato, la nomina del comitato dei creditori dovrebbe avvenire nei trenta giorni successivi alla data della sentenza dichiarativa di fallimento. Tuttavia, nella prassi fallimentare, accade che la nomina del comitato dei creditori non sia così tempestiva come la norma richiede: molto spesso, infatti, è possibile nominare il comitato dei creditori solo successivamente alla data di udienza di esame dello stato passivo. In quella sede, infatti, il curatore potrebbe avere contezza della composizione del passivo ed invitare i soggetti più rappresentativi del ceto creditorio a formulare la propria candidatura.

Peraltro, la composizione del comitato dei creditori potrebbe essere modificata dal giudice delegato in relazione alle variazioni dello stato passivo o per altro giustificato motivo. Potrebbe accadere, infatti, che, nel predetto termine di trenta giorni, assuma l’incarico di membro del comitato dei creditori, un soggetto che, in sede di verifica crediti, non risulta essere titolare di alcun credito nei confronti del fallito. In tal caso, la sua presenza, quale componente di tale organo, potrebbe rilevarsi inutile, ovvero anche dannosa per gli interessi della massa.

A ciò si aggiunga che, sempre al termine dell’ adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso, i creditori presenti all’adunanza, che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi (esclusi quelli in conflitto di interessi, i quali non vengono conteggiati ai fini del computo delle maggioranze), possono effettuare nuove designazioni circa i componenti del comitato dei creditori (qualora già nominati nei trenta giorni successivi alla dichiarazione di fallimento). Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli ammessi, indipendentemente dall’entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese, un compenso per la loro attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore. In altre parole, il compenso a favore del comitato dei creditori è solo eventuale e soltanto se specificatamente richiesto dalla maggioranza dei creditori ammessi allo stato passivo. Peraltro, ciascun componente del comitato dei creditori può delegare in tutto o in parte l’espletamento delle proprie funzioni ad uno dei soggetti aventi i requisiti previsti per la nomina a curatore, previa comunicazione al giudice delegato.

Quest’ultima disposizione è stata introdotta, coerentemente con l’ampliamento delle funzioni spettanti al comitato, in considerazione del fatto che i singoli componenti non necessariamente debbono o possono avere le capacità professionali richieste per adempiere a tutte le attività loro affidate.

In termini di responsabilità dei membri del comitato dei creditori, si sottolinea che quest’ultimi devono:

  • svolgere il proprio compito con la professionalità e la diligenza dettata dalla natura dell’incarico assunto;

  • mantenere il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per la posizione che occupano;

  • sono responsabili della verità delle attestazioni rilasciate.

Nello specifico, l’art. 41, c. 7, L.F., stabilisce che ai componenti del comitato dei creditori si applichi, in quanto compatibile, l’art. 2407, cc. 1 e 3, c.c., che prevede un allineamento della figura del componente del comitato dei creditori a quella del sindaco, al pari del quale sono richieste, nello svolgimento delle proprie funzioni, professionalità, diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, nonché verità delle attestazioni e conservazione del segreto su ogni fatto di cui si venga a conoscenza e che riguardi la procedura o il fallito. I componenti del comitato dei creditori – oltre ad essere responsabili del loro operato – possono essere accusati, assieme al curatore fallimentare, per il compimento di attività illegittime e/o pregiudizievoli in via solidale con il medesimo. Si rammenta, infine, che, la responsabilità dei componenti del comitato dei creditori viene considerata extra-contrattuale e come tale si prescrive in 5 anni.

 

1 luglio 2013

Sandro Cerato