No mediazione, no processo

il contribuente che non presenta proposta per la procedura di mediazione obbligatoria all’Agenzia delle Entrate, non può procedere col ricorso tributario per andare a processo col Fisco

Per la C.T.P. di Varese (sentenza n. 31/1/2013 dell’11 marzo 2013) è inammissibile il ricorso depositato prima della scadenza dei novanta giorni utili per il perfezionamento del procedimento di mediazione tributaria.

La Commissione rileva che, soltanto se il tentativo di definizione amministrativa non si conclude positivamente, il contribuente può costituirsi in giudizio depositando l’originale del ricorso presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale. Con la presentazione del reclamo inizia infatti una fase amministrativa che prevede un iter giuridico normativo ben definito. La Commissione rileva che, ai sensi del secondo comma dell’art. 17 bis del D.Lgs 546/92, per gli atti per i quali il reclamo è obbligatorio, la presentazione dell’istanza è condizione per la successiva ed eventuale presentazione del ricorso. In secondo luogo, una volta presentato il reclamo, lo stesso si trasformerà nell’atto introduttivo del giudizio tributario soltanto al verificarsi di uno degli eventi previsti nel nono comma della disposizione richiamata:

a)decorso infruttuoso di novanta giorni dalla presentazione del reclamo;

b)dalla data del provvedimento che respinge il reclamo o l’accoglie solo parzialmente ( come nel caso in esame) se lo stesso è anteriore ai suddetti novanta giorni.

Quanto precede comporta l’inutilità di procedere nell’esame del merito del ricorso”.

 

Breve nota

Già la C.T.P. di Lucca (ordinanza n. 105/05/2012 del 1° ottobre 2012) aveva dichiarato inammissibile il ricorso depositato in giudizio prima del tentativo del procedimento di mediazione.

Il condivisibile pensiero espresso dai giudici di merito si fonda sul dato normativo (art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/92) che ha previsto, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti dell’Agenzia delle entrate, notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, l’istituto del reclamo/mediazione, pena l’inammissibilità del ricorso.

Pertanto, legittimamente le prime C.T.P. chiamate a pronunciarsi hanno ritenuto inammissibile il relativo ricorso presentato dal contribuente che si era costituito in giudizio, senza aver espletato il procedimento di mediazione.

L’art. 39, c. 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha inserito nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’art. 17-bis, rubricato “Il reclamo e la mediazione”, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti dell’Agenzia delle entrate, notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, pena l’inammissibilità del ricorso, oggetto di approfondito esame da parte delle Entrate con la circolare n. 9/E del 19 marzo 2012.

Il nuovo istituto si caratterizza per la presenza sostanzialmente di tre criteri individuati dalla norma, la cui contestuale sussistenza impone di esperire preventivamente e obbligatoriamente la procedura di mediazione, prima di adire il giudice:

– tipologia di atto impugnato;

– parte resistente nell’eventuale giudizio;

– valore della controversia.

 

Il contribuente deve esperire la fase amministrativa ogni qual volta intenda impugnare uno degli atti individuati dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, emessi dall’Agenzia delle entrate, e il valore della controversia non sia superiore a ventimila euro, e pertanto:

– avviso di accertamento;

– avviso di liquidazione;

– provvedimento che irroga le sanzioni;

– ruolo;

– rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti;

– diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

– ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie.

 

Non sono, invece, oggetto di mediazione le controversie concernenti i seguenti atti:

– cartella di pagamento;

– avviso di mora, oggi avviso di intimazione;

– iscrizione di ipoteca sugli immobili;

– fermo di beni mobili registrati;

– atti relativi alle operazioni catastali.

 

Nel caso tuttavia in cui il contribuente eccepisca la mancata notifica di un atto presupposto riconducibile all’attività dell’Agenzia delle entrate, il contribuente è comunque obbligato a presentare preliminarmente l’istanza di mediazione.

Sono escluse espressamente dalla mediazione le controversie concernenti il recupero di aiuti di Stato.

L’istituto introdotto trova applicazione limitatamente alle controversie concernenti atti emessi dall’Agenzia delle entrate.

In ordine alle controversie relative agli atti emessi dall’Agente della riscossione, quale, ad esempio, la cartella di pagamento che di norma non rientra tra gli atti mediabili, la C.M. n.9 del 19 marzo 2012 distingue, in pratica, tre ipotesi:

a) se il contribuente solleva contestazioni attinenti esclusivamente a vizi propri della cartella di pagamento (quali, ad esempio, le eccezioni relative alla ritualità della notifica) la controversia non può essere oggetto di mediazione;

b) nel caso in cui impugni la cartella di pagamento sollevando vizi riconducibili solo all’attività dell’Agenzia delle entrate e la relativa controversia sia di valore non superiore a ventimila euro, il contribuente deve preventivamente esperire il procedimento di mediazione;

c) qualora il contribuente, in sede di impugnazione della cartella di pagamento, formuli eccezioni relative sia all’attività svolta dall’Agenzia sia a quella dell’Agente della riscossione, si possono verificare le ulteriori seguenti ipotesi:

c.1) Il contribuente notifica il ricorso solo all’Agente della riscossione. In questo caso, l’Agente della riscossione ha l’onere di chiamare in causa l’Agenzia delle entrate, la quale, intervenendo in giudizio, eccepisce, limitatamente alle contestazioni sollevate in relazione all’attività dell’Agenzia, l’inammissibilità del ricorso, in quanto doveva essere proposto preliminarmente il reclamo; e in subordine, si difende nel merito;

c.2) Il contribuente avvia la fase di mediazione nei confronti dell’Agenzia, senza notificare il ricorso all’Agente della riscossione. In tale ipotesi, in caso di mancata conclusione favorevole della mediazione, il contribuente potrà valutare l’eventuale prosecuzione del contenzioso;

c.3) Il contribuente notifica il ricorso all’Agente della riscossione e contestualmente avvia la fase di mediazione con l’Agenzia delle entrate. Anche in tal caso trova applicazione il procedimento di mediazione.

Il nuovo istituto trova applicazione con riferimento alle controversie di valore non superiore a ventimila euro, determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell’art. 12, del D.Lgs. n. 546/92.

In pratica, per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

In presenza di impugnazione cumulativa avverso una pluralità di atti, in relazione agli atti aventi un valore non superiore a ventimila euro, il contribuente è tenuto ad esperire il tentativo di mediazione.

Relativamente alle controversie aventi ad oggetto il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi, il valore della controversia va invece determinato tenendo conto dell’importo del tributo richiesto a rimborso, al netto degli accessori.

Nel caso in cui l’istanza di rimborso riguardi più periodi d’imposta, occorre fare riferimento al singolo rapporto tributario sottostante al singolo periodo d’imposta.

In ipotesi di avviso di accertamento che si limiti a ridurre o ad azzerare la perdita dichiarata (senza accertamento di un reddito), il valore è determinato sulla base della sola imposta “virtuale”, che si ottiene applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o riportabile e quella accertata.

Qualora, a seguito della rettifica della perdita, l’avviso di accertamento rechi anche un imponibile o, comunque, un’imposta dovuta, il valore è, invece, dato dall’importo risultante dalla somma dell’imposta “virtuale”, come prima calcolata, e dell’imposta commisurata al reddito accertato.

In caso di accertamento che rettifica in aumento l’imposta dovuta da persona fisica che aveva utilizzato una perdita d’impresa per ridurre altri redditi, il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e dall’imposta “virtuale” relativa alla eventuale parte di perdita riportabile.

Sono escluse dalla mediazione le fattispecie di valore indeterminabile, quali, ad esempio, quelle relative ai provvedimenti di diniego di iscrizione e di cancellazione dall’Anagrafe unica delle Onlus oppure quelle concernenti esclusivamente la spettanza di un’agevolazione.

La circolare precisa che pur se la mediazione produce effetti anche sui contributi previdenziali e assistenziali, il valore della lite va, ovviamente, determinato al netto dei contributi accertati.

Ricordiamo, quindi, che la disposizione ha introdotto, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti dell’Agenzia delle entrate,

notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, un rimedio da esperire in via preliminare ogni qualvolta si intenda presentare un ricorso, pena l’inammissibilità dello stesso.

 

29 aprile 2013

Francesco Buetto