La donazione di quota di SRL con riserva di usufrutto

Profili civilistici e fiscali della donazione di partecipazioni di SRL ad un familiare (tipicamente il coniuge o il figlio) con riserva di usufrutto a favore del donante.

L’art. 769 del Codice civile definisce la donazione come

“il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.

La donazione rappresenta un negozio inter vivos che le parti possono modificare ed adattare, con l’inserimento di opportune clausole, in modo tale da adeguarlo alle esigenze e agli scopi che esse si prefiggono.

Un esempio di tali clausole è costituito, appunto, da quelle che consentono la donazione della nuda proprietà con riserva di usufrutto a favore del donante.

cessione di azienda ad un familiareIl vantaggio di quest’ultimo tipo di donazione è costituito dal fatto che, il donante non perde il controllo della quote e riduce, allo stesso tempo, il carico dell’imposta stante la riduzione del valore venale del bene (nuda proprietà delle quote) rispetto a quello corrispondente alla piena proprietà.

Un prima condizione da appurare, prima di procedere con la donazione delle partecipazioni, concerne la possibilità che lo statuto societario delle società partecipate consenta il trasferimento delle quote sociali (anche attraverso lo strumento della donazione), ovvero contenga delle limitazione alla libera circolazione delle stesse.

Detti vincoli possono legittimamente assumere natura tale da escludere la trasmissione delle partecipazioni o comunque assoggettare l’efficacia del trasferimento al mero gradimento degli organi sociali (assemblea dei soci o organo amministrativo): per mero gradimento si intende la possibilità per l’organo sociale designato di esprimere il proprio apprezzamento, in merito alla possibilità o meno di effettuare lo specifico trasferimento della quota societaria, senza essere vincolato ad alcun parametro di tipo oggettivo.

Per valutare gli effetti fiscali della donazione di partecipazioni societarie nel sistema delle imposte sui redditi, occorre in primo luogo determinare la qualifica soggettiva di colui che effettua la donazione.

La donazione di partecipazioni effettuata da una persona fisica non imprenditore non comporta alcun onere fiscale, ai fini delle imposte dirette (IRPEF): ai sensi dell’art. 67 del TUIR, infatti, i redditi diversi conseguibili da persone fisiche non nell’esercizio di impresa e per effetto di cessioni di partecipazioni, sono tassabili solo quando la cessione sia a titolo oneroso e non, invece, quando avvenga a titolo gratuito (i.e. attraverso lo strumento della donazione).

Per quanto concerne, invece, la donazione di partecipazioni societarie ai fini delle imposte indirette, questa è soggetta alla disciplina di cui all’art. 2, c. 47, D.L. 3.10.2006, n. 262, introdotto in sede di conversione dalla L. 24.11.2006, n. 286, che ha istituito l’imposta sulle donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per donazione o a titolo gratuito: i trasferimenti di partecipazioni societarie a favore del coniuge o di parenti in linea retta di secondo grado (figli e nipoti) scontano l’imposta al 4%, sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, l’importo di € 1.000.000,00.

Ai fini dell’imposta sulla donazione, il valore delle quote di società non quotate in borsa (i.e. partecipazioni in s.r.l.) è determinato assumendo il valore proporzionalmente corrispondente al valore del patrimonio netto della società

“risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società…”.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate (circolare 30.12.2003 n. 58), recependo la posizione unanime della giurisprudenza di legittimità, ha chiarito che, ai fini dell’imposta sulle donazioni, la base imponibile delle partecipazioni in società non quotate deve essere determinata avendo riguardo al valore contabile della quota-parte del patrimonio netto, risultante dall’ultimo bilancio o inventario e non più al valore di mercato.

Diversamente, solo in assenza di bilancio o di inventario, le partecipazioni dovranno essere assunte in misura pari al valore corrente del patrimonio netto.

Il valore complessivo della donazione (frazione di patrimonio netto) deve poi essere decurtato del valore dell’usufrutto, atteso che il donante si riserverà tale diritto all’atto della donazione della partecipazione.

Il valore dell’usufrutto viene calcolato differentemente a seconda che il diritto sia stato previsto a vita, ovvero per un numero determinato di anni. Nella pratica, l’usufrutto viene determinato moltiplicando la rendita annua per un particolare coefficiente che varia in relazione all’età del beneficiario, se si tratta di usufrutto a vita, o in relazione agli anni di durata, qualora si tratti di usufrutto per un numero determinato di anni.

La rendita annua si ottiene moltiplicando il valore della piena proprietà del bene gravato da usufrutto per l’interesse legale del 2,5%.

Il valore della nuda proprietà delle partecipazioni donate, pari al valore della piena proprietà decurtato dal valore dell’usufrutto (riservato al donante), è il valore che dovrà essere assunto ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni: l’art. 2 co. 48 del DL 262/2006 dispone, come sopra anticipato, che, i trasferimenti a favore del coniuge o di parenti in linea retta scontano l’imposta al 4%, sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, la franchigia di € 1.000.000,00.

Peraltro, secondo quanto disposto dal citato DL 262/2006, il tributo si applica “sul valore complessivo netto dei beni” e le franchigie vanno valutate in capo ad ogni beneficiario. In altre parole, ogni beneficiario ha a disposizione una sola franchigia operante per le donazioni ricevute da un determinato donante.

Se l’insieme delle donazioni non supera la franchigia per esso prevista dalla legge, egli non dovrà corrispondere l’imposta, diversamente, quest’ultima è dovuta.

Ad ogni modo, a norma del comma 4 ter dell’art. 3 del D.Lgs.346/90 ( introdotto dall’art. 1 co. 78 lett. a) della L. 296/2006) non sono soggetti ad imposta sulle donazioni i passaggi generazionali d’impresa, attraverso la cessione di quote a favore dei discendenti (figli, nipoti) e del coniuge.

L’esenzione in parola spetta, infatti, per il solo trasferimento di partecipazioni che consente agli aventi causa (discendenti o coniuge) di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del Codice civile della società partecipata (in tal senso l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 75/E del 26 luglio 2010).

 

16 aprile 2013

Sandro Cerato