Finanziamenti dei soci per coprire le perdite: problematiche fiscali e imposta di registro

è assoggettato ad imposta di registro l’accordo verbale con il quale i soci decidono di finanziare la società per provvedere al ripianamento delle perdite ed alla ricostituzione del capitale sociale minimo

L’atto soggetto a registrazione, di contratti verbali relativi ai finanziamenti soci, oggetto di successiva rinuncia da parte degli stessi soci per copertura delle perdite e ricostituzione del capitale sociale (con riferimento al contratto di finanziamento enunciato) è soggetto a imposta di registro anche se i soci hanno rinunciato ad ogni pretesa da essa derivante.

Quanto appena esposto è un principio ormai consolidato della Giurisprudenza di legittimità (sentenza n. 15585 del 30 giugno 2010) la quale ha sancito l’assoggettamento ad imposta di registro nella misura del 3% del contratto verbale con il quale i soci hanno in precedenza finanziato la società, la cui rinuncia è stata enunciata nel verbale di assemblea straordinaria con il quale gli stessi finanziatori hanno proceduto al ripianamento delle perdite ed alla ricostituzione del capitale sociale minimo della società.

Per i giudici di legittimità, infatti, la “menzione” del finanziamento nell’atto di ripianamento perdite e contestuale ricostituzione del capitale sociale mediante la rinuncia al finanziamento medesimo, configura l’istituto della c.d. “enunciazione” di cui all’art. 22 del D.P.R. 26 aprile 1986, n.131 (TUR): “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”. Dalla enunciazione consegue, quindi, oltre che la tassazione dell’atto enunciante, anche la tassazione dell’atto enunciato.

Sul punto, però, bisogna precisare che parte della dottrina non ritiene condivisibile l’orientamento dei Giudici, in considerazione del fatto che sembrerebbero non soddisfatti i requisiti perché si renda applicabile il predetto istituto dell’enunciazione. Nella sostanza, alcuni autori non concordano nella possibilità di dare rilievo, per ritenere soddisfatta la fattispecie di cui al citato art. 22, alle dichiarazioni negoziali rese da alcuni soci nell’ambito del dibattito assembleare: la società, infatti, non è parte del verbale, così come non lo sono i soggetti le cui dichiarazioni il verbale registra, indipendentemente dal fatto che esse abbiano natura negoziale.

Dalla prospettiva della verbalizzazione, le dichiarazioni rese da alcuni soci nell’ambito del dibattito assembleare rappresentano solo degli accadimenti che, in quanto svoltisi innanzi al notaio, devono essere registrati da quest’ultimo in quanto rilevanti per l’attività di documentazione. Pertanto, i principi della sentenza, se recepiti acriticamente determinerebbero, nella sostanza, l’impossibilità di menzionare il finanziamento dei soci in qualsiasi atto societario successivo per cui è obbligatoria la registrazione. Peraltro, importanti critiche alla decisione della Suprema Corte sono state espresse dal Consiglio nazionale del Notariato nello Studio n. 208-2010/T del 14 dicembre 2011 il quale, oltre a ribadire quanto esposto dalla dottrina, ha avuto modo di precisare che il contratto di finanziamento, anche laddove se ne ravvisino i presupposti per l’enunciazione, cessa i propri effetti proprio a seguito della remissione del debito effettuata con la delibera.

Ad ogni modo, qualora si versi in una situazione simile a quella della sentenza, è comunque opportuno che la rinuncia al credito avvenga al di fuori di un verbale notarile, o comunque al di fuori di qualsiasi verbale soggetto a registrazione: si potrebbe, ad esempio, procedere alla restituzione del finanziamento soci prima dell’adozione della delibera di aumento del capitale, qualora le casse sociali risultassero sufficientemente capienti allo scopo. Allo stesso modo, anziché eseguire in un unico contesto l’aumento e la sottoscrizione del capitale, nonché la liberazione della sottoscrizione mediante rinuncia del socio al credito derivante dal finanziamento effettuato a favore della società, si potrebbe procedere con la sola deliberazione di aumento (in ossequio a quanto richiesto dall’art. 2436 del Codice Civile), riservando in un secondo momento (e con differenti modalità, quali la forma orale o lo scambio di corrispondenza) l’esecuzione dell’aumento stesso (che non è parte della delibera assembleare).

Così facendo, infatti, la società eviterebbe di presentare alla registrazione un verbale contenente l’enunciazione del contratto di finanziamento soci. Ancora, una alternativa percorribile potrebbe essere quella di convertire, prima dell’adunanza assembleare, i finanziamenti in patrimonio netto, ovvero procedere alla loro restituzione e al successivo versamento in conto capitale. Tuttavia, la società potrebbe correre il rischio che tale operazione venga considerata come strumentale al solo fine di evitare l’imposizione e, in tal modo, essere censurata dall’Amministrazione Finanziaria (abuso di diritto).

 

22 aprile 2013

Sandro Cerato