In dottrina e giurisprudenza è discussa la questione se il Fisco può annullare in autotutela un accertamento parzialmente errato e poi riemetterlo corretto: ecco il parere dell’Agenzia.
Si prende spunto dalla recente circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 emanata dall’Agenzia delle entrate per affrontare la questione relativa alla legittimità dell’emissione di un nuovo accertamento da parte dell’ufficio a seguito di annullamento del primo in autotutela.
Autotutela: istituto in evoluzione
L’autotutela trae le sue radici nel diritto amministrativo e consiste nella facoltà dell’amministrazione di annullare o correggere, anche di propria iniziativa, tutti gli atti che risultano illegittimi o infondati, cercando di assicurare i principi di equità e trasparenza, considerato che l’attività amministrativa è ispirata ai principi costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento (art. 97 Cost)., nonché quelli contenuti negli articoli 23 e 53 secondo cui, rispettivamente, “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” e “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
L’istituto dell’autotutela o jus poenitendi, introdotto dall’art. 68, comma 1, del Dpr 287/1992, e successivamente definito con il decreto legge 564/1994, rappresenta il potere dell’amministrazione finanziaria di annullare o revocare un atto ritenuto infondato o illegittimo. Per le P.A. non vi è un obbligo specifico di agire in autotutela ogni qual volta il soggetto privato lo richieda, ma è pur vero che tale principio subisce delle eccezioni.
Una di queste è rappresentata dalla materia tributaria in cui i tributi costituiscono diritti soggettivi, avendo l’obbligo di rispondere ad ogni richiesta di autotutela o ponendo in essere un potere di autotutela nel caso di atti emessi risultati invalidi. L’art. 43 del Dpr n. 600/72 riconosce il potere dell’ufficio di modificare l’accertamento solo quando subentrino nuovi elementi, criterio che comunque non opera nel caso in cui l’accertamento è nullo; in tal caso l’AF è legittimata a correggere i propri errori, salvo che l’atto rinnovato rappresenti elusione o violazione dell’eventuale giudicato formatosi sull’atto nullo
Con la Circ. n. 1/e del 2013, l’Agenzia, nel rispondere ad uno specifico quesito relativo all’esercizio del potere di autotutela da parte degli uffici, ha chiarito che il potere di annullare o revocare d’ufficio gli atti tributari illegittimi, deriva dal generale potere di autotutela di cui all’art. 2-quater dl n. 564/1994 poi disciplinato dal dm n. 37 del 1997.
L’amministrazione finanziaria, salvo che sia intervenuto giudicato favorevole alla stessa, può annullare in tutto o parzialmente l’atto impositivo, senza necessità di una istanza di parte. Se i vizi siano rilevanti per la validità dell’atto (mancanza di uno degli elementi essenziali ex art 42 Dpr n. 600/73), l’ufficio può annullarlo il primo atto ed emetterne un secondo nuovo, compatibilmente con il termine decadenziale dell’attività accertativa. Viceversa ove i vizi non incidono sulla validità (ad es., errore di calcolo), l’ufficio può rettificare la pretesa impositiva mediante un’autotutela parziale.
Una precedente circolare (Agenzia delle entrate n. 26/E del 2010) ha posto in luce che il ricorso all’istituto dell’autotutela produrrebbe un duplice risultato: l’ufficio dovrà astenersi dall’emanare atti illegittimi e, nel caso di adozione dell’atto, provvedere all’eliminazione dello stesso facendo ricorso all’autotutela, consentendo, quindi, lo snellimento del contenzioso tributario.
Giurisprudenza in materia di autotutela
Sul tema sovviene una recentissima sentenza della Suprema Corte da cui emerge che il secondo accertamento emesso dall’ufficio, a seguito di annullamento del primo, è valido in applicazione del potere di autotutela tributaria. Pertanto l’emissione di un accertamento “bis” è possibile solo dopo l’annullamento del primo e fino a quando non è scaduto il termine decadenziale o non si è formato il giudicato sull’atto nullo (Cass. 13 marzo 2013, n. 6329).
I giudici di legittimità, uniformandosi ad un orientamento della Suprema Corte, hanno accolto il ricorso stabilendo che per l’esercizio del potere di autotutela tributaria sono imprescindibili la mancata formazione di un giudicato o la mancata scadenza del termine di decadenza fissato per l’accertamento. L’esercizio di tale potere di autotutela può avere luogo solo entra il termine previsto per il compimento dell’atto, ma non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato e deve essere preceduto dall’annullamento del primo atto, a tutela del diritto di difesa ed in ossequio del divieto di doppia imposizione.
Pertanto l’atto di autotutela ha ad oggetto un precedente atto di accertamento che è nullo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato che conserva la sua legittimità (Cass., 7 luglio 2009, n. 15874; cfr. Cass., 22 febbraio 2002, n. 2531).
E’ legittimo il potere di autotutela esercitato dall’AF entro i termini di decadenza per l’azione accertativa e in mancanza di un giudicato sostanziale formatosi in materia (cfr. Cass. 23/2/2011, n. 4372)
25 marzo 2013
Enzo Di Giacomo