Reddito basso con auto di grossa cilindrata: scatta il redditometro?

il possesso di autoveicoli, soprattutto se di cilindrata potente, è uno degli indici più pesanti a favore del Fisco in caso di accertamento redditometrico

La recente ordinanza della Cassazione conferma, ancora una volta, che la determinazione del reddito effettuata sulla base di indici di maggiore capacità contributiva ai sensi dell’art. 38, c. 4 del D.P.R. 29.09.1973, n. 600 (c.d. redditometro) non richiede, in capo all’Amministrazione Finanziaria, di provare ulteriormente i fatti posti a fondamento dell’accertamento sintetico.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.18604 del 29 ottobre 2012.

Si ricorda che con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto al 31 maggio 2010, le nuove disposizioni introdotte dall’art. 22, c. 1, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, del citato comma 4, dell’articolo 38, prevedono che l’amministrazione finanziaria, indipendentemente dalle disposizioni recate dall’articolo 39 e dai commi contenuti nell’articolo 38 del DPR 600/1973, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

La CTR aveva respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate relativo ad un avviso di accertamento per IRPEF – ILOR emesso a carico del genitore del ricorrente, del quale era divenuto erede a seguito di accertamento sintetico di genere presuntivo, fondato sulla quota di risparmi desunta:

  • sia da acquisto di azioni;

  • sia dalla disponibilità di n.3 autovetture di grossa cilindrata.

La CTR ha motivato la decisione ritenendo che (una volta rinunciato da parte dell’Ufficio alla contestazione della quota di reddito derivante da una delle tre autovetture) sarebbe spettato all’Ufficio, con argomentata dimostrazione, “indicare le ragioni per cui le spese di mantenimento delle altre due debbano ritenersi eccessive rispetto al reddito dichiarato”, cosi come ottemperare all’onere di prova in riguardo all’acquisto di azioni, quantomeno indicando nell’avviso di accertamento gli estremi dell’atto, nel mentre la produzione di documenti fatta a questo proposito per la prima volta in grado di appello doveva considerarsi tardiva ed inammissibile.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della CTR in Cassazione.

 

L’accertamento sintetico del reddito: il redditometro

La determinazione globale del reddito delle persone fisiche può essere eseguita in via sintetica, così come prevede l’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600. In generale, la ratio ispiratrice della quantificazione sintetica del reddito si basa sul concetto di spesa nonché di possesso di beni: infatti, si ritiene che il sostenimento di spese tanto per l’acquisto di beni quanto per il sostenimento degli stessi sia un indice di capacità contributiva, che deve essere coerente con la dichiarazione dei redditi. Nell’accertamento sintetico, l’imponibile viene determinato o in base alle spese sostenute o mediante l’applicazione dei coefficienti ministeriali. In entrambi i casi, spetta al contribuente difendersi, dimostrando, sia in sede amministrativa, sia in sede giudiziale, che il reddito così quantificato non corrisponde a realtà, ad esempio, in quanto il sostenimento della spesa è stato possibile grazie a donazioni provenienti da familiari. Tale tipologia di accertamento richiede, per la sua applicabilità, uno scostamento tra dichiarato e accertato.

Il metodo sintetico può essere utilizzato per l’Irpef, ma non ha rilievo né ai fini Iva, né ai fini Irap.

Mediante il c.d. “redditometro”, l’imponibile viene rideterminato applicando i coefficienti ministeriali indicati nel D.M. 10 settembre 1992, i quali, in sostanza, “trasformano” in reddito il possesso dei beni indicati. Il criterio di quantificazione è indicato nelle tabelle allegate al D.M., e, in molti casi, conduce a risultati irrazionali, basti pensare alla valenza che hanno le rate di mutuo pagate agli istituti bancari nonché il possesso di vecchie auto, avvenendo il calcolo sulla base dei cavalli fiscali.

 

Quali differenze con il redditest

Occorre evidenziare che il redditest è uno strumento che deve essere tenuto distinto dall’attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria che si svolge sulla base del cosiddetto sintetico puro e del redditometro. Il redditest è uno strumento che “consiglia” al contribuente di dichiarare un reddito in linea con la sua capacità di spesa.

In maniera molto sintetica la differenza tra il redditometro, il redditest e lo spesometro sono:

  1. il redditometro si basa:

1) sulle spese sostenute dal contribuente già presenti nell’anagrafe tributaria;

2) sulle spese stimate il cui valore è ottenuto applicando un certo valore a determinate tipologie di costi pluriennali;

3) in via residuale sulla spesa media Istat che fotografa le uscite medie di tipo corrente.

  1. lo spesometro permette all’amministrazione finanziaria di avere informazioni per quantificare la capacità di spesa dei contribuenti; ha lo scopo di controllare i pagamenti che superano una certa soglia. La norma prevede che tutti i soggetti con partita Iva sono obbligati a comunicare via internet, all’Agenzia delle Entrate qualsiasi incasso che abbia un importo superiore a 3.600 euro;

  2. il redditest è uno strumento che si basa , per determinare il reddito del contribuente, sulle spese più significative che si sostengono in ambito familiare, per consentire di verificare in via preventiva se il reddito dichiarato è coerente con le spese sostenute. In sostanza è uno strumento di orientamento che ha la finalità di incentivare la dichiarazione di un reddito adeguato almeno alle spese standard sostenibili dal contribuente.

 

La sentenza della Cassazione

L’Agenzia delle Entrate nel ricorso in Cassazione evidenzia che il giudice del merito aveva di fatto imposto all’Erario un onere della prova riferito a fatti diversi ed ulteriori rispetto a quelli individuati nei coefficienti presuntivi di reddito posti a fondamento dell’accertamento sintetico, coefficienti costituiti esclusivamente dalla disponibilità delle autovetture.

Per la Corte di Cassazione la censura appare fondata, alla luce della confermata giurisprudenza della Cassazione secondo la quale: “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del cosiddetto ‘redditometro’ dispensa l’Amministrazione Finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti-indici di maggiore capacità contributiva, individuati dal redditometro stesso e posti a base della pretesa tributaria fatta valere, e pone a carico dei contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore”. Sarebbe spettato dunque alla parte contribuente fornire la prova contraria rispetto alla presunzione stabilita ex lege, disciplina che il giudicante del merito ha violato con la propria contraria affermazione.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite .

 

8 febbraio 2013

Federico Gavioli