Le registrazioni contabili effettuate a matita non integrano automaticamente fatti di omessa registrazione e irregolare tenuta dei registri contabili con relativo rischio di accertamento induttivo.
Registrazioni contabili a matita e accertamento induttivo
- Escursus giurisprudenziale
- Sanzioni in caso di registrazione a matita
- Norme di riferimento
Escursus giurisprudenziale
1) Scritturazioni contabili registrate a matita – Scritture inesistenti -accertamento induttivo
– CTC, sez. 19 – sentenza n.3489, del 25.10.1994 –
Le scritturazioni contabili che l’imprenditore è obbligato a tenere devono consentire una rappresentazione chiara e completa della consistenza patrimoniale e dei risultati conseguiti dall’impresa: ora la iscrizione a matita dei dati relativi, per la sua precarietà, modificabilità e alterabilità non può ritenersi rispondente a tali esigenze.
Correttamente quindi l’ufficio impositivo lo ha considerato inidoneo allo scopo e come tale giustificabile all’accertamento induttivo.
In tal senso Cassazione – sent. N.16707, depositata l’8.08.2008 -, la quale ha affermato che
la scrittura a matita non è assolutamente in grado di fornire quella sufficiente stabilità al testo scritto. Al contrario della penna, la matita può essere cancellata senza lasciare segni evidenti. Pertanto lo scritto a matita si considera come non apposto.
La Cassazione ha dichiarato
illegittima la tenuta delle scritture contabili in cui i dati siano trascritti a matita. Le registrazioni così effettuate sono da considerarsi inesistenti e il contribuente non può invocare “l’incertezza della norma” allo scopo di evitare l’applicazione di sanzioni.
2) Le scritturazioni dei dati a matita vanno equiparate all’omessa annotazione – non concretano la violazione penale tributaria di cui all’art. 1, D.LGS. 516/82 –
– Cassazione – sez. 1 civile – sent. N.2396 del 04.03.1998 –
Identifica fattispecie di irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, la quale giustifica, ai sensi dell’art.39, 2^ c., lett.d) dpr 600/73 il ricorso all’accertamento induttivo, l’avvenuta scritturazione dei dati, con il mezzo della matita.
La Cassazione, nel caso di specie, ha osservato che la decisione impugnata ha preso le mosse da un preciso presupposto di fatto:
le scritturazioni contabili della contribuente erano state registrate a matita; sulla base di tale presupposto ha argomentato:
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Che le scritture contabili obbligatorie devono consentire una rappresentazione chiara e completa della consistenza patrimoniale e dei risultati conseguiti dall’impresa;
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Che l’iscrizione a matita dei dati relativi – per la sua precarietà, modificabilità e alterabilità – non può ritenersi rispondente a tali esigenze, giustificando quindi l’adozione del procedimento induttivo da parte dell’ufficio.
Invero non è ravvisabile alcuna violazione dell’art.2219 c.c.. E’ esatto che questa norma non stabilisce una disposizione specifica circa il mezzo grafico che deve essere adottato per la registrazione dei dati contabili dell’impresa.
Essa però dispone che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine, significativamente aggiungendo che “Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili”.
E queste modalità di tenuta delle scritture contabili sono espressamente richiamate dall’art.22, 1^ c., dpr 600/73, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Le modalità di tenuta delle scritture contabili non rispondono ad esigenze meramente formali, ma sono dirette a tutelare una serie di interessi:
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da un lato quello dell’imprenditore a disporre di uno strumento di controllo sull’andamento dell’impresa (che è una realtà dinamica) e sull’operato dei dipendenti;
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dall’altro quello dei terzi (singoli creditori, massa dei creditori, soggetti che a vario titolo vengono in rapporto con l’impresa) a conoscere con chiarezza le condizioni dell’impresa (le scritture contabili hanno una rilevanza non soltanto interna ma anche esterna, in particolare sul piano processuale come mezzi di prova – art.2709 – 2711 c.c.);
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dall’altro ancora sul piano fiscale ai fini della determinazione del reddito d’impresa (artt.22 e 39 dpr 600/73).
È evidente, dunque, l’importanza delle suddette modalità di tenuta, finalizzate essenzialmente a rendere affidabili le scritture; ed in tale quadro particolare rilievo va attribuito al divieto di abrasioni (cioè di cancellature fatte raschiando), cui si accompagna la previsione che, se qualche cancellatura deve essere eseguita, essa va compiuta in modo da rendere leggibili le parole cancellate perchè attraverso questa disciplina il legislatore, da un canto, ha voluto assicurare stabilità alle risultanze delle scritture e, dall’altro, ha voluto permettere di ricostruire l’effettivo andamento della gestione, evitando manipolazioni non percepibili (o non agevolmente percepibili senza l’adozione di particolari tecniche d’indagine).
Se tutto ciò è esatto (e il menzionato tessuto normativo non consente opzioni diverse), è chiaro che il richiamo all’art.2219 c.c. non giova alla tesi della ricorrente ed anzi la contraddice.
Infatti la registrazione a matita dei dati contabili dell’impresa è, per definizione, caratterizzata da “precarietà, modificabilità ed alterabilità” (come pone in luce la Commissione tributaria centrale), essendo agevolmente cancellabile senza lasciare tracce percepibili e senza neppure ricorrere ad un’abrasione, bastando un semplice tratto di gomma.
Che le tecniche moderne consentano più sofisticate forme di manipolazione non è certo una ragione sufficiente per giustificare l’impiego di un mezzo grafico che permette quella più semplice ed elementare e difetta in radice di qualsiasi connotato di stabilità, rendendo possibile in ogni momento rimuovere, sostituire o modificare le indicazioni annotate nelle scritture.
Quanto sin qui esposto esclude altresì la dedotta violazione dell’art. 39, secondo comma, lett. d), dpr 600/73 perchè la registrazione dei dati con un mezzo grafico del tutto inaffidabile si risolve in una inattendibilità complessiva delle scritture, rendendo così giustificata l’adozione dell’accertamento induttivo.
TRIBUNALE DI LATINA – sentenza dell’11/04/91 – sotto l’aspetto penale tributario – in riferimento alla violazione dell’art.1, 6^ c., L.516/82 – il Tribunale di Latina assolveva l’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
I giudici di merito, dato atto che le anzidette scritture contabili erano esistenti, anche se le relative annotazioni erano state segnate a matita, avevano affermato che tale mezzo di scrittura non poteva costituire un’omessa annotazione ai sensi dell’art.1, 6^ c., L.516/82, non essendo in contrasto con l’art.2219 c.c., richiamato dall’art.39, dpr 633/72.
L’art.2219 c.c. stabilisce che le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee, senza trasporti in margine e senza abrasioni: le cancellazioni che fossero necessarie debbono essere eseguite in modo che le parole cancellate siano leggibili. La norma, però, nulla dice in ordine allo strumento, penna o matita, con cui debbono essere effettuate le annotazioni.
Avverso la citata sentenza del Tribunale di Latina ha proposto ricorso in Cassazione il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma che, deducendo erronea applicazione di norme penali e di norme di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale (art.1, 2^ ed u.c., L.516/82; 22 dpr 600/73 e 2219 c.c., in relazione all’art.606, lett.b), c.p.p.) ne ha chiesto l’annullamento.
La Cassazione ha osservatoche il ricorso è fondato e che i motivi posti a sostegno dello stesso devono essere integralmente condivisi, in quanto la motivazione della sentenza impugnata appare decisamente illogica oltre che contraria al sistema normativo delineato dalle disposizioni di legge su indicate.
Secondo la Cassazione se le contabilità potessero essere tenute “a matita”, le stesse, data la facilità della loro alterazione, sarebbero private di quel requisito di certezza che, viceversa, è necessario in un ordinato sistema economico e sociale.
L’esigenza di tale requisito è stata ritenuta anche dalla Corte dei conti – Sez. I, 13 aprile 1987, n. 68 – la quale, ad esempio, ha affermato che
“va dichiarata la responsabilità del consegnatario di materiale appartenente alle forze armate per la perdita dello stesso, ove i registri relativi alla gestione dei materiali risultino … scritti a matita”.
Per la Cassazione le modalità di tenuta delle scritture sono essenziali al fine di garantire l’attendibilità. Tra gli interessi tutelati in questo modo c’è anche quello del Fisco alla determinazione del reddito d’impresa.
È necessario che i mezzi tecnici adottati non siano connotati da precarietà, modificabilità ed alterabilità.
Venuta meno questa condizione, le scritture sono da ritenersi complessivamente inattendibili e, quindi, è del tutto legittimo l’accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria a carico del contribuente.
In conclusione, quindi, l’uso della matita per riportare le prescritte annotazioni nelle scritture contabili va equiparato ad un’omessa annotazione delle stesse (In tal senso anche Cassazione, Sez. 3 – Sent. 18/01/1994, n. 337).
TRIBUNALE DI TORINO sez. IV penale – sent. Del 04/03/1988 – depositata il 15/03/1988 –. Ancora, in merito all’aspetto penale tributario delle annotazioni a matita, si evidenzia che il Tribunale di Torino ha affermato che il comma 6 dell’art.1, L.516/82 punisce due ipotesi distinte:
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quella relativa a chi non istituisce le scritture contabili obbligatorie indicate ai punti a) e b) dell’art.14, dpr 600/73;
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quella relativa a chi non conserva le menzionate scritture in conformità con l’art.22 stesso decreto.
Pertanto, non concretano tale contravvenzione le seguenti condotte:
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omessa annotazione, nel termine previsto di 60 giorni, dei corrispettivi e delle fatture emesse sulle rispettive scritture contabili qualora risultino inferiori alle soglie di punibilità;
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effettuazione di annotazioni a matita.
Integra, invece, l’art.1, 6^ c., L.516/82, l’omessa vidimazione del registro Iva di prima nota di cui all’art.24, dpr 633/72.
3) L’annotazione irregolare non costituisce una violazione sostanziale
– C.T.R. LOMBARDIA – Sezione 4, Sentenza N.15, dell’11/03/2005 –
Secondo i giudici della CTR Lombardia il semplice fatto che la contabilità Iva sia tenuta a matita non è bastevole a fondare la pretesa dell’Amministrazione finanziaria di recuperare a tassazione gli importi così annotati, senza aver previamente proceduto a un controllo incrociato di tutti gli altri elementi della contabilità aziendale.
L’annotazione irregolare, infatti, non costituisce una violazione sostanziale considerando che l’ipotesi in questione non è difforme da quella della tenuta di contabilità con sistemi meccanografici e non stampata in sede di ispezione, considerata regolare dall’art.7, 4^ c., D.L. N.416/1994.
4) Registro IVA fatture emesse con annotazione di alcune fatture a matita – annotazioni inesistenti
– Cassazione – sent. N.16707 del 24.05.2005 –
Secondo la Cassazione
le annotazioni a matita sui registri obbligatori ai fini Iva di fatture attive, sono da considerare inesistenti e, pertanto, comportano l’applicazione della sanzione per omessa registrazione, indicata dall’allora vigente art.42 dpr 633/72 (ora art.6 d.lgs. 471/97).
La Cassazione, nel caso di specie, ha dichiarato che
“la registrazione sul registro obbligatorio, prescritta per legge (art.23, dpr 633/72), non possa considerarsi realizzata con modalità diverse dalla trascrizione definitiva e non dalla precaria annotazione a matita.
Quanto all’invocata esimente ex art.8 d.lgs. 546/92, ha rilevato che la chiara formulazione letterale della normativa induce ad escludere la ipotizzabilità dell’incertezza interpretativa. Questo sulla base del carattere oggettivo e non soggettivo della causa esimente, richiedendo la norma che si verifichino “obiettive condizioni di incertezza” (in tal senso Cass. N.2396 del 04.03.98, che conferma la pronuncia della CTC, n.3489 del 25.10.94).
Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso del contribuente.
5) Libro beni ammortizzabili riportante annotazioni a matita ma correttamente imputate al conto economico
– Cassazione – sent. N.17220 del 09.02.2006 –
La Cassazione ha affermato che, in tema di scritture contabili, costituisce – in linea di principio – violazione della corretta tenuta delle scritture l’utilizzazione di annotazioni per mezzo della matita.
Tuttavia, tale irregolarità non è ex se riconducibile ad ipotesi di elusione di disposizioni tributarie laddove la posta oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio (nella specie, deduzione delle quote di ammortamento di beni mobili ed immobili) sia stata correttamente imputata al conto economico, così come incontrovertibilmente accertato dai giudici del merito (in tal senso Cass. N.16707 dell’8.08.2005).
Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso del contribuente.
6) Scritture contabili redatte a matita – giustificano l’accertamento induttivo ma non determinano limitazioni probatorie in opposizione alla pretesa fiscale – Cassazione – sent. N.12279 dell’11/04/2007 -.
– Cassazione – sent. N.12279 dell’11.04.2007 -.
In tema di redazione di scritture contabili a matita, al contribuente è consentito di fornire la prova della conformità delle scritturazioni tenute irregolarmente (nel caso di specie a matita) alla realtà delle poste ivi annotate in termini di certezza ed inerenza e quindi anche per i costi ritenuti indeducibili dall’ufficio. Circa il thema probandum il dibattito processuale deve incentrarsi sulla documentazione acquisita e sulla sua rilevanza ai fini di valutare la fondatezza o meno della deducibilità sostenuta dal contribuente a prescindere dalle modalità di annotazione (in tal senso Cass. N.17220 del 28.07.06).
La Cassazione ha dichiarato che
i rilievi processuali riguardavano modalità probatorie di dati contabili già acquisiti al giudizio ed erano stati provocati proprio dalla documentazione prodotta ex post dal contribuente legittimante l’Amministrazione a prendere su essa posizione integrando le originarie difese con l’opporsi all’utilizzazione di materiale istruttorio riferibile a scritturazioni irregolarmente approntate.
Vero è invece che la profferata documentazione a sostegno delle specifiche contestazioni rivolte alle riprese dell’ufficio doveva essere comunque presa in esame dalla Commissione per fornire una motivata risposta sulla deducibilità o meno nell’an e nel quantum dei costi ripresi a tassazione.
L’irregolarità delle scritture giustifica, ai sensi dell’art.39, 2^ c., lett.d), dpr 600/73, il ricorso all’accertamento induttivo ma non determina limitazioni probatorie nella sede oppositiva alla pretesa fiscale, tanto più che nel caso i verbalizzanti hanno proceduto ad un accertamento analitico verosimilmente valutando la forma compilativa solo nel quadro delle violazioni sanzionabili.
In tema di rettifica della dichiarazione del contribuente occorre infatti distinguere le irregolarità della contabilità meno gravi, contemplate dal comma 1 della norma, a fronte delle quali l’Amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni, purchè munite dei requisiti di cui al’art.2729 c.c., l’inesattezza od incompletezza di una o più poste emergenti dalle scritture medesime, dalle ipotesi di maggiore gravità, previste dal 2^ C. della medesima norma, che evidenziano un’inattendibilità globale delle scritture ed autorizzano a prescindere da esse ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva.
In ogni modo non può essere impedito al contribuente di fornire la prova della conformità delle scritturazioni alla realtà delle poste ivi annotate in termini di certezza ed inerenza e quindi anche per i costi ritenuti indeducibili dall’ufficio il dibattito processuale doveva incentrarsi sulla documentazione acquisita e sulla sua rilevanza ai fini di valutare la fondatezza o meno della deducibilità sostenuta dal contribuente a prescindere dalle modalità di annotazione.
Per questi motivi la Suprema Corte accoglie il ricorso del contribuente.
7) Costi indeducibili annotati irregolarmente sul registro beni ammortizzabili. Prova del contribuente di annotazione su altri libri
– Cass. Sez. Trib., N.1964 DEL 14-5-2007 –
L’Ufficio ricorrente ha eccepito la violazione e falsa applicazione dell’art.11 Preleggi, del dpr 917/86, art.75, comma 6, del dpr 695/1996, art.5 in relazione al d.lgs. 546/92, art.62, ed all’art.360 c.p.c., n.3, deducendo che erroneamente i giudici regionali avevano ritenuto che fosse applicabile lo ius superveniens, introdotto dal dpr 695/96 art.5 abrogativo del dpr 917/86 art.75 ed evidenziando che nessun rilievo pratico poteva attribuirsi alle annotazioni delle quote di ammortamento nel giornalemastro di contabilità e nel libro degli inventar, non essendo queste le “apposite scritture contabili” previste dal citato articolo 75.
La Cassazione ha affermato che il ricorso dell’Ufficio è destituito di giuridico fondamento.
Deve premettersi che il dpr 917/86 art.75, comma 6, prevedeva che:
“Le spese e gli altri componenti negativi, di cui è prescritta la registrazione in apposite scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione se la registrazione è stata omessa o è stata eseguita irregolarmente, salvo che si tratti di irregolarità meramente formali”.
Questo comma è stato abrogato, con efficacia retroattiva, dal dpr 695/96, art.5. In ordine a questo punto decisivo, con recente sentenza di questa Corte è stato affermato che la sanzione dell’indeducibilità dei costi irregolarmente registrati era sancita dal richiamato art.75, poi, retroattivamente, abrogato dal citato art.5, precisandosi però che tale abrogazione non ha comportato l’automatica deducibilità dei costi registrati in violazione del combinato disposto del dpr 600/73 art.22 e art.2215 c.c., in quanto non incidendo sull’ordinario criterio di ripartizione dell’onere della prova, ha comportato l’effetto più limitato di ammettere il contribuente alla prova – in precedenza radicalmente preclusa – di detti costi, anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, purchè costituenti elementi certi e precisi
Orbene, nel caso che ci occupa, deve ritenersi adempiuto l’onere della prova da parte da parte del contribuente, in quanto – come specificamente motivato della gravata sentenza – i giudici regionali rilevavano che le quote di ammortamento erano state annotate su altri libri contabili, come il giornalemastro ed il libro degli inventari, come previsto dal dpr 600/73 art.16 anche se in modo incompleto.
Pertanto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria deve essere disatteso.
8) Nel caso di registrazioni a matita il contribuente può fornire la prova della realtà delle annotazioni
– Cassazione – sent. n. 12279 del 25/05/07 –
Secondo la Cassazione
la presenza nelle scritture contabili di annotazioni fatte a matita giustifica l’utilizzo del metodo di accertamento induttivo ma non comporta per il contribuente alcuna limitazione in sede giudiziale, ovvero extragiudiziale, di provare l’effettiva aderenza della contabilità rispetto a quanto dichiarato.
La Cassazione, pur ammettendo la irregolarità delle scritture contabili tenute a matita (per le ovvie ragioni di assoluta incertezza circa la immodificabilità delle registrazioni), pur riconoscendo la legittimità dell’applicazione da parte dell’amministrazione accertatrice del metodo di accertamento induttivo, di cui all’art.39, 2^ c., lett. d), dpr 600/73, ha tuttavia evidenziato il fatto che tutto ciò non potesse compromettere o limitare la possibilità del contribuente di opporsi alle pretese erariali, mediante prove in grado di dimostrare l’allineamento del dichiarato rispetto alla contabilità, per quanto scritturata a matita.
Secondo la Corte, infatti, occorre certamente sempre tenere presente la distinzione tra le irregolarità contabili meno gravi, previste dal comma 1 della summenzionata norma, rispetto a quelle più gravi, previste appunto nel comma 2 della disposizione stessa. Senza che ciò impedisca al contribuente di poter provare l’aderenza delle scritturazioni (a matita) rispetto alla realtà fattuale.
Da questa sentenza della Cassazione si ricava il generale principio che le irregolarità contabili, anche gravi, non inficiano la eventuale capacità probante del contribuente.
Secondo la Cassazione
il contribuente, nonostante l’irregolarità della tenuta a matita della contabilità, può provare i costi da dedurre con altri documenti, fornendo così prova di conformità delle scritturazioni alla realtà delle poste, senza che il fisco, dal suo canto, possa procedere a un accertamento induttivo ritenendo le scritture assolutamente inattendibili.
Nel caso di specie, la fattura in possesso, i cui dati coincidono con quelli sia pur a matita registrati, non potrà, proprio alla luce della sentenza riportata, far sì che un eventuale recupero da parte dei verificatori della relativa imposta portata in detrazione sia destinato a cadere (in via di autotutela da parte dell’ufficio d’appartenenza dei verbalizzanti o in sede contenziosa.
Per quanto riguarda il registro beni ammortizzabili si evidenzia che esso non è obbligatorio ai fini della deducibilità delle quote di ammortamento dei beni ammortizzabili, a condizione che le annotazioni da effettuare nel registro dei beni ammortizzabili, di cui all’art.16 dpr 600/73, siano eseguite:
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nel libro degli inventari di cui all’art.2217 c.c. per le imprese in contabilità ordinaria;
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nel registro degli acquisti tenuto ai fini Iva, per le imprese in contabilità semplificata.
In pratica quindi la tenuta del registro beni ammortizzabili può essere omessa e sostituita con la registrazione dei dati relativi nel libro inventari o sul registro Iva acquisti.
Nel caso di omessa compilazione del registro beni ammortizzabili la sanzione dell’indeducibilità dei costi irregolarmente registrati era sancita dall’art.75 dpr 917/86 poi, retroattivamente, abrogato dall’art.5, dpr 695/1996, precisandosi però che tale abrogazione non ha comportato l’automatica deducibilità dei costi registrati in violazione del combinato disposto di cui all’art.22, dpr 600/73 e all’art.2215c.c., in quanto non incidendo sull’ordinario criterio di ripartizione dell’onere della prova, ha comportato l’effetto più limitato di ammettere il contribuente alla prova – in precedenza radicalmente preclusa – di detti costi, anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, purchè costituenti elementi certi e precisi (Cass. Sez. Trib., n.10964 del 14.05.2007).
Si può affermare che l’onere della prova è adempiuto da parte da parte del contribuente, se le quote di ammortamento sono state annotate su altri libri contabili rispetto al libro cespiti come il giornale mastro ed il libro degli inventari, come previsto dall’art.16, dpr 600/73, anche se in modo incompleto (Cass. Sent. N.6572 del 12.03.2008).
Le annotazioni a matita sul libro beni ammortizzabili se poi si trasfondono nella contabilità con registrazioni immodificabili non sono tali a rendere omessa la compilazione del libro cespiti e quindi da disconoscere la deducibilità delle quote ammortamento.
Sulla base della considerazione per cui i relativi costi risultavano regolarmente registrati, annualmente, nella contabilità ordinaria della società, imputati al conto economico del Bilancio, regolarmente depositato, e quindi tali da non poter consentire annotazioni sul libro cespiti ammortizzabili difformi da quelle contabilizzate, e se era vero che l’art.75, 6^ c., TUIR (peraltro abrogato) disponeva la non ammissibilità in detrazione di componenti negativi qualora sia stata omessa la registrazione in apposite scritture contabili, esso faceva salve le ipotesi nelle quali venissero in gioco irregolarità meramente formali, e, nel caso in specie, il fatto per cui la registrazione a matita, che non avrebbe potuto comunque ed in qualunque momento essere sostituita da un’altra difforme da quella regolarmente e tempestivamente annotata nella contabilità ordinaria, faceva assumere, alla irregolarità, non un carattere di sostanzialità ma di formalità (Cass. Sent. 2535 del 05.12.2007).
Sanzioni in caso di registrazione a matita
La registrazione a matita costituisce:
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Violazione degli obblighi relativi alla registrazione di operazioni imponibili o non imponibili o esenti;
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e Violazione di irregolare tenuta dei libri e registri o Violazione degli obblighi relativi alla contabilità – Violazioni comuni alle imposte dirette e all’Iva –:
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norme violate:
- art. 23 o 24 dpr 633/72;
- art.39, dpr 633/72;
- art.22, 1^ c., dpr 600/73;
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norme sanzionatorie:
Norme di riferimento
ART.14, dpr 600/73
(Scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati)
1^ c. Le società, gli enti e gli imprenditori commerciali di cui al primo comma dell’art. 13 devono in ogni caso tenere:
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il libro giornale e il libro degli inventari;
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i registri prescritti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
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scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
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scritture ausiliarie di magazzino, …..
2^ c. I soggetti stessi devono inoltre tenere, in quanto ne ricorrano i presupposti, il registro dei beni ammortizzabili e il registro riepilogativo di magazzino di cui ai successivi articoli 16 e 17 e i libri sociali obbligatori di cui ai numeri 1 e seguenti dell’art.2421 del codice civile”.
ART.22, 1^ c., dpr 600/73
(Tenuta e conservazione delle scritture contabili)
“Fermo restando quanto stabilito dal codice civile per il libro giornale e per il libro degli inventari e dalle leggi speciali per i libri e registri da esse prescritti, le scritture contabili di cui ai precedenti articoli, ad eccezione delle scritture ausiliarie di cui alla lettera c) e alla lettera d) del primo comma dell’articolo 14, devono essere tenute a norma dell’articolo 2219 del codice stesso….”.
ART.39, 1^ c., dpr 633/72
(Tenuta e conservazione dei registri e dei documenti)
“I registri previsti dal presente decreto, compresi i bollettari di cui all’articolo 32, devono essere tenuti a norma dell’articolo 2219 del codice civile…..”.
ART.2219 c.c.
(Tenuta della contabilità)
“Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili”.
ART.6, D.LGS. 471/97
(Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto)
1^ C. Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ovvero all’individuazione di prodotti determinati è punito con sanzione amministrativa compresa tra il cento e il duecento per cento dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta.
2^ C. Chi viola obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni non imponibili o esenti è punito con sanzione amministrativa compresa tra il cinque ed il dieci per cento dei corrispettivi non documentati o non registrati. Tuttavia, quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito si applica la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.
4^ C. Nei casi previsti dai commi 1, 2, 3, primo e secondo periodo, e 3-bis la sanzione non può essere inferiore a lire un milione.
5^ C. Nel caso di violazione di più obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di una medesima operazione, la sanzione è applicata una sola volta.
6^ C. Chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa uguale all’ammontare della detrazione compiuta.
ART. 9, d.lgs. 471/97
(Violazioni degli obblighi relativi alla contabilità)
1^ c. Chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire quindici milioni. ………
3^ c.La sanzione può essere ridotta fino alla metà del minimo qualora le irregolarità rilevate nei libri e nei registri o i documenti mancanti siano di scarsa rilevanza, semprechè non ne sia derivato ostacolo all’accertamento delle imposte dovute. Essa è irrogata in misura doppia se vengono accertate evasioni dei tributi diretti e dell’imposta sul valore aggiunto complessivamente superiori, nell’esercizio, a lire cento milioni.
ART.39, 2^ c., lett.d), dpr 600/73
(Redditi determinati in base alle scritture contabili)
“In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma: …. d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica (Accertamento induttivo).
Art. 1, u.c., D.L. 429/1982
(Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria. Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 07 agosto 1982, n. 516)
“ultimo comma: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l’arresto fino a due anni o con l’ammenda fino a lire quattro milioni chi non tiene o non conserva, in conformità all’articolo 22 del dpr 600/73, taluna delle scritture contabili obbligatorie indicate ai punti a) e b) dell’articolo 14 del medesimo decreto”.
28 gennaio 2013
Antonino Pernice